Pilatus, quindi, riuscirà a superare la crisi dei dazi?

Ieri, quando i dazi al 39% sono diventati realtà, una domanda fra le altre si è imposta con forza: quali cantoni, in Svizzera, sarebbero stati colpiti maggiormente dal martello tariffario deciso da Donald Trump? Il Nidvaldo, dati alla mano: quasi un franco su due, a livello di esportazioni, è infatti legato al mercato americano (46,5% o, se preferite, 600 milioni di franchi). Un'esposizione verso gli USA monstre dovuta, evidentemente, a Pilatus. Il fiore all'occhiello dell'aeronautica elvetica, da un lato, è il maggior datore di lavoro del cantone e, dall'altro, ha una forte, fortissima presenza in America: i suoi aerei executive e business, per farla breve, sono apprezzatissimi dai clienti oltreoceano.
Il punto, come sottolinea fra gli altri il portale specializzato aeroTELEGRAPH, è che gli stessi clienti – con i dazi entrati in vigore – rischiano ora di pagare di più, molto di più per i prodotti dell'azienda con base a Stans. Pilatus, nell'immediato, ha già preso una contromisura importante: per il momento, non consegnerà più PC-12 e PC-24 negli Stati Uniti, dove l'azienda fra l'altro dispone di uno stabilimento per l’assemblaggio finale (a Broomfield, in Colorado). Il motivo è, appunto, il costo: i dazi al 39% renderanno significativamente più costosi gli aerei elvetici rispetto alla concorrenza americana ed europea. Di qui l'incertezza fra i clienti e, al contempo, lo svantaggio competitivo per Pilatus.
La scorsa primavera, Pilatus aveva già sospeso temporaneamente le consegne negli Stati Uniti a causa della minaccia di un inasprimento dei dazi doganali. Dettaglio: quello americano è il mercato più importante per il produttore. Quasi la metà del fatturato di Pilatus è generato grazie agli USA. In sostanza, quattro PC-12 e PC-24 su dieci, all'anno, vengono spediti oltreoceano. Nel 2023, il PC-12 era addirittura il jet privato più utilizzato nel Paese. Pilatus conta di rifarsi destinando gli aerei originariamente previsti per il mercato americano ad altri Paesi. Nell'attesa, il produttore elvetico intende ampliare la propria capacità produttiva direttamente negli Stati Uniti, grazie a un secondo sito in Florida, attualmente in costruzione. L'idea, beh, è di produrre direttamente i PC-12 e PC-24 destinati agli USA in loco.
La preoccupazione, nel canton Nidvaldo, è tanta. Pilatus, come detto, è il principale datore di lavoro con oltre 3 mila dipendenti. «L’azienda sarà fortemente toccata da dazi doganali così elevati» ha spiegato al Blick Othmar Filliger, consigliere di Stato nidvaldese a capo del Dipartimento di economia. Un’aliquota al 39%, allargando il campo, rappresenta «una barriera commerciale molto elevata» nonché «una sfida enorme» per l’economia del cantone. Non a caso, le autorità hanno già annunciato di poter e voler offrire la misura del lavoro ridotto per venire incontro alle aziende più colpite, fra cui appunto Pilatus. Il costruttore, per contro, in queste ore sta cercando di vedere il bicchiere mezzo pieno: il portafogli degli ordini è consistente. Anche senza gli Stati Uniti, scrive sempre aeroTELEGRAPH, il valore degli ordini si aggira intorno ai due miliardi di franchi. Grazie, poi, ai velivoli per l'addestramento militare delle nostre forze aeree Pilatus ritiene di poter superare questa crisi senza patemi e, soprattutto, senza perdere posti di lavoro e competenze.