Siamo andati ad assaggiare i formaggi «mondiali» del Ticino

Bruno Schiavuzzi, responsabile delle pubbliche relazioni di Cetra Alimentari, apre lentamente il gigantesco forziere della cella frigorifera nella sede di Mezzovico. Oltre alla bassa temperatura, nell'aria si sente anche l'umidità. Questa è la cantina di affinamento dove sono stagionati i preziosi formaggi degli alpi ticinesi. Le forme sono allineate come lingotti d'oro, saranno migliaia. «Circa tremila, provenienti da una ventina di alpeggi ticinesi che fanno parte dei 36 DOP», precisa il 53.enne, che per la ditta segue anche progetti speciali come questo, legato al mondo caseario locale. Gli scaffali sono altissimi, vari metri, e spiccano una serie di cartelli come Cristallina, Sorescia, Carì e tanti altri. Un vero e proprio tesoro, anche se il nostro interlocutore non vuole sbilanciarsi. A spanne, però, si potrebbe stimare un valore minimo di un milione di franchi, tenendo conto del prezzo di mercato. Tanto più che ci sono anche dei formaggi «mondiali».
L'esperto passa in rassegna con lo sguardo il «bottino», quasi a valutare colore, consistenza e aromi a distanza. E ha tutte le ragioni per rimirare queste vere e proprie opere d'arte, frutto di tante fatiche e duro lavoro in tutta la filiera. Dai boggesi ai pastori, dai casari fino, appunto, alla struttura dove avviene la stagionatura. Ma anche perché all'ultimo Concorso mondiale del formaggio (che si è svolto a Trondheim, Norvegia, a fine ottobre) il Ticino ha fatto incetta di medaglie. Per esempio con un oro all'Alpe Stabiello e un argento all'Alpe di Prato-Ambrì.
Insieme a Schiavuzzi ci sono il giovane Sem Lucchini, 23 anni dell'omonima azienda di Giornico del quale è contitolare insieme al padre, e Guerino Celio, 68.enne presidente dei boggesi di Prato oltre che titolare della sua azienda agricola. Entrambi sono gli autori delle due creazioni distintesi all'ultimo campionato mondiale. Sorridente e soddisfatto anche Valerio Faretti, presidente da ormai 12 anni della Società ticinese di economia alpestre, la quale si batte sin dalla sua fondazione (1946) a sostegno di tutte quelle realtà che operano, verrebbe da dire, «ad alta quota». Il 72.enne ricorda bene i primi passi compiuti all'epoca dal docente della Scuola agraria di Mezzana, Celso Pedretti: «È grazie a lui se avevamo, già all'epoca, visto un netto miglioramento della qualità del formaggio». Una qualità che, evidentemente, oggi ha raggiunto livelli eccelsi.


Qualità sensazionale
Intanto, Elena Sabini – supporto capovendita e comunicazione in Cetra – ci fa strada verso la zona uffici, dove un dipinto murale con un paesaggio alpino caratterizza la zona aperta dell'area delle scrivanie. Tutta l'azienda è decorata con statue, campanacci, oggetti provenienti dal mondo agricolo-caesario e tante, tante raffigurazioni di San Lucio, il protettore dei casari che si festeggia il 12 luglio. La 56.enne spiega qualche dettaglio sul concorso mondiale: «È da 35 anni che si tiene questa competizione e ogni anno in un Paese differente. Questa edizione, tra l'altro, ha visto il primato di partecipazioni. Ci sono stati, infatti, oltre 4.500 formaggi da tutto il mondo. I 260 giudici hanno dovuto poi scegliere tra tutti questi candidati chi fossero i migliori».
Ed ecco così che l'Alpe Stabiello e l'Alpe di Prato-Ambrì si sono aggiudicati, rispettivamente, una medaglia d'oro e una d'argento. Il fatto che poi ci siano stati migliaia di concorrenti, beh, «rende questi riconoscimenti ancora più importanti». Un bell'obiettivo, insomma, anche per Cetra, dove si sono svolte le stagionature. «Nel 2016 avevamo festeggiato il giubileo dei quarant'anni, e sempre a partire da quell'anno abbiamo iniziato a seguire la stagionatura dei formaggi d'alpe ticinesi DOP».
A questo punto è spontaneo chiedere che cosa ci sia di speciale, davvero, in questi due formaggi che si possono definire a pieno titolo «dal valore mondiale». A pronunciarsi è Valerio Faretti: «Sono formaggi che si trovano normalmente un po' su tutti gli alpeggi ticinesi. Ovviamente, noi scegliamo qui in Cetra quello che riteniamo per il momento il migliore. Però possiamo dire che la gran parte dei formaggi in Ticino, al giorno d'oggi, ha queste caratteristiche. Tutti, dunque, potrebbero ricevere questo genere di riconoscimenti».


