Ecomonia

Non è che Trump si è dimenticato della Svizzera?

Forse sarebbe meglio così - Mancano appena due giorni al Natale della patria, giorno in cui dovrebbero scattare i dazi USA del 31 per cento sull'export elvetico - Keller Sutter: "Siamo ottimisti"
©Jacquelyn Martin
Red. Online
30.07.2025 08:54

L'accordo commerciale tra Stati Uniti e Ue, all'indomani della stretta di mano in Scozia tra Trump e von der Leyen, presenta ancora diversi punti oscuri e incognite. E un'incognita grande come la Svizzera continua a occupare, intanto, la mappa europea dei nuovi dazi. 

Mancano appena due giorni all'entrata in vigore dei dazi americani (annunciati per il primo di agosto) e sulla Festa nazionale elvetica incombono ancora nubi grigie di incertezza. La minaccia di una tariffa generale del 31 per cento pende ancora su Berna, e dal canto suo la Casa Bianca, impegnata nei giorni scorsi a trattare sul dossier più importante - quello con Bruxelles - non ha accennato in questi giorni a cosa farà nei confronti dei paesi «minori». Trump si è dimenticato della Svizzera?

Dal canto suo la presidente della Confederazione Karin Keller Sutter si è detta ancora una volta «relativamente ottimista» sulle possibilità di trattativa, in un'intervista tramessa questa mattina dalla radio SRF. «Generalmente - ha dichiarato - la decisione finale non è mai completamente definitiva. Si può sempre continuare a negoziare».

In effetti, quello che sta succedendo tra Washington e Bruxelles sembra darle ragione. Berna sta osservando attentamente l'evoluzione delle negoziazioni: e al momento, l'evoluzione è tutt'altro che definita. Il documento diffuso dalla Casa Bianca all'indomani dell'accordo e quello pubblicato dalla Commissione europea sono piuttosto diversi, e riflettono una divergenza di vedute su alcuni punti chiave, come sottolineato dagli osservatori. Ecco quali.

Gli investimenti

La conquista principale portata a casa da Donald Trump è la promessa di investimenti per 600 miliardi di dollari da parte dell'UE nei prossimi quattro anni. Bruxelles la mette diversamente: «Le imprese dell'UE hanno espresso interesse a investire almeno 600 miliardi di dollari (circa 550 miliardi di euro) in vari settori negli Stati Uniti entro il 2029». Come hanno spiegato fonti Ue, si tratta di «un'intenzione» e di una stima, perché Bruxelles non può obbligare i privati a investire.

Acciaio e alluminio

Nella nota dell'Unione europea si sottolinea la volontà di «unire le forze per proteggere i settori dell'acciaio, dell'alluminio e del rame da una concorrenza sleale e distorsiva». Il documento di Bruxelles parla di «contingenti tariffari per le esportazioni dell'UE» che «ridurranno le attuali tariffe del 50 per cento». La nota americana contraddice esplicitamente questo punto: «I dazi settoriali su acciaio, alluminio e rame rimarranno invariati» e l'UE «continuerà a pagare il 50 per cento».  

Equipaggiamenti militari

Anche al capitolo delle spese militari emergono differenze. La nota Usa dice che l'UE «ha accettato di acquistare ingenti quantità di equipaggiamento militare statunitense». I vertici di Bruxelles hanno invece precisato alla stampa che l'approvvigionamento militare non è questione di competenza della Commissione europea, e che l'annuncio di Trump è piuttosto «un'espressione delle aspettative».

Energia

Un altro punto molto importante e controverso riguarda gli accordi sull'acquisto di energia. La cifra uscita dall'incontro in Scozia è di 750 miliardi da versare agli Usa in tre anni (entro il 2028). «Ciò rafforzerà il predominio energetico degli Stati Uniti, ridurrà la dipendenza europea da fonti contrapposte e ridurrà il nostro deficit commerciale con l'Ue».

Anche nella nota di Bruxelles si afferma che «l'Ue intende acquistare prodotti statunitensi di gas naturale liquefatto, petrolio e energia nucleare per un valore atteso di 750 miliardi di dollari (circa 700 miliardi di euro) nei prossimi tre anni. Ciò contribuirà a sostituire il gas e il petrolio russi sul mercato dell'Ue». Gli osservatori però sono molto scettici anche su questo punto, che riguarda - come gli investimenti privati in generale - decisioni che spettano ad aziende europee quotate in Borsa. Il Financial Times, in particolare, ha definito «irrealizzabile» l'impegno europeo, sulla base di stime di analisti che parlano di cifre «campate in aria». 

La lontananza tra Washington e Bruxelles si vede anche nell'atteggiamento generale. Per la Casa Bianca l'accordo del 27 luglio è cosa fatta. L'UE invece parla di «accordo politico giuridicamente non vincolante». 

Per la Svizzera il tempo stringe

Sul fronte svizzero, l'atteggiamento del Consiglio federale sembra per ora conciliante nei confronti di Washington. La decisione è «nelle mani degli Stati Uniti, nelle mani del presidente americano, è lui che deve decidere» ha detto in un'altra intervista diffusa ieri sera dalla RTS Keller Sutter.

Sulla Confederazione pesa la minaccia di un dazio generale del 31 per cento a partire dal primo di agosto, ossia dopodomani. «Spero che troveremo una soluzione insieme», ha dichiarato la ministra delle finanze. La Svizzera è un paese piccolo, ha riconosciuto la ministra delle Finanze. «Abbiamo una certa forza economica, ma non politica. Bisogna ammetterlo e agire di conseguenza».

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