Lo studio

La Svizzera invecchia in fretta, bisogna affrontare il futuro

Un ampio lavoro di ricerca dell’Osservatorio svizzero della salute prefigura alcuni scenari per il 2040 e sottolinea le necessità del settore: serviranno 54 mila letti per le cure di lunga degenza, 900 nuove case di cura di medie dimensioni e oltre 35 mila collaboratori
Giona Carcano
07.06.2022 06:00

L’invecchiamento della popolazione svizzera è un tema conosciuto. Se ne discutono le origini, si fanno paragoni con altri Paesi occidentali afflitti dallo stesso «male», si studiano possibili ammortizzatori. Tuttavia, si riesce a percepire la reale portata della questione solamente quando si analizzano gli scenari futuri, l’impatto sulla realtà, le conseguenze dirette sulla società e sullo Stato. È quello che ha cercato di fare l’Osservatorio svizzero della salute (OBSAN) in un ampio lavoro di ricerca pubblicato recentemente.

Gli scenari

Eccola, allora, la realtà tratteggiata nello studio: entro il 2040, la Confederazione vedrà praticamente raddoppiare (+88%) la quota della popolazione con più di 80 anni, mentre la fetta di chi ha oltre 65 anni aumenterà del 52%. Tutto questo perché le classi di età più avanzate accoglieranno la generazione dei «baby-boomers», i nati tra il 1945 e il 1965. «La Svizzera avrà bisogno di aumentare la capacità nei reparti per le cure di lunga durata», avvertono gli autori dello studio, che si basa su statistiche del 2019 non «sconvolte» dal biennio di pandemia. Tradotto: serviranno altre case per anziani, appartamenti protetti, servizi Spitex, personale curante. L’OBSAN indica con precisione – ma con variabili che tengono conto della demografia, dell’andamento epidemiologico e della pianificazione del settore da parte dei decisori politici – i futuri bisogni della popolazione anziana. Qualche cifra: lo scenario «peggiore», che riflette le proiezioni alle condizioni di oggi, prevede la necessità di oltre 54mila posti letto per cure di lunga durata, oltre 900 case di cura di medie dimensioni in più, 35mila ulteriori operatori sanitari. Numeri impressionanti, e che non possono lasciare indifferenti. Anche perché il fenomeno è per sua natura inarrestabile oltre che in netta accelerazione. E il tempo a disposizione per agire non è molto. Gli scenari ipotizzati nello studio arrivano a conclusioni diverse a seconda delle variabili utilizzate, eppure l’orizzonte è uno soltanto: bisogna passare all’azione.

«Tutti dovranno fare qualcosa»

La prima constatazione riguarda un fenomeno di società: sempre meno famiglie riescono a occuparsi dei propri anziani – per scelta o per motivazioni professionali –, velocizzando quindi il processo di accesso precoce alle strutture per la terza età. «E il Ticino sotto questo aspetto ha un fattore di rischio ulteriore», sottolinea a questo proposito Franco Tanzi, geriatra. «Parecchi anziani, in particolare svizzero tedeschi, decidono di trascorrere la loro vecchiaia a sud delle Alpi». Una tendenza che inevitabilmente incide sull’aumento della quota di persone bisognose di cure di lunga durata. Come fare, allora? Secondo Eliano Catelli, presidente di ADiCASI, «affinché il sistema sia sostenibile anche in futuro, tutti dovranno fare la loro parte. I confini tra la famiglia, la casa per anziani, i fornitori di servizi a domicilio e gli altri attori che ruotano intorno all’anziano saranno sempre più permeabili. Si dovrà collaborare di più e meglio».

«Il messaggio sta passando»

Sul cambio di paradigma della casa per anziani, molto è già stato fatto. Queste strutture oggi sono più «aperte» verso l’esterno, favorendo scambi intergenerazionali utili a migliorare la qualità di vita dei residenti. «Non solo: ho notato che in Ticino sta finalmente passando un altro importante messaggio», rileva ancora Tanzi. «E cioè quello di una maggiore concertazione tra servizi domiciliari e case anziani. Potrebbe sembrare un paradosso, ma le strutture socio-sanitarie dovrebbero proporre servizi agli anziani della regione proprio per non entrare stabilmente in casa per anziani. Penso a servizi di lavanderia, di ristorazione, di animazione». Un concetto espresso anche da Catelli: «Non c’è dubbio che le case per anziani dovranno ripensarsi. Da un lato dovremo accogliere più persone con esigenze medicali avanzate, con le inevitabili conseguenze a livello di strutture, dotazioni e personale che questo comporta. Dall’altro, l’aumento del numero di anziani a domicilio ci dovrà spingere a offrire servizi anche ai non residenti. Parlo di servizi medicali, di ristorazione ma anche culturali e di intrattenimento. Questa apertura ulteriore sarà fondamentale per mantenere le case come luoghi di incontro e di vita».