«No, non ce l'aspettavamo»
Nel frattempo si aggiunge Sem Lucchini, reggendo una mezza forma del suo Stabiello della valle Bedretto e mostrandone le caratteristiche. «Carichiamo l'alpe con 65 mucche: siamo in tutto quattro boggesi, tre di Cavagnago, il cui patriziato è anche proprietario, e il sottoscritto, di Giornico. Il formaggio ha una crosta naturale, la pasta semi dura che dopo un anno di stagionatura diventa pasta dura. È speciale perché sull'alpeggio si trovano varie erbe aromatiche che fanno sì che il formaggio, poi, abbia il suo gusto caratteristico». Una formula segreta e messa a punto dalla natura che cambia di alpeggio in alpeggio.
«È un onore sapere che il nostro formaggio ha vinto una medaglia d'oro ai campionati mondiali», aggiunge il giovane. «I complimenti vanno al casaro, ma soprattutto ai due pastori. È come una catena. Se i pastori lavorano bene, anche il casaro può lavorare bene e il risultato è ottimo».
Dello stesso avviso anche Guerino Celio, che non nasconde come la medaglia d'argento sia stata proprio una bella sorpresa: «No, non ce l'aspettavamo», esclama. «Noi carichiamo 70-75 mucche e 60-70 capre. Il nostro formaggio, infatti, è misto e ha una percentuale di latte di capra di circa l'otto, il dieci per cento. Questo riconoscimento è una grande soddisfazione e motivo d'orgoglio anche per la corporazione dei boggesi di Prato. È un premio che ti dà la voglia di continuare a lottare».


E poi c'è anche l'UNESCO
Bruno Schiavuzzi, poi, riprende il discorso del progetto dietro la cantina di affinamento. «Che non deve essere visto come un modo per fare concorrenza ai produttori. Perché loro continuano a stagionare le loro forme e a venderle direttamente sul posto. No, noi intendiamo sostenerli». L'azienda acquista un'ottantina di forme tra le migliaia prodotte in ogni alpeggio, allo scopo di valorizzare il prodotto nell'ambito del progetto di eccellenza alpestre. «Questo progetto nasce dalla volontà di promuovere il formaggio ticinese oltre San Gottardo e soprattutto per sostenere gli artigiani nel mantenere un prezzo del formaggio adeguato affinché i loro costi di produzione siano coperti e retribuiti».
Ed è proprio il costo uno dei capitoli più sensibili. «Gli alpi nelle valli ticinesi sono difficili da raggiungere e questo fa sì che il costo del formaggio sia importante». L'esperto sottolinea come anche il peso della materia prima diminuisca del 15% durante i mesi di stagionatura, rendendo ancora più complessa la sfida della valorizzazione.
«Ma per noi il formaggio d'alpe ticinese DOP è l'ambasciatore dei percorsi didattici che portano negli alpeggi, un ambasciatore della qualità, un ambasciatore dell'importante lavoro di una filiera che oggi è molto più fragile rispetto a cent'anni fa. Vogliamo proprio essere un sostegno all'artigianato».
Non è tutto: all'orizzonte, infatti, c'è anche un progetto dell'UNESCO. «C'è stato un incentivo e c'è stata una promozione da parte dell'Ufficio federale della cultura» conclude Schiavuzzi. «Infine, c'è un progetto depositato a Parigi che in questi giorni è al vaglio della Commissione, affinché la stagione d'alpeggio diventi un bene immateriale dell'umanità, per cui siamo tutti in fermento ad aspettare la notizia».