«Nei vestiti di Shein sostanze nocive 71 volte superiori ai valori massimi consentiti»

«Sono scioccato dalla pericolosità di alcuni prodotti Shein e Temu: servono regole più severe». Con queste parole, qualche mese fa, il commissario europeo per la Giustizia Michael McGrath esprimeva stupore per la quantità di prodotti non a norma o contenenti sostanze tossiche presenti sulle piattaforme cinesi di vendita online. Il commento arrivava in seguito alla pubblicazione dei risultati di un'ampia operazione di «acquisti in incognito» condotta a livello europeo, per verificare come i rivenditori cinesi stiano aggirando le leggi di Bruxelles. I primi risultati, appunto, erano stati considerati «preoccupanti».
Be', un nuovo rapporto pubblicato da Greenpeace torna ad accendere i riflettori sull'industria della fast fashion, in particolare su Shein, per la presenza di sostanze chimiche nocive nei prodotti venduti in Svizzera.
Prezzi stracciati, costi nascosti
Sì, i prezzi stracciati di Shein fanno gola. Ma il gioco vale la candela? Il rapporto di Greenpeace, comparso in un articolo del Blick, getta ombre sul gigante cinese. L’ONG ha analizzato 56 capi Shein, scoprendo che quasi un terzo di essi - 18 - contengono sostanze nocive, spesso ben oltre i limiti consentiti dalla normativa europea. Greenpeace Germania, che ha condotto un’indagine parallela sui prodotti venduti nel proprio mercato, conferma le stesse criticità.

Secondo l'inchiesta del Blick, anche i prodotti consegnati in Svizzera risultano colpiti. Un esempio emblematico sono gli stivali in gomma nera con paillettes, la cui presenza di ftalati (sostanze tossiche che possono danneggiare il sistema endocrino e riproduttivo, oltre che compromettere lo sviluppo fetale) risulta 71 volte superiore al valore massimo autorizzato. Il rapporto segnala inoltre che anche gli articoli destinati ai bambini — dalle scarpette rosa ai costumi da principessa — presentano concentrazioni eccessive di composti nocivi e cancerogeni. I consumatori possono assorbirli attraverso la pelle, il sudore o l’inalazione delle fibre, ma l’impatto ambientale è altrettanto preoccupante: le particelle si disperdono nell’acqua e nel suolo, entrando nella catena alimentare.
Le persone più esposte rimangono comunque gli operai coinvolti nella produzione. «Shein inonda il mondo di capi di scarsa qualità che, contrariamente a quanto promette, sono spesso contaminati da sostanze chimiche», ha spiegato al Blick Joëlle Hérin di Greenpeace Svizzera.
Nessun miglioramento
Shein sostiene di rimuovere dalla piattaforma gli articoli che risultano non conformi ai limiti europei. Ma secondo Greenpeace, il sistema non funziona: «I prodotti ritirati vengono sostituiti da altri quasi identici, con le stesse sostanze pericolose. Forse addirittura dallo stesso fornitore», ha evidenziato Hérin. La stessa ONG aveva sollevato criticità analoghe nel 2022, ma la situazione non è migliorata. Essendo una piattaforma online con sede all’estero, Shein non risponde legalmente in Svizzera per le irregolarità dei propri prodotti. Ciò lascia ai consumatori l’onere dei rischi sanitari e ambientali legati agli acquisti.
L’associazione professionale Handelsverband.swiss chiede una modifica legislativa che renda i venditori esteri responsabili per ciò che spediscono ai clienti svizzeri. Una proposta di legge federale è in preparazione, con l’obiettivo di creare «adattamenti minimi ma efficaci» e garantire condizioni eque anche per i commercianti locali.
Greenpeace, dal canto suo, ha chiesto norme più severe: una legge contro la fast fashion e l’estensione integrale della normativa svizzera sui prodotti chimici anche agli articoli venduti online dall’estero. Se Berna al momento ha evitato di intervenire, la Francia ha deciso di prendere in mano la situazione introducendo disposizioni specifiche, mentre l’Unione Europea ha deciso di porre fine alle esenzioni doganali finora concesse a Shein e Temu.
