Le nuove, inquietanti rivelazioni sulla Polizia di Losanna

Quanto sono gravi, e profondi, gli abusi in seno alla Polizia di Losanna? Per rispondere a questa domanda, emersa con forza in questi giorni in seguito alla morte di un adolescente 17.enne inseguito dalle forze dell'ordine, è necessario fare un passo indietro. Nel giugno del 2023, come scrive il Blick, la RTS aveva pubblicato una foto che ritraeva un agente della Polizia di Losanna, sorridente e con il pollice alzato, davanti a una scritta su un muro dedicata alla memoria di Mike Ben Peter, un afrodiscendente morto nel 2018 dopo un intervento della Polizia. Questa foto e gli scambi discriminatori via WhatsApp rivelati lo scorso lunedì, in realtà, sarebbero soltanto la punta del'iceberg. Domenica, RTS ha rivelato nuovi risvolti. A dir poco inquietanti.
Innanzitutto, è interessante notare come – a suo tempo – la Polizia avesse annunciato l'avvio di un'indagine interna per chiarire i contorni di quella foto. Un'indagine dovuta, che però non è mai stata avviata come ha confermato la Città di Losanna. Il motivo? Il funzionario incaricato delle indagini apparteneva a uno dei gruppi WhatsApp incriminati. Non finisce qui: 24 Heures ha rivelato che l'organo di vigilanza della Polizia, la Commissione di Gestione del Consiglio comunale losannese, era stato informato dell'esistenza della foto già nel 2019 ma aveva deciso di non intraprendere alcuna azione. La tenacia dell'avvocato della famiglia di Mike Ben Peter, per contro, si era tradotta in una denuncia e in un'indagine esterna aperta dalla Procura vodese. Ed è proprio questa indagine che aveva fatto emergere due gruppi WhatsApp nei quali erano coinvolti decine di agenti. Gruppi in cui circolavano scambi razzisti, sessisti, antisemiti e discriminatori.
RTS, domenica, ha riferito di contenuti ancora più gravi. Un agente, commentando la foto in questione, aveva fatto riferimento a un video in cui un sospettato riceveva dei proiettili in bocca. Il video sarebbe poi stato cancellato, insieme ad altre immagini. Gli abusi, attenzione, sarebbero «usciti» dai gruppi WhatsApp: anche le e-mail professionali, infatti, sarebbero state utilizzate per diffondere commenti razzisti, sessisti e degradanti nei confronti di un collega. Interpellato, il Comune ha assicurato di non avere prove in merito ribadendo che l'indagine penale è ancora in corso.