Sì, viaggiare (di nuovo) dopo la pandemia
Torna la bella stagione e questa volta con un gusto diverso. Tutte le restrizioni che hanno accompagnato le ultime due estati delle nostre vite sembrano ormai gradualmente destinate a cadere. La voglia di viaggiare nuovamente e di godersi la ritrovata libertà è tanta. Ma come conciliare il ritorno di massa al turismo, anche verso mete lontane, con la sostenibilità?
È la domanda al centro della conferenza Travel, Sustainability and Technology, presentata insieme alla Cattedra UNESCO dell’USI al Lifestyle Tech Competence Center (LTCC) di Manno.
In occasione di questo evento si sono riuniti diversi rappresentanti del settore del turismo, viaggi e tecnologie. Tra i partecipanti intervenuti all’incontro, presentato da Carlo Terreni presidente dell’associazione LTCC, ci sono il professor Lorenzo Cantoni Prorettore vicario dell’USI e responsabile della USI UNESCO Chair, Angelo Trotta direttore di Ticino Turismo, Lea Hasenzahl e Elide Garbani-Nerini (USI UNESCO Chair), Elena Marchiori (Lugano Living Lab), e Jelena Tasic Pizzolato (LTCC).
Partiamo dall’inizio. Come è cambiato il modo di vedere i viaggi durante la pandemia? Cantoni risponde a questo interrogativo spiegando il concetto dell’undertourism: l’impossibilità di poter vivere fisicamente il turismo. L’esatto contrario dell’overtourism, fenomeno illustrato da Wolfgang Strasdas, professore alla Hochschule für nachhaltige Entwicklung Eberswalde, intervenuto da Berlino. L’overtourism indica la forte concentrazione di visitatori in una località molto attrattiva, solitamente iconica, come ad esempio Parigi o Barcellona. Con tutti i disagi che ne derivano: code e attese estenuanti per accedere a qualsiasi luogo, spiagge o lidi sovraffollati, inquinamento e danneggiamento dell’ecosistema. Fattori che, oltretutto, rovinano la vacanza ai turisti stessi.

I sogni al tempo della pandemia
L’undertourism, dicevamo, è il fenomeno opposto. E recente. Nato proprio dalla condizione di «zero-turismo» dovuto allo scoppio della pandemia. «Siamo stati completamente bloccati negli spostamenti a causa del coronavirus e del lockdown. Un disastro dal punto di vista del turismo», spiega Cantoni. E non si poteva nemmeno pianificare una futura vacanza – prosegue –, perché non sapevamo per quanto tempo saremmo stati confinati: «Non sapevamo neanche in che fase della pandemia ci trovavamo. Non si poteva ancora prevedere niente».
Le compagnie dicevano: «Dream now, but travel later» (sogna adesso, ma viaggia dopo), della serie: se non ci posso andare, lo posso almeno sognare. E qui è scesa in campo la tecnologia, fedele compagna dei nostri lockdown. Utilizzata per lavorare, fare la spesa e per tenersi in contatto, certo. Ma anche per «viaggiare» spiega Cantoni. «Gli esseri umani non potevano più muoversi, ma internet sì».


