Svizzera

Il sostenitore dell'ISIS rimarrà in carcere in vista di espulsione

La SEM si è mossa una settimana fa per cercare di bloccare il rilascio dell'iracheno: la richiesta è motivata dal fatto che, secondo fedpol, l'uomo rappresenta una seria minaccia terroristica
© CdT/ Chiara Zocchetti
Ats
29.04.2025 13:39

Un iracheno, condannato dal Tribunale penale federale (TPF) nel 2017 per i suoi rapporti con l'autoproclamato Stato islamico (Isis), non sarà liberato dalla detenzione in cui si trova in vista della sua espulsione. Il Tribunale federale (TF) conferma la propria approvazione di una richiesta di provvedimento d'urgenza depositata dalla Segreteria di Stato della migrazione (SEM) dopo che il Tribunale cantonale di Sciaffusa aveva ordinato la liberazione dell'islamista.

Il TF deve ora decidere sul fondo della questione, ossia la legalità della prosecuzione della detenzione. I giudici di Losanna avevano già indicato una settimana fa, il 22 aprile, di aver bloccato la liberazione del condannato con un provvedimento superprovvisionale. Con una decisione del 25 aprile pubblicata oggi confermano tale provvedimento.

La SEM deve ora prendere posizione su una lettera inviata dall'iracheno al TF. L'uomo vi contesta il riesame da parte della SEM della sua ammissione provvisoria.

La SEM si è mossa una settimana fa per cercare di bloccare il rilascio dell'iracheno, lo stesso giorno in cui è stata resa nota la sentenza (del 15 aprile) con cui i giudici sciaffusani, a causa di un pasticcio procedurale, ne ordinavano la scarcerazione. Stando alla corte suprema federale, la richiesta della segreteria è motivata dal fatto che, secondo l'Ufficio federale di polizia (fedpol), l'uomo rappresenta una seria minaccia terroristica.

Il diretto interessato, che ha scontato da tempo la sua pena di tre anni e otto mesi di carcere, aveva presentato ricorso contro l'espulsione. Tale appello non è però ancora stato trattato dal Tribunale amministrativo federale (TAF), una lentezza che ha portato a ritardi in tutto l'iter.

Secondo il Tribunale cantonale sciaffusano, mantenere l'iracheno in detenzione in vista dell'espulsione significherebbe superare la durata massima di sei mesi prevista per questa reclusione, che scadeva il 22 aprile. Tuttavia, non si può escludere una nuova carcerazione una volta che il TAF si sarà espresso, purché determinate condizioni siano soddisfatte, aggiungevano i giudici.

Lo scorso settembre, l'ufficio cantonale per la migrazione ha ordinato la detenzione dell'uomo per sei mesi in previsione della sua espulsione. Una decisione confermata da tre istanze di giudizio, visto che ci si aspettava che il lasso di tempo fosse sufficiente per procedere con l'allontanamento dalla Svizzera.

A febbraio però, l'ufficio preposto ha optato per prolungare la detenzione di altri sei mesi. Il tribunale di primo grado gli ha dato ragione, ma quello di appello si è schierato dalla parte del ricorrente. A suo avviso infatti, questa proroga poteva essere giustificata solo se il ritardo nella procedura fosse stato causato dalla mancata collaborazione dell'iracheno, cosa che invece non è accaduta.

L'uomo, che si sposta su una sedia a rotelle a causa di una ferita di guerra ed è noto sui media come «Osamah H.», è arrivato in Svizzera nel 2012 come rifugiato e ha ottenuto l'asilo. Uno status che ha però perso in ragione delle sue azioni per conto dell'Isis. La sua espulsione è stata sospesa a seguito della condanna ricevuta nel 2017.

Dopo la sentenza è stato rilasciato, in quanto aveva scontato la pena in maniera anticipata. Ha poi vissuto nel canton Sciaffusa, ricevendo l'aiuto sociale. Infine, è tornato nel mirino delle autorità per le sua attività presso la moschea di Neuhausen (SH), considerata un ritrovo di estremisti.

Nel 2023, la polizia cantonale sciaffusana ha chiesto a fedpol di ordinare misure che gli vietassero qualsiasi azione di natura terroristica. Ritenendo che il suo diritto di consultare il suo fascicolo fosse stato violato, l'iracheno ha presentato ricorso con successo al TF. I giudici di Losanna non si sono però poi pronunciati sull'adeguatezza delle misure, poiché nel frattempo erano state revocate.

(Decisione 2C_211/2025 del 25 aprile 2025)

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