Il «coraggio» di Keller-Sutter: sarà la «leader che ha tenuto testa a Trump»?

È quasi sempre vero: nemo propheta in patria. Mentre in Svizzera in molti criticano l’operato della presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter, incapace di trovare un accordo favorevole sui dazi con il suo omologo americano Donald Trump, in Italia la consigliera federale viene vista come colei che non si è fatta schiacciare dalla nota prepotenza del tycoon. Il Corriere della Sera, in un articolo odierno sullo scontro commerciale tra Svizzera e USA (il titolo è eloquente: «Keller-Sutter, la presidente svizzera che non ha paura di Trump»), evidenzia come la consigliera federale, con il suo «agire coraggioso», potrebbe diventare la «leader che ha tenuto testa a Donald Trump». Un atteggiamento non certo passato inosservato, quello di Keller-Sutter, che «nel tempo libero si allena sul ring: la sua passione è il pugilato». Anche se, come detto, l’accordo con gli USA è stato tutt’altro che piacevole per gli svizzeri: ha portato a dazi arbitrari del 39%, i cui effetti sull’economia elvetica non sono ancora del tutto chiari, ma si prevedono forti impatti in diversi settori. Già nel 2023, la consigliera federale era stata esaltata dalla stampa estera. Il Financial Times aveva infatti inserito la politica sangallese tra le 25 donne più influenti al mondo, specialmente per il suo ruolo nel caso Credit Suisse, salutato sul FT come una «azione decisiva per superare la crisi bancaria» che «ha salvato l'economia svizzera».
Tornando al deludente risultato sui dazi, per il Corsera potrebbe passare in secondo piano rispetto alla caratura politica della direttrice del Dipartimento federale delle finanze (DFF). Il suo «agire coraggioso», infatti, può «costarle caro, o consacrarla come la leader che ha tenuto testa a Donald Trump», si legge sul quotidiano italiano, che evidenzia come i rapporti commerciali tra i due Paesi ora dipendano dalle trattative tra Berna e Washington, previste già a inizio settembre. «La Svizzera riuscirà a convincere Trump a levare il mega dazio del 39% sulle esportazioni verso gli USA e scendere a un più mite 15%, come negoziato dall’Europa? Sarà lei a condurle?» si chiede ancora il Corsera.
Quella telefonata disastrosa
La telefonata tra Karin Keller-Sutter e Donald Trump è stata analizzata a più riprese dai media svizzeri. Più di una settimana fa, il SonntagsBlick, ricostruendo la chiamata tra i due leader, descriveva uno scambio teso, ben lontano da ogni consuetudine diplomatica. Secondo il domenicale, Trump avrebbe usato un linguaggio volgare con la presidente della Confederazione, avanzando richieste di denaro e parlando in termini sprezzanti persino dei suoi stessi negoziatori. Una rivelazione che è stata parzialmente rivista con la versione fornita da alcuni collaboratori vicini all’amministrazione Trump, direttamente o indirettamente coinvolti nei contatti bilaterali tra Washington e Berna.
Secondo quanto riferito recentemente dal Blick, che ha raccolto informazioni da fonti vicine al gabinetto di Trump con accesso anche ai registri telefonici americani, la telefonata di Keller-Sutter con il presidente USA avrebbe avuto un ruolo ben più decisivo nel fallimento dell’accordo commerciale di quanto si fosse inizialmente pensato. Secondo la versione americana, sarebbe stata proprio quella chiamata – e nient’altro – a portare ai dazi del 39%.
Insomma, se in una prima ricostruzione della stampa svizzera si parlava di un Trump intrattabile, con la consigliera federale totalmente inerme di fronte a una decisione che il tycoon sembrava aver già preso, il secondo racconto ha rimescolato le carte in tavola: il fallimento delle trattative sarebbe da imputare proprio all’atteggiamento della presidente della Confederazione. Secondo l’entourage di Washington, riferisce ancora il Blick, Keller-Sutter avrebbe addirittura «umiliato» Trump con quello che è sembrato «un corso intensivo di economia» sul deficit commerciale della durata di oltre mezz’ora. Nel tentativo di spiegare perché il deficit non rappresenta un onere per l’economia americana, valutazione su cui esiste effettivamente un consenso tra gli economisti, Keller-Sutter avrebbe mandato all’aria settimane di trattative e colloqui preparatori. Di fatto, la leader svizzera avrebbe corretto il tycoon su un punto: il disavanzo commerciale da 40 miliardi tra i due Paesi, che secondo lei è errato, o comunque non dannoso per gli USA, e che lui definiva «un furto». Una doccia gelata, visto che si ipotizzava che l’accordo tra Svizzera e USA prevedesse dazi persino inferiori a quelli del 15% inflitti dal capo della Casa Bianca all’Unione europea.
Secondo la trascrizione della conversazione, Trump si sarebbe offeso a tal punto che, subito dopo la chiamata, avrebbe dichiarato ai suoi collaboratori di non voler più negoziare con la politica svizzera: «Ho chiuso con lei», avrebbe commentato.
Una fonte interna all’amministrazione USA ha poi affermato che «mai prima d’ora un presidente degli Stati Uniti in carica si era lasciato trattare in questo modo. Bill Clinton avrebbe riattaccato dopo dieci minuti». A quanto pare, Donald Trump avrebbe preso la questione molto sul personale.
Berna al lavoro per correggere i dazi
Tra critiche a Keller-Sutter e timori per i posti di lavoro in Svizzera, oggi Berna è al lavoro per offrire a Trump una proposta che possa alleggerire i dazi. Stando alla Reuters, i funzionari elvetici stanno collaborando con il settore privato per elaborare un pacchetto di misure che possa portare le tariffe USA a un livello vicino al 15% imposto all’UE.
Consapevole del fatto che il segretario al Tesoro statunitense Scott Bessent ha lasciato intendere di voler concludere gli accordi in sospeso con Paesi come la Svizzera entro ottobre, il Consiglio federale punta a completare il pacchetto entro l'inizio di settembre.
Secondo la Reuters, che cita due funzionari svizzeri a cui è stato garantito l’anonimato, l'offerta includerebbe maggiori investimenti nel settore della difesa americana, piani per consentire agli USA di vendere più gas naturale liquefatto (GNL) attraverso e verso la Svizzera, nonché un maggiore accesso al mercato USA in altri settori, come quello della carne e delle automobili.
Tra le altre misure prese in considerazione ci sarebbe pure l'importazione di più aerei, ha fatto sapere questo mese Swiss, la filiale svizzera della compagnia aerea tedesca Lufthansa. Il gruppo tedesco starebbe infatti valutando l'acquisto di nuovi aerei Boeing negli Stati Uniti attraverso la Svizzera, una misura che potrebbe ridurre il deficit commerciale americano verso la Confederazione.