«Si è assunto le sue responsabilità, ma è prematuro definirlo la mente»

Prosegue a ritmo serrato una delle più grosse inchieste in Ticino condotta dalla Magistratura dei minorenni. Parliamo, lo avrete intuito, di quella che vede indagati diciannove ragazzi, diciotto dei quali minorenni (tra i 14 e i 17 anni) per le spedizioni punitive a danno di presunti pedofili. Vista la giovane età delle persone coinvolte, gli accertamenti coordinati dalla magistrata dei minorenni Fabiola Gnesa dovranno far luce anche sulle motivazioni e sul vissuto personale che hanno spinto il gruppo di giovanissimi a farsi giustizia da soli. Senza entrare nel merito di questioni coperte da segreto istruttorio, su questo punto - dice Gnesa - è presto per dare una risposta: «Siamo davvero ancora alle battute iniziali dell’inchiesta e dovremo capire se ci sia solo quel fattore, oppure se vi è anche dell’altro. Il diritto penale minorile non guarda solo i reati in sé ma tutta la situazione dei minori coinvolti. In generale operiamo secondo il principio della celerità, ma occorre anche fare un lavoro per capire che tipo di sanzione o di pena comminare ai giovani». È difficile, quindi, indicare una tempistica. «Occorrerà valutare la situazione di ciascuno dei ragazzi coinvolti in questa vicenda». Intanto, sono emersi alcuni nuovi dettagli. Tra i principali indagati c’è un ragazzino – 13.enne all’epoca dei fatti – il quale, secondo quanto riferito lunedì dalla RSI, sarebbe sospettato di essere la “mente” degli agguati. Un ruolo che il diretto interessato respinge. «L’inchiesta è alle battute iniziali ed è prematuro definire il mio assistito la mente di tutto», afferma al CdT il suo legale, l’avvocato Yasar Ravi. Il giovane «si è assunto le sue responsabilità e ha ammesso di aver tenuto i contatti via social con i presunti pedofili». Sotto la lente degli inquirenti c’è anche la posizione degli adulti coinvolti, quelli cioè che avrebbero voluto incontrare un minorenne. Si tratterebbe, stando a nostre informazioni, di cittadini italiani (per la maggior parte) e svizzeri. Tornando agli accertamenti di competenza della Magistratura dei minorenni, ad oggi risulta che tutti i giovanissimi coinvolti sono stati interrogati tra martedì e venerdì scorso. Alcuni di loro sono stati fermati e hanno trascorso almeno una notte alla Farera prima di essere rilasciati. A differenza degli indagati adulti, infatti, la Magistratura dei minorenni può tenere un giovane in carcerazione per un massimo di sette giorni prima di dover fare istanza al giudice dei provvedimenti coercitivi.
Sempre più giovani
Il caso ha comunque riacceso i riflettori sui reati minorili. Il cui numero, negli ultimi due anni, è molto aumentato, come conferma la magistrata Gnesa. «Rispetto allo stesso periodo del 2023, notiamo quest’anno una certa stabilità, ma negli ultimi due anni c’è stato un deciso aumento dei procedimenti penali». Se dal 1. gennaio all’8 ottobre del 2023 erano stati aperti 1.109 incarti, quest’anno ne contiamo 1.106. «Ma nel 2022 erano stati 970 e nel 2021 801». E ad aumentare sono anche i casi di una certa gravità o complessità. «Accanto a problematiche minori come possono essere i ragazzi che non pagano i biglietti dell’autobus, nell’ultimo anno abbiamo avuto anche diversi episodi gravi. Per esempio, il gruppo di ragazze che si picchiavano, ma anche il caso della Commercio di Bellinzona e la ragazza abusata sul treno. Anche i casi che all’apparenza sembrano meno gravi a volte fanno emergere un mondo di giovani che stanno male, che sono fragili. E di genitori che non sanno bene come intervenire, cosa fare». In generale, osserva la magistrata, si assiste a una maggiore fragilità dei più giovani. «Non sono una sociologa», premette Gnesa. «Eppure dalla mia esperienza posso dire che abbiamo visto una progressiva accelerazione della società. È tutto più veloce: quello che prima si sperimentava a 18 anni, oggi i giovani lo vivono molto prima. I ragazzi hanno la possibilità di avere tutto e subito, e questo non sempre li aiuta, né favorisce una crescita adeguata». Insomma, aggiunge, «va tutto talmente veloce che né i ragazzi, né i genitori riescono ad avere un quadro nella crescita. Ecco, a questi ragazzi manca proprio la cornice». Un ruolo centrale, spesso, lo rivestono i social media. Non a caso, sembrerebbe che i minorenni fermati per le spedizioni punitive avessero l’abitudine di riprendere con il cellulare il momento del pestaggio. «In generale - osserva Gnesa - i social spingono all’emulazione. Se anni fa, semmai, si imitava il vicino di casa che andava in motorino senza casco, oggi la rete rende tutto più vicino e più veloce, anche più estremo».
Pene e misure, come funziona?
Una parte dei ragazzi minorenni fermati, come detto, ha trascorso almeno una notte alla Farera. «L’incarcerazione rimane comunque l’estrema ratio», dice Gnesa, che spiega anche come funziona per i casi che vedono coinvolti i minorenni. «Per disporre la carcerazione preventiva valgono i medesimi presupposti che per gli adulti, e quindi: gravi indizi di reato, pericolo di fuga, inquinamento delle prove e rischio di recidiva». La Magistratura dei minorenni può confermare l’arresto fino a 7 giorni. Se si vuole prorogare la misura, a esprimersi deve essere il giudice dei provvedimenti coercitivi e il limite massimo è di un mese. E per quanto riguarda le pene? «Ci sono le misure protettive da un lato e le pene dall’altro», spiega Gnesa. «Del primo ambito fanno parte misure di tipo ambulatoriale, eseguite dai nostri educatori. Ciò significa, ad esempio, che i ragazzi stanno a casa e vengono seguiti dagli educatori. Oppure, il giovane viene collocato in una struttura, aperta o chiusa. In Ticino esistono solamente strutture aperte, mentre il centro chiuso di riferimento per i ragazzi si trova a Sion, per le ragazze a Friburgo». Per quanto riguarda le pene, invece, si va dall’ammonizione, alla multa. Fino all’obbligo di seguire corsi specifici o di lavorare nei Comuni o case anziani. «Nel caso in cui la condanna preveda la prigione, il giovane non sconta la pena alla Stampa, ma in un centro a Palézieux nel canton Vaud».