Domande e risposte

Investimento o tassa sui film?

Il 15 maggio si vota sulla «Lex Netflix», che obbliga le piattaforme streaming a destinare il 4% del loro fatturato al cinema svizzero — Per i contrari è un intervento liberticida: «A pagarne le conseguenze sarà il pubblico» — Il dossier in sei punti
In Svizzera, i principali fornitori di cinema in streaming sono Netflix, Disney+ e Blue. © CdT/Chiara Zocchetti

Lo streaming ha cambiato il modo di fruire di film e serie tv. Per Governo e Parlamento, le piattaforme come Netflix devono destinare il 4% del loro fatturato nel cinema svizzero. Un’alleanza di sezioni giovanili di partiti del centro e della destra dello scacchiere politico ha lanciato il referendum. ll 15 maggio si voterà quindi sulla modifica della Legge sul cinema, ribattezzata «Lex Netflix».

1. Su che cosa si vota a metà maggio?

La modifica di legge sul cinema prevede che dal 2024 le piattaforme di streaming saranno obbligate a destinare in futuro il 4% del loro fatturato generato in Svizzera in produzioni di film e serie svizzere. Nel caso non si raggiunga questa quota di investimento, deve essere pagata una tassa sostitutiva. Inoltre, almeno il 30% del contenuto offerto deve essere prodotto in Europa. In alternativa, i fornitori devono mettere l'importo corrispondente nella promozione di film svizzeri ( film di imprese di produzione svizzere indipendenti e coproduzioni internazionali con partecipazione svizzera). La regola si applica anche alle stazioni televisive straniere che trasmettono pubblicità per il pubblico svizzero (le «finestre pubblicitarie»). Le imprese che mostrano meno di 12 film all’anno e quelle che non raggiungono una determinata cifra d’affari minima sono esonerate dall’obbligo d’investire. Il Governo può inoltre esonerare i servizi di streaming dalla quota minima se offrono un programma su tematiche particolari per le quali non esiste una produzione europea, ad esempio i film di arti marziali o il cinema Bollywood. La legge prevede anche esoneri per le piccole imprese con diffusione limitata o pubblico ridotto, come le emittenti locali.

2. A quanto ammonta il finanziamento al cinema indipendente oggi?

A 105 milioni di franchi (media 2017-2020), di cui 61 milioni per i film destinati alle sale cinematografiche e 44 milioni per i film televisivi e le serie. 36 milioni provengono dalla SSR, 6 milioni da emittenti private.

3. Quali sono gli argomenti dei favorevoli?

Il Consiglio federale e il Parlamento vogliono garantire pari condizioni nel settore. Le emittenti televisive nazionali investono da tempo il 4% della cifra d’affari realizzata in Svizzera nel cinema nazionale. I servizi di streaming sono stati finora esentati da questo obbligo. I soldi che Amazon, Apple e Netflix guadagnano in Svizzera fluiscono completamente all’estero, si lamenta il comitato «Sì alla legge sul cinema». Per eliminare questa disparità di trattamento, è necessario un cambiamento della legge. Inoltre, il progetto di legge garantirebbe il rafforzamento del cinema svizzero e la promozione della diversità culturale. Infine, anche le imprese locali e il turismo beneficerebbero di un «sì». E questo senza sovvenzioni da parte dello Stato. Il Governo stima che, se la proposta sarà accettata, 18 milioni di franchi in più all'anno confluiranno nelle produzioni locali a partire dal 2024. Non si tratterebbe, come dicono i contrari, di una tassa, ma di un investimento nel cinema elvetico. Per i canali televisivi, si applica già oggi una quota del 50% di film europei. Nell’UE, i servizi di streaming devono già offrire il 30% di film europei. Sono a favore della nuova legge l’Alleanza del Centro, il PVL, il PS e i Verdi.

4. Quali sono gli argomenti dei contrari?

Per il comitato del no, la nuova legge sui film è una palese invasione della libertà di mercato. Gli oppositori sono convinti che, con un sì, i servizi di streaming ri verserebbero i nuovi costi sui consumatori, aumentando i prezzi degli abbonamenti. La legge frenerebbe l'innovazione, la creatività e la diversità, limitando inoltre la libertà di scelta dei consumatori, che, statistiche alla mano, preferiscono produzioni straniere. La maggior parte della produzione elvetica è interessante solo per un pubblico di nicchia. Secondo il comitato referendario, il cinema svizzero riceve già oggi abbastanza sostegno finanziario. Un sì il 15 maggio minaccia inoltre di creare un pericoloso precedente: le regole ora in discussione potrebbero presto essere estese all’industria musicale, per esempio. Il comitato referendario è composto da membri delle sezioni giovanili del PLR, UDC e PVL. Sono contrari anche UDC e PLR nazionali e gli ambienti economici. Anche l’Associazione delle televisioni private svizzere (ATPS) è per il no. Le piattaforme private verrebbero obbligate a investire il 4% in produzione cinematografica locale. «Questo denaro - scrive l’ATPS - non è quindi disponibile per progetti televisivi svizzeri interessanti per il pubblico. Questo significa perdite di posti di lavoro in Svizzera e un generale indebolimento degli attori privati».

5. Che regole vigono negli altri Paesi europei?

Per i contrari è chiaro fin da ora che i servizi di streaming aumenteranno i loro prezzi di abbonamento se la modifica di legge sarà adottata. Questo però, sostengono i favorevoli, non è quanto succede all’estero: in Francia, ad esempio, dove Netflix deve investire quasi un terzo del suo fatturato in produzioni nazionali, un abbonamento al servizio streaming americano costa meno che in Svizzera. Nel nostro Paese, il gigante statunitense ha invece alzato i prezzi degli abbonamenti di circa del 10% a inizio anno. In generale gli abbonati svizzeri pagano di più di quelli nei Paesi limitrofi. Nell'Unione Europea, i servizi di streaming devono già offrire il 30% di film europei sulle loro piattaforme. In vari Paesi, Netflix e Co. sono obbligati a investire o a pagare un’imposta. In Francia, appunto, alle piattaforme viene trattenuto fino al 28% del fatturato. In Italia il 20%. In questi due Paesi , vige l’obbligo per i servizi di streaming di investire nella creazione cinematografica europea. Nessun obbligo d’investimento vige in Germania, dove si è optato esclusivamente per il pagamento di una tassa corrispondente al 2,5% della cifra d’affari. Anche Croazia e Romania prevedono una tassa. Finlandia, Irlanda, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia, Svezia e Cipro prevedono invece un obbligo generale di promozione e accesso ai film europei. In Austria, invece, al momento non esistono obblighi di alcun tipo. In Germania, nei Paesi Bassi e in Danimarca si sta discutendo l’introduzione di un obbligo d’investire.

6. Perché l’opuscolo di voto del Governo è stato contestato?

Il paragone fra le norme in vigore nei vari Paesi europei ha suscitato forti reazioni . In particolare, la cartina a pagina 13 dell’opuscolo della votazione, dove rappresentate le nazioni europee che hanno introdotto un obbligo di investimento o tasse per i servizi di streaming, è stata al centro di ricerche giornalistiche. Stando alle indagini di «Arena» (SRF), il documento non distingue sufficientemente investimenti obbligatori e obbligo generale di promozione mirata di opere europee. Il comitato referendario ha quindi presentato un reclamo in quattro cantoni contro l’opuscolo informativo. I referendisti accusano il Governo di aver fornito informazioni errate. In risposta al reclamo, la Cancelleria federale ha pubblicato delle precisazioni: «Per garantire la leggibilità delle spiegazioni di voto, le informazioni del rapporto sono state semplificate».

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