Film e tv

Netflix e i concorrenti alzano i prezzi: «Valuteremo un intervento statale»

Di anno in anno gli abbonamenti alle piattaforme streaming pesano sempre più sulle tasche dei consumatori di tutto il mondo, in particolare di quelli svizzeri: aumenti di prezzo giustificati? Ne abbiamo parlato con «Mister Prezzi», Stefan Meierhans
© Shutterstock/Keystone
Giacomo Butti
25.11.2021 06:00

È una TV sempre più costosa, quella Svizzera. Non parliamo del canone, che nel 2021 è sceso da 365 a 335 franchi per tutte le economie domestiche private, ma di ciò che ai canali satellitari fa da contorno: lo streaming. Già, proprio settimana scorsa Netflix (la piattaforma streaming con più iscritti al mondo) ha rivelato il nuovo piano tariffario per il nostro Paese e (sorpresa!) i numeri sulle fatture mensili sono tornati ad aumentare. L’abbonamento standard è passato dai precedenti 16,90 franchi al mese a 18,90 (un incremento dell’11,83%), mentre quello premium è salito da 21,90 a 24,90 (+13,70%). Solo la versione base, che permette di utilizzare Netflix su un solo dispositivo alla volta e in qualità «SD» (qualità inferiore all’HD), mantiene gli stessi costi: 11,90 franchi mensili.

Secondo i dati raccolti a settembre dal sito Comparitech (dati dunque che non tengono conto dei più recenti rincari) la Svizzera risultava già il Paese più costoso dove fare un abbonamento a Netflix. Con un catalogo composto da «soli» 4.392 elementi fra serie TV e film (12% in meno rispetto alla media mondiale), lo svizzero che sottoscrive un abbonamento standard paga mediamente 0,00218 dollari a titolo. Non un granché, direte voi. Ma quasi 4 volte il costo che gli abbonati dell’Argentina, il Paese più conveniente, sono tenuti a sborsare (0,00056 dollari a titolo). Pur con i suoi limiti il «Big Mac Index», indicatore economico inventato nel 1986 dal settimanale britannico «The Economist» e basato sul costo del famoso panino di McDonald’s nei differenti Paesi (3,94 dollari quello argentino, 7,04 quello svizzero), è in grado di darci un’idea della reale differenza di prezzo a parità di potere d’acquisto. Il risultato? Anche a parità di potere d’acquisto la differenza di prezzo è evidente: lo stesso film in Svizzera viene pagato 2,18 volte il valore argentino.

Una simile disparità di costi è tenuta d’occhio dalle autorità confederate? E com’è la situazione sulle altre piattaforme streaming? Ne abbiamo parlato con «Mister Prezzi», Stefan Meierhans.

Mister Prezzi, Stefan Meierhans. / © Keystone
Mister Prezzi, Stefan Meierhans. / © Keystone

«Questo aumento dei prezzi mi spinge ad approfondire la questione», ammette subito Meierhans. «Finora, per quanto riguarda il mercato dell’audiovisivo, ho concentrato la mia attività soprattutto sulle imprese che godono di parte del canone, come SRG SSR. I fornitori privati come Netflix, Blue+, Apple+, Amazon Prime, Canal+, UPC premium plus o Disney+, che sono finanziati dalle entrate degli abbonamenti privati («Pay TV»), non erano al centro delle nostre attenzioni». La situazione, però, si evolve rapidamente: «Abbiamo a che fare con un settore che sta vivendo un forte sviluppo e dove gli attori hanno investito molto per offrire contenuti audiovisivi e conquistare fette di mercato. Sono quindi in primo luogo i consumatori che decidono, attraverso la loro scelta, quali offerte prevarranno, influenzando così i prezzi. In questo settore è dunque la Commissione della concorrenza (COMCO) ad essere chiamata a garantire una concorrenza leale, come del resto ha già fatto con Teleclub Sport (Blue Sport), che è ora disponibile sulle piattaforme concorrenti di Swisscom».

Valuterò la necessità di un intervento statale

«Finora», continua Mister Prezzi, «visto il mercato in cui opera Netflix, non ho ritenuto opportuno aprire un’indagine sui costi delle offerte di pay-TV. Tuttavia, questi aumenti e la differenza tra l’offerta svizzera e quella negli altri Paesi d’Europa, spingono a porsi delle domande». Insomma, una questione da tenere d’occhio: «Valuterò il seguito della questione e chiarirò se l’intervento statale sia o meno opportuno, come dovrebbe essere effettuato e quali ne sarebbero gli effetti».

Un aumento giustificato?

Come già evidenziato, i dati parlano chiaro: per Netflix la Svizzera ha le cifre peggiori del mondo. Come giustificare aumenti di prezzo? «Per quanto ne so», risponde Meierhans, «nel corso di quest’anno la piattaforma ha rivisto al rialzo le proprie tariffe in altri Paesi oltre alla Svizzera, giustificando gli aumenti con la presenza di nuovi e più numerosi contenuti. In effetti, sembra che Netflix abbia aumentato i suoi investimenti nel 2021, al fine di distinguersi dai suoi concorrenti con produzioni originali. Un’offerta svizzera più costosa che all’estero è spesso giustificata dalle aziende con il maggiore potere d’acquisto svizzero e i costi pro capite più elevati, ma questo non è necessariamente vero. Solo un’indagine sui costi può analizzare le ragioni di un prezzo più alto».

E gli altri?

Ma Netflix non è l’unico a pesare sempre più sulle tasche dei consumatori svizzeri: altre piattaforme di streaming hanno applicato strategie simili, ritoccando progressivamente le proprie tariffe. Un esempio? Disney+, che arrivato in Svizzera solo nel marzo del 2020 al prezzo di 9,90 franchi, è già salito a 12,90. «Disney aveva giustificato l’incremento con l’acquisto di un nuovo catalogo di contenuti, ma il prezzo di partenza potrebbe essere stato un’offerta introduttiva», ha commentato Mister Prezzi.

Anche Blue TV Sport (Swisscom) ha visto a inizio 2021 un’impennata dei costi, passati da 19,90 franchi al mese a ben 29,90. Una decisione giustificata nell’aumento dei costi di produzione nella ritrasmissione degli eventi sportivi.

Ancora contenuti, invece, i prezzi di altri giganti come Amazon con il suo Prime Video (9,90 franchi al mese) o Apple con Apple TV+ (ferma ai 6 franchi dal suo lancio alla fine del 2019). In attesa di un possibile intervento statale, è opportuno che gli stessi consumatori stiano attenti agli aumenti di prezzo, navigando tra le piattaforme meno costose e dal catalogo più ricco: l’offerta, per fortuna, non manca.