L’Intervista

«Non va sfruttata la solidarietà mostrata dai consumatori»

Nadine Masshardt, presidente della Fondazione per la protezione dei consumatori, su aumento dei prezzi, ricorsi collettivi e dichiarazione dei prodotti alimentari

Aumento dei prezzi, ricorsi collettivi e dichiarazione dei prodotti alimentari sono temi che stanno particolarmente a cuore alla deputata
Nadine Masshardt. 
La socialista bernese è
la nuova presidente della Fondazione svizzero-tedesca per la protezione dei consumatori (SKS), una delle più importanti in Svizzera.

Come è iniziato il suo interesse per la tutela dei consumatori?
«La politica è vita quotidiana, e la vita quotidiana è politica. E questo lo si nota particolarmente bene come consumatori. Uno dei primi temi che mi hanno coinvolta personalmente come consumatrice è stato quello del roaming, quando con il mio primo telefonino sono andata all’estero per poi ricevere una fattura da capogiro. Un altro evento che ha avuto un forte impatto su di me è stato il periodo passato come maestra su un alpeggio. La famiglia di contadini doveva decidere se e come vendere il suo formaggio. Continuare a venderlo a distributori o direttamente ai clienti? Per finire, la vendita diretta si è rivelata la scelta giusta: prezzi migliori per i clienti e più margine per i produttori. E questo mi ha insegnato che a volte vale la pena essere creativi e anche prendere dei rischi».

La guerra in Ucraina rende tutto più caro. I premi di cassa malati sembrano destinati ad aumentare di nuovo sensibilmente. All'anno, secondo l'Unione sindacale svizzera, ogni famiglia dovrà pagare 3.300 franchi in più. Cosa fa l'SKS per aiutare i consumatori?
«Per quanto riguarda l’aumento dei prezzi delle materie prime bisogna evitare di trovarci nella stessa situazione alla quale siamo già giunti dopo altre crisi, durante le quali c’è stato un rincaro che poi non è mai più rientrato. La solidarietà mostrata dai consumatori a seguito della guerra non va sfruttata. Un altro tema sono la decarbonizzazione e la dipendenza dal gas russo. L’SKS è a favore di un sostegno finanziario per la sostituzione dei vecchi impianti di riscaldamento con sistemi ecologici (uno degli elementi in discussione nel quadro del controprogetto indiretto all’Inziativa sui ghiacciai), un investimento che a lungo termine andrebbe a beneficio sia del portafogli di proprietari e locatari sia dell’ambiente. Spendiamo 8 miliardi all’estero in energia fossile. Dovremmo investire questi soldi in Svizzera. Per quanto riguarda l’assicurazione malattia, sostengo l’Iniziativa per premi meno onerosi e auspico che ci sia un controprogetto più ambizioso. Un altro fattore importante sono le prestazioni inutili in medicina. Studi dimostrano che il 30% delle prestazioni mediche non sarebbero necessarie. Una percentuale che trovo scioccante e che non ha solo effetti negativi economici, ma che può avere conseguenze anche sulla salute dei pazienti».

In dicembre, il Consiglio federale ha presentato il messaggio sui ricorsi collettivi, tema che vi sta a cuore. Gli ambienti economici temono che si aprirebbe la porta all'industria del contenzioso internazionale. I maggiori rischi sopportati dalle aziende non potrebbero tradursi in un aumento generale dei prezzi?
«No. I ricorsi collettivi fanno in modo che tutti abbiano accesso alla giustizia. Oggi infatti per i singoli consumatori è impensabile tentare una causa contro una grande impresa. È troppo oneroso ed economicamente rischioso. Il tema ora è in Parlamento. Spero che le Camere, che si sono già espresse a favore dell’introduzione di ricorsi collettivi nel 2014, avanzino, anche perché l’Europa in questo senso è molto più in avanti della Svizzera. Gli Stati UE devono infatti prevedere la possibilità di fare ricorsi collettivi entro la metà del 2023. Nel messaggio del Governo noi non vediamo, come fanno i contrari, il rischio di una americanizzazione del sistema giudiziario. Non capisco quindi il loro scetticismo».