Come vivere in anticipo un viaggio
Ma che cosa significa aspettare per tanto tempo di visitare un posto? Si può anticipare la sensazione di fuga verso una meta? «Di base, quando viaggiamo vogliamo vivere l’esperienza a fondo, vogliamo sentirci come chi abita in quel posto – risponde il Prorettore dell’USI – e quindi la gente ha cercato queste sensazioni guardando molti film ambientati nelle località desiderate». Un fenomeno particolare e una prima, se si pensa al connubio tra impossibilità di viaggiare e possibilità tecnologiche.
Un percorso fatto anche attraverso la cucina: «Le persone stavano a casa e avevano tempo di riprodurre piatti di una specifica zona, guardando i video tutorial e ordinando gli ingredienti appositi». Gusto, ma anche olfatto, come spiega Cantoni: attraverso le fragranze che ci ricordano una vacanza, un luogo specifico, il mare, dei fiori particolari: «Le vendite dei profumi sono aumentate durante il lockdown, c’è stato un balzo notevole». E il fenomeno, prosegue, si è esteso anche al senso del tatto: le persone volevano «toccare» la sensazione di vacanza. Quindi acquistavano abiti che la rievocavano. «Anche perché molto spesso i souvenirs di un viaggio sono accessori e capi di vestiario che si possono infilare facilmente in valigia senza danneggiarli».
Questo è tuttora un modo per anticipare la vacanza, perché non c’è sempre la certezza di come e quando si potrà partire: «Se si sogna qualcosa che non si sa quando sarà effettivamente realizzabile, si vuole poterne anticipare l’esperienza» conclude Cantoni.
Turismo sostenibile: le strategie in Ticino
Il nostro cantone attira molti viaggiatori ed è importante lavorare costantemente per fornire loro la migliore esperienza possibile, nel rispetto della sostenibilità. Angelo Trotta, direttore di Ticino Turismo, ha spiegato quali sono le strategie e i progetti futuri per la gestione green del turismo sul nostro territorio. Oltre alla creazione di un label specifico – il Swisstainable – che promuove la sostenibilità, l’approccio di Ticino Turismo si basa su quattro obiettivi, come illustra Trotta.
Il primo è quello dei flussi di turisti, «bisogna capire da dove vengono, è importante perché l’impatto ambientale non è lo stesso. C’è molta differenza, in tal senso, tra un turista che viene dalla Francia e uno che viene dall’Australia». Il secondo punto riguarda la durata del soggiorno: «Più tempo le persone restano in un posto e minore sarà il loro impatto sulle emissioni di CO2». In seguito ci si concentra sulla stagionalità della vacanza, ovvero sui periodi che esercitano una maggiore attrazione turistica. «Un grosso problema per la Svizzera – spiega Trotta – è che in alcune zone abbiamo un enorme numero di turisti concentrati in estate e nessuno che venga in inverno. Questo non è positivo per la sostenibilità. Se il turista viene a trovarci in diversi periodi dell’anno, l’impatto sull’ambiente sarà notevolmente minore». Infine, il quarto obiettivo si basa sul fatto che sempre più enti e strutture ottengano il label Swisstainable.
Sostenibilità e "green washing"
A proposito di ambiente, spiega Trotta, la sostenibilità è un termine ormai diffusissimo, che si trova sulla bocca tutti. È importante parlarne, aggiunge il direttore di Ticino Turismo, anche se l’argomento è molto complesso e non sempre viene affrontato nel modo migliore. «Di sostenibilità parlano tutti, ma c’è anche molto marketing sulla questione e c'è anche il rischio di cadere nel "green washing"». Un termine che indica generalmente un "ecologismo di facciata", una strategia di comunicazione o marketing che mira a presentare come ecosostenibili delle attività che non lo sono, nascondendone il reale impatto negativo.
Trotta cita anche il caso del cosiddetto flight shaming, ovvero il fatto di guardare storto e colpevolizzare chi intende prendere l’aereo – mezzo notoriamente inquinante – per viaggiare. «Ultimamente succede spesso. Si spinge affinché la gente scelga un vettore alternativo all’aereo». Di più: «Tante compagnie arrivano anche a offrire ai loro clienti delle offerte environment friendly, dei pacchetti di viaggio ecologici. Capita infatti che le linee aeree, consapevoli di produrre parecchio inquinamento, si sentano spinte a fare queste proposte per "compensare" le loro azioni». Anche se a volte è praticamente inevitabile scegliere di volare per raggiungere determinate destinazioni. È un argomento complesso che pone di fronte a diverse problematiche, precisa il direttore di Ticino Turismo.


Legati a doppio filo
Il turismo è legato a doppio filo al rispetto dell’ambiente – spiega ancora Trotta –, in una doppia relazione: «Da un lato per il viaggiatore è essenziale per arrivare in un posto nel quale l’ecosistema è rispettato: parliamo di offrire paesaggi incontaminati. Il turismo ha un forte interesse a fornire questo servizio: più green è la destinazione, più le persone saranno soddisfatte. Dall’altro lato, tuttavia, sappiamo che il turismo è una fonte di inquinamento». E anche di discreta entità: «Le statistiche ci dicono che il totale del settore turistico produce il 10% di tutto l’inquinamento a livello mondiale». Esiste quindi una doppia correlazione tra i due mondi, positiva e negativa, chiosa.
Ma c’è un dato, relativo alla pandemia, che Trotta mette in evidenza: «Nel periodo del 2020, durante il quale non ci si spostava praticamente più, ci si aspettava una notevole riduzione dei gas a effetto serra, del 20-30%. Mentre invece si è registrato un calo del 7% nell’inquinamento globale da CO2 nell’arco di tutto l’anno».


Post-COVID: località incontaminate e ricordi permanenti
«Dopo la pandemia la gente vuole viaggiare in modo differente» precisa ancora Trotta, «si prediligono ora destinazioni poco visitate, con meno persone intorno, c’è il desiderio di scoprire qualcosa di nuovo: si cercano i viaggi a stretto contatto con la natura, le destinazioni incontaminate prevalgono sulle mete affollate e più popolari». Anche le attività outdoor sono le preferite dai turisti post-COVID. In diversi riferiscono anche di cercare dei mezzi meno inquinanti per gli spostamenti. C’è la voglia di fare esperienze sempre più autentiche. Un ritorno allo slow-tourism. O anche al Resonanz-Tourismus, termine che indica un modo di viaggiare tale da produrre nelle persone dei ricordi positivi permanenti dell’esperienza. «C’è in generale un modo di viaggiare più personale, fatto anche di piccoli gruppi. la gente predilige visitare la propria nazione e scoprirne le bellezze» prosegue il direttore di Ticino Turismo. Si fanno anche sempre di più viaggi brevi e «spontanei», ovvero non pianificati con largo anticipo: un chiaro derivato dei tempi pandemici, quando – come dicevamo – non vi era nessuna certezza sugli spostamenti nei mesi futuri e si doveva aspettare l’ultimo minuto. Con il rischio di scoprirsi positivi al virus con le valigie già fatte. Queste tendenze, secondo Trotta, sono destinate a rimanere anche nel futuro: «Penso che tutto questo continuerà almeno per i prossimi dieci anni».
