Il caso

Gli alberghi svizzeri a muso duro contro Booking: «Rivogliamo i soldi»

Una class action europea cui hanno aderito, finora, anche 369 strutture elvetiche punta a ottenere il 30% delle commissioni versate in passato alla piattaforma – Il motivo? Le cosiddette clausole di parità hanno consentito al colosso di trarre profitti in maniera ingiusta
©Chiara Zocchetti
Red. Online
06.07.2025 09:30

Sigi Gübeli, scrive il Tages-Anzeiger, gestisce un piccolo boutique hotel nel cuore di Zurigo, in Hirschenplatz. Su Booking.com, il suo Platzhirsch vanta un punteggio di 8,6. Senza una piattaforma del genere, dice l’albergatrice, «molti ospiti non mi avrebbero mai notato». Bene. Perché, allora, il Platzhirsch è uno dei 369 hotel svizzeri che hanno aderito a una class action contro il colosso? Una class action che punta a un risarcimento danni importante: per i soli alberghi elvetici, si parla di 3 milioni di franchi.

La causa è stata intentata dall’organizzazione ombrello degli hotel europei, Hotrec, e riguarda gli effetti delle cosiddette clausole di parità applicate da Booking.com dal 2004 fino al 2024 (in Svizzera fino al 2022). Queste clausole, riassumendo al massimo, obbligavano gli hotel a non offrire prezzi o offerte migliori altrove, neppure sui propri siti web, rispetto a Booking. Peccato, però, che gli hotel pagassero e paghino commissioni extra sulle prenotazioni effettuate tramite Booking, riconoscendo alla piattaforma fino al 15%.

A confortare Hotrec, leggiamo, è una sentenza della Corte di Giustizia europea, secondo cui le clausole di parità violano il diritto antitrust. Ovvero, aziende come Booking.com in passato hanno tratto profitti finanziari in maniera ingiusta.

In Europa, dicevamo, Booking.com ha smesso di applicare queste clausole dalla metà dello scorso anno, mentre in Svizzera lo stop era arrivato già nel 2022 a seguito di una modifica legislativa. Il punto, tuttavia, è che gli alberghi elvetici ora pretendono un risarcimento danni per il periodo compreso fra il 2004 e il 2022. Finora, sono 369 le strutture della Confederazione che hanno aderito alla class action europea: altri albergatori potranno aggiungersi fino alla fine di luglio, quindi la causa verrà depositata nei Paesi Bassi, dove ha sede Booking. Il Tages-Anzeiger, al riguardo, scrive che in tutta Europa sono migliaia gli hotel coinvolti. I ricorrenti confidano di recuperare il 30% delle commissioni versate in passato.

Secondo un sondaggio condotto da Hotelleriesuisse negli ultimi anni, un hotel svizzero versa in media circa 100 mila franchi all’anno a Booking. Di qui il problema legato ai margini, che per alcune strutture si riducono notevolmente. Gübeli, nel 2024, ha versato alla piattaforma 40 mila franchi. Nel suo albergo, quasi una prenotazione su tre avviene tramite Booking.com. Prima della pandemia, la situazione era di una a cinque.

Da quando le clausole di parità sono state vietate in Svizzera, Gübeli ha cercato di incentivare le prenotazioni tramite il proprio sito web, dove ora può offrire camere a prezzi inferiori rispetto a Booking. Tuttavia, «Booking è così dominante nei motori di ricerca e così abile nel fidelizzare i clienti che è quasi impossibile per un piccolo hotel ottenere la stessa attenzione». Quando ha saputo della causa, si è unita senza esitazioni. Se Gübeli dovesse recuperare il 30% delle commissioni percepite da Booking dall’apertura dell’hotel, nel 2010, le entrerebbero in tasca circa 50 mila franchi.

A fine maggio, Mister Prezzi aveva ordinato a Booking di ridurre di un quarto le commissioni applicate agli hotel svizzeri, adducendo come motivazione tariffe eccessivamente elevate. Una decisione secca ancorché necessaria, giacché non è stato possibile raggiungere un accordo con la stessa piattaforma. Booking ha annunciato che avrebbe presentato ricorso contro la decisione e che non avrebbe modificato le commissioni fino all’esito del procedimento.

Per quanto riguarda la class action intentata a livello europeo, Booking si chiede in generale se la sentenza della Corte di Giustizia europea possa essere ritenuta legittima a richiedere un risarcimento danni nei suoi confronti. A detta del colosso, infatti, la sentenza avrebbe una valenza generale e non sarebbe legata in maniera specifica alle clausole di Booking.com. «Continueremo a presentare la nostra posizione in tribunale, ovvero che le clausole di parità non hanno un effetto anticoncorrenziale» ha fatto sapere l’azienda al Tages-Anzeiger.

I ricorrenti, più che i soldi, intendono spingere e fare pressione per arrivare, appunto, a un accordo più equo. Resta da capire come gli hotel svizzeri possano allinearsi, dal momento che le decisioni europee non si applicano alla Svizzera. Gübeli, concludendo, confida di costringere, attraverso l’associazione mantello, Booking a sedersi al tavolo e a collaborare maggiormente con gli alberghi. Fra le altre cose, chiede commissioni più basse per i piccoli hotel come il suo: «Per noi, queste commissioni sono molto più pesanti».