L’evento

La sabbia sahariana colora la Svizzera: «Un fenomeno non raro alle nostre latitudini»

Due giorni fa, le foto dell’inconsueta tinta della neve vallesana hanno fatto il giro del web - Come e quanto spesso il particolato africano raggiunge il nostro Paese? Ne abbiamo parlato con Lorenzo Di Marco, meteorologo di MeteoSvizzera
La strana atmosfera sulle piste d’Anzère, Vallese. / © Keystone/Laurent Gillieron
Giacomo Butti
08.02.2021 20:32

La neve tendente all’arancione in Vallese, il cielo giallo sopra il Palazzo federale, le auto imbrattate come se fosse piovuto fango a Ginevra. Sabato, le foto di questi fenomeni, causati da particelle di sabbia sahariana trasportate dal vento, hanno fatto il giro del web. Ma qual è il processo che scatena eventi di questo tipo? E quanto spesso il particolato africano raggiunge le nostre latitudini? Ne abbiamo parlato con Lorenzo Di Marco, meteorologo di MeteoSvizzera.

© Keystone/Anthony Anex
© Keystone/Anthony Anex

Due giorni fa la sabbia del Sahara è tornata a tingere i paesaggi svizzeri. Particolarmente colpiti sembrano esser stati i cantoni occidentali, qual è la ragione?

«La Svizzera occidentale è stata specialmente interessata a causa del tragitto percorso dalla massa d’aria che trasportava le particelle di sabbia: ha risparmiato in parte il sud delle Alpi scivolando ad ovest, per poi dirigersi nuovamente verso est».

Qual è il fenomeno meteorologico che permette al particolato naturale africano di raggiungere le nostre latitudini?

«Tutto è dovuto alle depressioni atmosferiche: in maniera turbolenta riescono a sollevare la sabbia del deserto, portandola anche fino a 5 chilometri d’altezza. Le particelle con un diametro maggiore precipitano rapidamente, mentre quelle più sottili restano sospese e vengono trasportate. Il fatto poi che queste siano arrivate alle nostre latitudini dipende da un altro fattore, la comparsa di una corrente meridionale che, in questo caso, le ha spinte verso l’Europa in circa 6-7 ore. Questo è esattamente quanto successo lo scorso fine settimana, con la corrente da sud che ha portato con sé anche tutta una serie di precipitazioni».

«Questa polvere, tra l’altro, rende più difficile il nostro lavoro: porta un’incertezza nei modelli di previsione, in quanto faticano a parametrizzare questo elemento atmosferico. Il pulviscolo, inoltre, tende a creare dei nuclei di condensazione, dai quali si generano nuvole più spesse che si dissolvono meno rapidamente».

Sullo Jungfraujoch (passo di montagna al confine fra Berna e Vallese), a 3.454 metri di quota, sono stati registrati sabato 744 microgrammi di sabbia (sotto forma di polveri fini, PM10) per metro cubo d’aria. In Svizzera, il valore limite per la media annuale è di 10 microgrammi per metro cubo. Valori così elevati sono normali in un fenomeno del genere?

«Secondo i dati raccolti dall’OASI, le concentrazioni al suolo non sono state particolarmente alte nel fine settimana in Ticino. I valori estremi registrati sullo Jungraujoch sono dovuti al fatto che la montagna si trovava proprio al centro della ‘‘nuvola di polvere’’. Come detto, poi, le particelle viaggiano a diversi chilometri d’altezza, la loro concentrazione aumenta dunque parallelamente all’altitudine».

Come avviene la dispersione di questo pulviscolo?

«La dispersione avviene sostanzialmente in due modi. Se la corrente che le spinge si placa rapidamente, le particelle si depositano autonomamente al suolo. In caso contrario, esse vengono trasportate dal vento finché non precipitano unendosi alla pioggia, risultando poi molto visibili sul parabrezza delle auto o sulle finestre delle case».

© Keystone/Martial Trezzini
© Keystone/Martial Trezzini

Quanto spesso la sabbia sahariana raggiunge il nostro Paese?

«Eventi come questo avvengono con una certa frequenza, semplicemente non riusciamo ad osservarli ad occhio nudo. Secondo dati raccolti tra il 2001 ed il 2017, la polvere sahariana ci ha raggiunto ogni anno tra le 10 e le 50 volte. Nella maggior parte dei casi, però, il pulviscolo aveva concentrazioni troppo basse per essere individuato dalla popolazione. L’ultimo evento di questa portata s’è verificato il 21 febbraio del 2014, ma il fenomeno è osservato da molto tempo: nei nostri annali la prima osservazione documentata risale al 1867».

«Da un fenomeno del genere possiamo trarre un insegnamento: l’inquinamento nell’aria non è solo locale: questa polvere ha viaggiato dall’Africa fino a noi e in alcuni casi può arrivare anche fino agli Stati Uniti. Se tutto il particolato fosse visibile, forse faremmo più attenzione alle nostre emissioni».