Statalisti, statisti e sogni che pagano

Dal doppio sì popolare ai due «super cerotti» per attenuare l’impatto del premio della Cassa malati è trascorso un mese. Un lasso di tempo che pare breve se rapportato alla biblica cadenza delle «soluzioni» politiche. Eppure, sembra già «tempo perso».
Da una parte perché, con l’aria che tirava sulla proposta del 10% socialista e su quella della deduzione fiscale leghista, era da ingenui professionisti non avere nel cassetto degli scenari per mostrare subito un’idea, una prospettiva. Non è semplice? Nessuno lo mette in dubbio. Ma questo non può essere un alibi.
All’indomani del 28 settembre sembrava dovessero iniziare ampie consultazioni con il mondo politico, economico e sindacale. Invece è stato un «pronti, via, stop». Anche se domenica, sul Mattino, il presidente del Governo Norman Gobbi con un testo «spontaneo» (c’è chi lo chiamerebbe velina da giornale mainstream) ha rassicurato tutti sul fatto che una road map per dare attuazione alle iniziative, il Governo l’ha in testa. Insomma, tüt a post.
Intanto va ricordato che a quel tavolo sono stati chiamati gli iniziativisti, mentre gli altri partiti (in primis PLR e Centro), come pure le corporazioni, vanno citati alla voce «non convocati». Per ora a dire forte e chiara la propria opinione è stata la Camera di commercio che ha presentato un decalogo per uno Stato «diverso», mentre l’assemblea plenaria di OCST, VPOD e SIT, ha lanciato il guanto di sfida per dare battaglia al Preventivo 2026, con manifestazioni e forse sciopero, contro il cosiddetto «smantellamento del servizio pubblico».
Quel preventivo che qualche credulone immaginava di archiviare senza neppure aprire il dibattito, promette di fare scintille anche in vista del disavanzo monstre da 700 milioni che ci attende nei prossimi anni. Si potrà anche diffidare di un «presunto catastrofismo», ma minimizzare e scherzare con il fuoco è più grave che prevedere magari un quadro di poco peggiore di quanto forse realmente sarà. Inoltre, oggi non c’è alcun scenario, né cantonale, né nazionale, men che meno geopolitico, in grado di indurci ad essere ottimisti.
Mentre incombe il sì dei ticinesi che va affrontato di petto, perché le iniziative, che dovranno entrare in vigore parallelamente, non potranno vedere la luce oltre gennaio 2027, una scadenza che è dietro l’angolo.
Negli scorsi giorni sulle colonne del Corriere del Ticino vi abbiamo presentato il tetto del 10% con il modello applicato nel Canton Vaud dal 2019. Molte sono le differenze tra loro e noi, ma altrettanti gli spunti. E c’è una triste coincidenza: il dissesto finanziario.
Non sarà solo per il 10%, ma questa variabile ha contribuito facendone uno dei paradisi per gli assicurati LAMal e oggi i vodesi vedono profondo rosso. Vaud è il terzo cantone più grande della Svizzera (850.000 residenti) che, a fronte di un deficit di 331 milioni, ha annunciato tagli per 305 milioni e un debito pubblico che si attesterà a 600 milioni.
Vaud arriva da anni di abbondanza, ma ora corre responsabilmente ai ripari. In Ticino, con un deficit sui 100 milioni, una popolazione residente di 350.000 persone e un debito pubblico che veleggia verso i 3 miliardi di franchi, ci dilaniamo su ogni minimo sacrificio. Stiamone certi: il Preventivo 2026 confermerà questo dato storico.
Ma, d’altronde, a chi interessa fare gli interessi dello Stato? Chi si prodiga per farci uscire e non inghiottire dalle sabbie mobili? Di certo non i cosiddetti «statalisti», tanto bravi e buoni di facciata, ma dall’atteggiamento che spesso nasconde risultati deleteri per l’intera collettività.
Il problema in Ticino è l’assenza cronica di veri, forti e credibili statisti. Restare ottimisti è maledettamente complicato.
Anche perché, chiosando proprio sulla questione casse malati, il voto chiaro emerso dalle urne è accompagnato da un messaggio allettante per le forze politiche. La via del populismo paga.
Nel weekend il Partito socialista svizzero ha lanciato una nuova proposta sulle casse malati: l’idea è di far pagare un supplemento di premio al 15% più ricco della popolazione in modo da concedere uno sconto al rimanente 85%.
Il principio è quello ormai consolidato a sinistra di mettere le mani nelle tasche di altri. Ma la sua attuazione entrerebbe in rotta di collisione con la regola del 10% ticinese. Una confusione letteralmente sinistra.
Senza dimenticare che oggi la Lega ha (ri)lanciato un vecchio cavallo di battaglia che fu già in auge ai tempi di Giuliano Bignasca: una «Cassa malati ticinese».
Insomma, l’ennesima grande illusione. La LAMal è «fallita»? Evviva la LAMal! Mettiamoci il cuore in pace e recitiamo il de profundis.
A nessuno interessa andare alla radice del problema. Semplice, quanto scomodo: l’aumento dei premi è la logica conseguenza dell’aumento dei costi, del consumo di sanità. Ma questo è meglio nasconderlo.
Mai mostrare al popolo la realtà. Sogni e illusioni pagano in voti sonanti.

