Il caso

Dazi al 39%: Trump offeso da una telefonata di Keller-Sutter?

Nella chiamata di 34 minuti andata in scena il 31 luglio, la presidente della Confederazione avrebbe contestato i numeri presentati dal tycoon sul disavanzo commerciale: una correzione percepita come un affronto dalla Casa Bianca
©ANTHONY ANEX
Red. Online
24.08.2025 11:59

L’aumento dei dazi statunitensi sulle esportazioni svizzere, entrato in vigore il 1. agosto con un’aliquota del 39%, sembra avere meno a che fare con motivazioni economiche e più con una frattura personale tra Donald Trump e Karin Keller-Sutter. È quanto emerge in un articolo pubblicato oggi dal SonntagsBlick, che cita fonti vicine alla Casa Bianca. 

Galeotta la telefonata

La telefonata del 31 luglio tra la presidente della Confederazione e il leader statunitense avrebbe segnato un punto di non ritorno nelle trattative commerciali, riferisce il domenicale. La conversazione, durata 34 minuti, aveva l'obiettivo di sbloccare un negoziato già in fase avanzata. Invece, Keller-Sutter avrebbe ripetutamente corretto Trump in merito al presunto disavanzo commerciale tra i due Paesi, contestando la cifra di 40 miliardi di dollari citata dal presidente americano. Una correzione tecnicamente giusta, ma che, a Washington, sarebbe stata interpretata come un affronto diretto, «un'umiliazione». Keller-Sutter avrebbe dato a Trump un «corso intensivo di economia e politica economica»: qualcosa di inammissibile per la Casa Bianca. «Mai prima d'ora un presidente degli Stati Uniti in carica si era lasciato trattare in questo modo dal presidente di un altro Paese per più di mezz'ora. Bill Clinton avrebbe riattaccato dopo dieci minuti. Nemmeno Barack Obama l'avrebbe tollerato», ha spiegato una fonte al giornale svizzero.

«Non è una questione tra Stati, è una questione di personalità», avrebbe inoltre commentato Trump con i suoi collaboratori, aggiungendo di non voler più trattare finché Keller-Sutter fosse rimasta in carica. «He’s done with her», - ha chiuso con lei - avrebbe dichiarato una fonte americana, sintetizzando la rottura.

La conseguenza è stata la fine delle trattative, nonostante mesi di intenso lobbying da parte di Berna e l’impressione diffusa che un compromesso con tariffe ridotte al 10-15% - come quello raggiunto dall'UE - fosse vicino. Sarebbe stato Trump stesso - e non il segretario al Tesoro statunitense Scott Bessent, o il segretario al Commercio Howard Lutnick - a fissare il numero: dazi del 39%.

Margini

Insomma, una telefonata gestita con eccessiva franchezza sembrerebbe alla base della rottura con conseguenze nazionali. L’unico spiraglio riguarda il settore farmaceutico, pilastro delle esportazioni elvetiche. Le aziende che decideranno di trasferire parte della produzione negli Stati Uniti potrebbero ottenere condizioni più favorevoli, anche se per la Confederazione il margine di manovra appare ridotto. A Washington, sottolinea il SonntagsBlick, si parla di un possibile rilancio dei negoziati in autunno, ma tutto dipende dalla volontà del presidente americano, che ha già dimostrato di agire spesso in modo imprevedibile.

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