Non c’è dubbio che le case per anziani dovranno ripensarsi. Da un lato dovremo accogliere più persone con esigenze medicali avanzate, con le inevitabili conseguenze a livello di strutture, dotazioni e personale che questo comporta
Eliano Catelli

«Tenere presente i nuovi dati»

Lo studio, come visto, contiene cifre rilevanti. Oltre a ripensare il ruolo della casa per anziani, servono soprattutto strutture, personale. E finanziamenti. Basti pensare che entro il 2045 l’OBSAN indica un raddoppio delle spese per l’assistenza della vecchiaia e di lunga degenza, a quasi il 3,4% del PIL. «L’invecchiamento della popolazione è una sfida su cui da anni si sono chinate le autorità federali, cantonali e le organizzazioni di settore», ribadisce Catelli. «Sarà importante che i nuovi dati dell’OBSAN siano tenuti in considerazione nella pianificazione cantonale e che ci si possa muovere in anticipo, considerando che i tempi di realizzazione di una nuova casa per anziani sono lunghi. Parliamo di almeno 10 anni». Al netto dei ricorsi, come sta avvenendo ad esempio a Vacallo.

Lo scenario più estremo ipotizzato nello studio si riferisce al «tutto come oggi», ovvero la forte crescita degli over 80 unita all’inerzia della politica e dei modelli. «La ricerca si basa essenzialmente sul principio che da qui al 2040 la strategia per la presa a carico degli anziani non cambi, mentre io ritengo che sia proprio la ricerca di alternative al dualismo “casa per anziani-Spitex” il punto da sviluppare maggiormente», rileva da parte sua Mattia Lepori, vicecapo Area clinica dell’EOC. «In particolare lo sviluppo di soluzioni di tipo residenziale ma a basso contenuto di cura per le persone che, seppur anziane o molto anziane, godono ancora di un certo grado di autonomia e indipendenza». Un concetto sollevato anche da Tanzi, seppur con sfumature diverse: «Gli appartamenti protetti o medicalizzati? In generale, vorremmo evitare un doppio trasloco domicilio - appartamento - casa per anziani. Meglio la medicalizzazione del domicilio con il supporto della casa per anziani».

«Motivare i giovani»

Nuove strutture e diversi concetti di presa a carico. Ma per riuscire nell’intento, ci vuole il personale curante: 35mila ulteriori collaboratori entro il 2040. Tantissimi, alla luce della difficile situazione del settore. Per Lepori, «il problema della carenza di personale specializzato è diffuso in tutta la Svizzera. Il solo ricorso al frontalierato, che rimane comunque indispensabile e per certi versi insostituibile, non basterà comunque a soddisfare le necessità. Tuttavia, molto si sta già facendo per rendere più attrattive queste professioni». Catelli concorda: «Il settore non è fermo ad aspettare. Le case per anziani, ad esempio, sono sempre più attive nella formazione». «Bisogna rendere questo lavoro appetibile», aggiunge invece Tanzi. «Significa motivare culturalmente i giovani, ma anche soddisfare certe rivendicazioni economiche. Fermo restando che questa professione ha una forte componente di vocazione».

© CdT/Chiara Zocchetti
© CdT/Chiara Zocchetti

Carlo De Pietro: «È una sfida inedita»

Lo studio OBSAN sui bisogni di letti per cure di lunga durata evidenzia necessità estremamente importanti per la Svizzera (54mila letti in più, 900 ESM aggiuntive, 35mila curanti…). La Svizzera si sta preparando a un simile scenario?
«Tali previsioni rispecchiano quelle della recentissima pianificazione cantonale integrata “anziani” con orizzonte 2030. Il rapporto ticinese parla di “aumenti importantissimi” e ciò indipendentemente dai metodi di calcoli scelti. Nel 2030 il fabbisogno di letti in casa per anziani in Ticino è stimato del 44% maggiore che nel 2020, il numero di ore di cure a domicilio aumenteranno ancora di più. E la crescita del fabbisogno di cure nella terza e quarta età continuerà ancora più forte fino al 2050».

Esistono soluzioni, o modelli da seguire, per attenuare questo elevatissimo bisogno?
«Si tratta di una sfida per l’intera società e che, per natura, dimensioni e velocità, è del tutto inedita. Non sarà possibile rispondervi semplicemente con una crescita lineare delle soluzioni attuali e cioè soltanto con più strutture, più personale, più soldi disponibili. Si tratta di cambiare in modo profondo gli orientamenti della formazione, le nostre città, il rapporto con il fine vita e molti altri ambiti del funzionamento sociale».

Come dobbiamo immaginarci le case per anziani in futuro? Oggi molti residenti socializzano, hanno una buona qualità di vita. Un domani – a fronte della quota molto elevata di anziani - è possibile che queste strutture si trasformino in posti di accoglienza e cura solo per le persone più dipendenti e bisognose?
«Già negli ultimi anni la tendenza è stata quella descritta nella domanda, se guardiamo alle case per anziani medicalizzate. E il numero delle persone più dipendenti e bisognose è destinato ad aumentare certamente. Ciò però sarà accompagnato da una crescente differenziazione di servizi e soluzioni abitative disponibili. Non solo il proprio domicilio o la casa per anziani medicalizzata, dunque, ma anche alloggi adattati, appartamenti protetti, alloggi comunitari intergenerazionali. Credo che nei prossimi anni le proposte e le realizzazioni saranno molte e molto variegate. Certo, serviranno regole nuove che permettano e favoriscano tali sviluppi. Ad esempio chiarendo per quanto possibile condizioni e modalità di finanziamento. Si tratta di scelte rilevanti e da prendere subito. Non sarà facile».

Credo che nei prossimi anni le proposte e le realizzazioni saranno molte e molto variegate. Certo, serviranno regole nuove che permettano e favoriscano tali sviluppi