Il Dieselgate ha proprio dimostrato la mancanza della possibilità di fare ricorsi collettivi e la loro necessità

Nell'ambito dello scandalo delle emissioni avete tentato, invano, di presentare un ricorso collettivo per fare in modo che i consumatori lesi ricevessero un risarcimento. Recentemente si è parlato molto dello scandalo Ferrero. Se questo strumento legale dovesse essere introdotto, pensate già a un'azione contro l'impresa italiana?
«Il Dieselgate ha proprio dimostrato la mancanza della possibilità di fare ricorsi collettivi e la loro necessità. Non è possibile che i 6 mila consumatori danneggiati che abbiamo tentato di rappresentare non abbiano nemmeno la possibilità di chiedere giustizia. La domanda sullo scandalo del cioccolato è pertinente. Non posso però fare pronostici, anche perché non è chiaro quanto tempo richiederà l’esame parlamentare del progetto sulla tutela giurisdizionale collettiva».

C'è chi si è sorpreso del fatto che l'SKS si sia potuta permettere un iter giudiziario giunto fino al Tribunale federale. Come siete riusciti a coprire i costi?
«L’SKS crede nella trasparenza. L’organizzazione è finanziata per l’85% dai suoi membri e da donatori. Il restante 15% è finanziato, come succede con ogni organizzazione dedicata alla tutela dei consumatori, dalla Confederazione. Non veniamo in alcun modo sostenuti da partiti, associazioni o imprese. Siamo quindi indipendenti, se è quello che vuole sapere. Per la causa relativa allo scandalo Volkswagen, invece, la SKS si è avvalsa di un finanziamento di terzi. Non saremmo stati in grado di sostenere da soli il rischio dei costi».

Un altro tema forte dell'SKS è il diritto alla riparazione. Ma il consumatore non è un po' responsabile se vengono ancora fatte poche riparazioni? Non dovremmo prima di tutto imparare ad esempio a non acquistare un nuovo telefonino ogni due anni?
«È facile spostare tutta la responsabilità sui consumatori. Sono necessarie norme legali se vogliamo rendere il comportamento della società più sostenibile. In Svizzera è il consumatore che deve ad esempio provare che l’oggetto sia difettoso. In altri Paesi UE, la legge prevede sia il produttore a dover garantire che il prodotto rimanga riparabile per un certo lasso di tempo. Una via che trovo più sensata. Noi ci impegniamo a garantire supporto tramite i nostri caffè riparazione, dove è possibile far riparare oggetti rotti».

 È importante che i consumatori sappiano quando un prodotto è davvero sostenibile, dal punto di vista ecologico e sociale, lungo tutta la filiera

Quali sono i suoi obiettivi per l'SKS?
«Resteremo attivi sui punti chiave. Oltre a quelli sopraccitati, c’è anche la dichiarazione dei prodotti alimentari. A fine marzo la Commissione europea ha comunicato di voler vietare il greenwashing (le dichiarazioni ambientali inattendibili o false, n.d.r). Un esempio è il marchio “Swissmilk green”, contro il quale ci siamo sempre espressi criticamente. È importante che i consumatori sappiano quando un prodotto è davvero sostenibile, dal punto di vista ecologico e sociale, lungo tutta la filiera, dalla produzione fino allo scaffale. Da questo punto di vista è interessante l’ecoscore, così come è stato concepito in Francia (un’etichetta a semaforo simile al nutriscore che ha lo scopo di indicare l’impatto ambientale, n.d.r.)».

Sta preparando un atto parlamentare sull'ecoscore?
«Per ora prevedo di depositare un atto su un altro tema: il diritto di recesso per il commercio online. Molti non sanno che non esiste in Svizzera. Oggi si possono restituire gli acquisti fatti in Rete solo se il negoziante lo permette. Norma non più al passo con i tempi. Ma naturalmente continueremo a lavorare anche su ecoscore».

Un altro tema noto è il food waste (spreco di cibo) e le date di scadenza. Cosa bolle in pentola?
«Tra l’altro, a seguito di un mio postulato in Parlamento stiamo attendendo un rapporto. Il Consiglio federale è stato incaricato di esaminare se la data minima di conservazione delle derrate alimentari può essere sostituita dalla data di scadenza. Quando le famiglie non sprecano il cibo, aiutano il portafoglio e l’ambiente, oltre ad alleviare possibili carenze di approvvigionamento».