Accordo commerciale con Trump, come voterebbero oggi gli svizzeri?

L'intesa tra Svizzera e Stati Uniti per dazi al 15% (e non all'attuale 39%) è stata raggiunta. La comunicazione è arrivata il 14 novembre ma il giorno in cui entreranno in vigore non è ancora chiaro. «Ciò avverrà nei prossimi giorni. Non siamo ancora in grado di fornire una data precisa», ha dichiarato il Dipartimento federale dell’economia, della formazione e della ricerca. Il consigliere federale Guy Parmelin ha spiegato chiaramente che quella raggiunta era una dichiarazione d'intenti, la quale deve essere tradotta in un accordo da sottoporre al Parlamento e all'eventuale voto popolare (in caso di referendum).
Ma se l'ultima parola spettasse effettivamente alla popolazione, come reagirebbero gli svizzeri? Il Blick lo ha chiesto direttamente alla popolazione. E dal sondaggio emerge che l'opinione pubblica svizzera è molto restia nei confronti dell'accordo proposto. In particolare in merito alla «contropartita» e ai miliardi di investimenti (200) promossi negli USA. «Se il voto si tenesse oggi», scrive il giornale, «l'intesa subirebbe una grave battuta d'arresto». Il 69% degli interrogati ha infatti dichiarato che in caso di votazione sul tema sarebbe «contrario» o «piuttosto contrario». Solo il restante terzo scarso del campione voterebbe favorevolmente.
Il sondaggio è stato eseguito dall'istituto Sotomo su incarico del Blick e ha coinvolto circa 9.300 persone alla fine di novembre. Nemmeno le concessioni fatte da parte della Confederazione sono viste di buon occhio. Quattro persone su cinque considerano infatti estrema la rinuncia alle restrizioni sul flusso di dati verso gli Stati Uniti. «Se si dovesse indire un referendum, la situazione diventerebbe davvero pericolosa per il Consiglio federale», scrive il Blick. Metà dei sostenitori dell'UDC si oppone all'accordo. Solo gli elettori PLR sono prevalentemente favorevoli (56%).
Scetticismo sulle promesse
Sono accolte con scetticismo anche le promesse fatte da parte elvetica come la rinuncia all'introduzione di una tassa digitale, l'importazione sotto franchigia doganale di quantità limitate di carne americana, i 200 miliardi di investimenti di aziende svizzere negli USA e l'autorizzazione alla circolazione dei pick-up statunitensi. Il rafforzamento della collaborazione in materia di sanzioni contro terzi raccoglie qualche adesione in più, ma è rifiutata dal 55% dei partecipanti all'inchiesta.
C'è inoltre scarsa fiducia nei confronti dell'amministrazione Trump. Alla domanda se sia ragionevole pensare che la tassa doganale venga mantenuta stabilmente al 15%, hanno risposto negativamente i simpatizzanti dei Verdi (71%), della sinistra e del Centro, solo tra i votanti di PLR e UDC emerge una maggioranza positiva.
Per Michael Hermann, direttore di Sotomo, la portata del rifiuto è sorprendente. «Mi aspettavo che l'opinione pubblica guardasse a questo accordo con scetticismo. Ma la chiarezza dell'opposizione è sorprendente». La presunta vicinanza ideologica tra Svizzera e Stati Uniti viene spesso menzionata, afferma. «Ma un punto viene regolarmente sottovalutato: gli svizzeri non apprezzano che una dinamica di potere venga imposta senza freni». Secondo Hermann, questo schema si ripete ogni volta che Washington esercita pressioni su Berna. «Provoca una reazione allergica nella popolazione». Da qui il massiccio rifiuto dell'accordo. «Sentiamo spesso dire che con Trump non c'è altro modo di negoziare. Ma i cittadini si rifiutano di normalizzare il suo stile e certe tendenze imperialiste».
