Luci, camera, azione alla Camera bassa

Il Consiglio nazionale discute oggi nuovamente della legge sul cinema. Secondo le richieste del Consiglio federale e degli Stati, piattaforme come Netflix, Amazon o Disney dovrebbero investire il 4% del loro fatturato svizzero in produzioni locali. In alternativa, potrebbero pagare tasse sostitutive all’Ufficio federale della cultura. Il Nazionale aveva chiesto che il contributo fosse solo dell’1%. «Sarà un risultato probabilmente tirato, ma è possibile che ora passi il 4%», afferma ottimista il consigliere nazionale Mathias Aebischer (PS/BE), presidente di Cinésuisse, l’organizzazione mantello dell’industria cinematografica e audiovisiva svizzera. Anche la Commissione competente della Camera del popolo raccomanda questa percentuale, con la quale si giungerebbe a circa 30 milioni di franchi di soldi investiti nel cinema svizzero.
La proposta non incontra l’approvazione di varie sezioni politiche giovanili. La revisione della legge non pensa ai fruitori, affermano i giovani partiti del PLR, UDC, Centro e PVL. Questi temono che i servizi di streaming scarichino il loro contributo all’industria cinematografica svizzera sulle tasche del pubblico (giovani in primis). «I costi dovuti alla nuova tassa saranno scaricati su di noi, i prezzi per gli abbonamenti aumenteranno. Non è giusto!», cita una lettera aperta indirizzata alla Commissione.
La questione della scelta
«Parlare di tasse è sbagliato. Sono investimenti. Il film resta di proprietà della piattaforma streaming che ha contribuito a produrlo», replica Aebischer. Complessivamente, i soldi che Netflix o un’altra piattaforma investirà non saranno più di prima. «Semplicemente li dovrà investire in Svizzera».
Altro tema di discussione oggi: in futuro si vorrebbe introdurre una quota del 30% di opere europee fra le offerte di film e serie dei servizi di streaming. Tuttavia, affermano i contrari, questo limita ulteriormente la libertà di scelta dei consumatori, se Amazon e compagnia bella non potranno più selezionare i loro contenuti non in base all’apprezzamento del pubblico, ma al loro Paese d’origine. Il cambiamento può portare a un’eliminazione delle produzioni non europee dal catalogo dei film per i clienti svizzeri solo per mantenere la quota. I contrari hanno paura di un calo della qualità dei film proposti.
«Tra le serie più guardate su Netflix figura La casa di carta, che è spagnola. Uno dei film più visti è 365 giorni, di produzione polacca», replica Aebischer. «Chi pensa che solo le produzioni nordamericane siano sinonimo di qualità o di apprezzamento da parte del pubblico si sbaglia», afferma Aebischer.
Ma c’è ancora una questione che scalderà il dibattito oggi: «Finora le emittenti televisive - quindi la SSR, ma anche canali privati - dovevano per legge investire il 4% in produzioni elvetiche. In alternativa, possono contribuire facendo pubblicità sui coloro canali per i film svizzeri. Possibilità che viene sfruttata da tutte le aziende private. Non investono nulla, mandano solo in onda spot televisivi», spiega Aebischer. Il Governo vuole ora eliminare questa opzione. Le emittenti dovranno passare alla cassa. Anche quelle estere che mandano in onda pubblicità per il pubblico svizzero.
Gli Stati hanno proposto un compromesso: i primi 500.000 franchi possono essere donati all’industria cinematografica nazionale sotto forma di pubblicità. Oggi però alla Camera bassa verrà discussa una variante che prevede pubblicità per 1 milione di franchi. «Così però sarebbero poche le emittenti che investirebbero ancora qualcosa nel cinema svizzero», si rammarica Aebischer. «Il risultato al Nazionale rischia di essere risicatissimo».