L'intervista

«Dagli eredi di Dürrenmatt il nuovo romanzo sociale»

Il giallo svizzero? «Esiste», e sembra essere anche in ottima salute, come dimostra il grande successo editoriale (e non solo) di Joël Dicker – Con Maurizio Basili, germanista dell’Università di Pescara ed esperto di letteratura poliziesca svizzera, scopriamo a che punto è il genere noir nella Confederazione
Dario Campione
13.08.2022 06:00

 «Il giallo svizzero esiste - dice Basili - E già questa, per chi ritiene che non si possa parlare di una letteratura svizzera, è una notizia».

Professor Basili, quando è nato il noir elvetico?

«Direi che il precursore del nostro romanzo poliziesco è Friedrich Glauser. I suoi gialli sono alla Simenon, lontani quindi dai vari Arthur Conan Doyle, Edgar Wallace, Agatha Christie, gli autori del cosiddetto whodunit, contrazione dell’inglese «Who has done it?». A Glauser non interessa chi l’ha fatto, scoprire l’assassino. Crea semmai il meccanismo di suspense indagando il movente. Glauser prende proprio le distanze dal giallo tradizionale, definendolo schicksalslos, che alla lettera vuol dire “privo di destino”. E il destino, si sa, è legato al caso. Questo è un aspetto fondamentale. Del resto, Studer, l’investigatore di Glauser, nel primo romanzo si trova “per caso” in un paesino a indagare su un omicidio che sembra un suicidio». 

In generale si pensa che il padre del giallo svizzero sia in realtà Friedrich Dürrenmatt.

«Dürrenmatt si inserisce nel solco della tradizione glauseriana, in particolar modo con La Promessa, romanzo che reca un sottotitolo illuminante: un requiem per il romanzo giallo. Dürrenmatt celebra la messa esequiale per tutti gli aspetti del giallo tradizionale - la figura del detective, il procedimento logico-deduttivo, la missione edificante che ha sempre fornito un’immagine distorta della realtà - ma, con essi, anche per l’uomo moderno: questi si crede infallibile, ha una fiducia cieca nella razionalità e non riesce a prendere in considerazione l’esistenza determinante del caso».

Chi è venuto dopo Glauser e Dürrenmatt che strada ha preso?

«Senza dubbio Glauser e Dürrenmatt hanno fatto scuola. Restando nell’ambito germanofono, cito un romanzo su tutti di chiara ispirazione dürrenmattiana: Il cinghiale (1990) di Felix Mettler, godibile tentativo di mostrare la probabilità dell’improbabile e che meriterebbe di essere riscoperto e riletto anche in chiave ecocritica. Il protagonista, infatti, è zoppo da quando, durante una passeggiata in un bosco, se l’è dovuta vedere con la furia di un cinghiale - la tematica dell’uomo che si appropria di tutti gli spazi della natura - e uccide colui che per anni gli ha fumato accanto facendolo ammalare di tumore».

In Italia si parla del giallo come del nuovo romanzo sociale. Vale anche per la Svizzera?

«Anche nei romanzi elvetici è presente una marcata critica sociale. Penso siano parenti non troppo lontani del giallo sociale italiano, quello di Augusto De Angelis, Scerbanenco e Camilleri. Lo stesso Suter, ad esempio, ha questo desiderio di comprendere la realtà quotidiana contemporanea e di rappresentarla in maniera viva. Nelle sue opere, il sistema - che sia sociale, familiare o legale - non è meno corrotto e corruttibile dei criminali di cui il protagonista è vittima. In particolare, mi pare che la critica sociale negli autori svizzeri contemporanei sottenda l’intenzione di mostrare come una crescita economica sempre maggiore abbia creato una società delle differenze, una comunità in apparenza aperta ma, in realtà, sempre esposta anche al razzismo, all’intolleranza, ai conflitti tra etnie, democratica ma al contempo costretta a far convivere libertà individuale e rigidità del sistema».

E i nuovi autori?

«In tempi più recenti, il poliziesco elvetico parla soprattutto francese e italiano e si avvicina più ai classici del Detection Club. Penso ad Anne Cuneo e alla sua investigatrice Marie Machiavelli, una moderna Miss Marple, e ad Andrea Fazioli».

Insomma, il giallo piace anche in Svizzera.

«Sì, il poliziesco elvetico è più che mai vivo, come dimostra il Festival del giallo svizzero, di Grenchen del settembre dello scorso anno. Il mio aupiscio è che vi sia una sempre maggiore diffusione di alcuni autori emergenti quale, ad esempio, Sunil Mann, di origine indiana, proprio come uno dei detective da lui creati, V. J. Kumar».

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