Posate la penna, per firmare basterà avere lo smartphone

Firmare un’iniziativa o un referendum in cinque semplici passaggi sarà, forse, possibile in un prossimo futuro. I mezzi tecnici, in realtà, ci sono già: ieri nella sala dei passi perduti di Palazzo federale c’è chi ha potuto provare a firmare un’iniziativa popolare senza una penna, ma con lo smartphone.
Si tratta di un progetto pilota di e-collecting (ovvero la raccolta elettronica di firme), avviato dalla Fondazione per la democrazia diretta, che si basa proprio sulla «versione beta» ufficiale dell’Identità elettronica (ID-e) su cui si voterà domenica 28 settembre. Lo abbiamo testato.
Cinque passaggi
In cinque passaggi si sceglie quale iniziativa (o referendum) si intende sottoscrivere. In seguito, si inserisce l’indirizzo completo, si confermano le informazioni e poi c’è la verifica tramite l’applicazione «swiyu» (quella ufficiale per l’ID-e). Dopo aver confermato la trasmissione dei dati, si riceve una «ricevuta». L’iniziativa (o il referendum) è così sottoscritta. A oggi, non è ancora chiaro quando si potrà iniziare a raccogliere elettronicamente le firme. Tutto dipende anche dall’esito della votazione in programma tra una decina di giorni. Qualcosa, però, si sta già muovendo.
Ieri, il Consiglio nazionale ha infatti approvato l’istituzione di una base legale per le prove di raccolta elettronica delle firme. La revisione della legge federale sui diritti politici - che passa ora agli Stati - permetterà di effettuare dei test di e-collecting per referendum, iniziative popolari e liste dei candidati per le elezioni del Consiglio nazionale. Si tratta del primo passo di un cambiamento di sistema? Sul fronte della raccolta delle firme, si impongono infatti alcune riflessioni.
Nel settembre di un anno fa era scoppiato il caso delle firme falsificate: un’inchiesta di Tamedia aveva rivelato l’esistenza di migliaia di firme false per diverse iniziative popolari. Alcune società avrebbero raccolto sottoscrizioni senza il consenso dei comitati d’iniziativa, proponendone poi la vendita a quest’ultimi. La Cancelleria federale si è attivata per cercare di impedire nuove irregolarità. Ha rafforzato i controlli ed emanato un codice di condotta (dopo aver tenuto quattro tavole rotonde e sporto varie denunce penali a seguito di abusi): le aziende che raccolgono firme devono impegnarsi a rispettare regole di autoregolamentazione. Da novembre 2024, inoltre, è attivo un sistema nazionale di segnalazione che permette a Cantoni e Comuni di comunicare eventuali irregolarità.
In calo le attività sospette
Problema arginato? Solo in parte. I titoli di Tamedia hanno riferito di nuovi abusi che coinvolgono anche il Ticino e la Svizzera romanda. Per tre iniziative popolari («Per la protezione dei Comuni»; «Per la protezione delle foreste» e «Bussola») attualmente in fase di conteggio, la quota di firme non valide sarebbe «particolarmente elevato». In vari casi i problemi riguardano la data di nascita e il luogo di residenza (informazioni che, di fatto, difficilmente si possono sbagliare). Tamedia punta il dito contro alcune persone o società - con legami con l’UDC - incaricate di raccogliere firme dietro compenso.
E il Ticino? Stando a Tamedia, una persona che lavorava per la società zurighese Sammelplatz Schweiz «ha regolarmente compilato a mano intere parti dei fogli delle firme, sempre con la stessa grafia. Nella maggior parte dei casi ometteva gli indirizzi, nonostante fosse previsto un apposito campo», scrive il media zurighese. Nonostante le irregolarità, secondo Tamedia numerosi Comuni ticinesi avrebbero dato il via libera ai formulari firmati con il «timbro» di Sammelplatz Schweiz.
La Cancelleria federale, interrogata dal CdT, spiega che «per motivi di segreto d’ufficio e per tutelare i procedimenti penali in corso, la Cancelleria federale non può esprimersi sui singoli casi». Tuttavia, specifica che le segnalazioni pervenute negli ultimi mesi indicano che «tali attività continuano a verificarsi, ma a un livello molto più basso rispetto allo scorso anno». L’attuazione delle misure (come la segnalazione di attività sospette), inoltre, avviene in stretta collaborazione con i Cantoni e i Comuni, tra cui anche la Cancelleria di Stato del Cantone Ticino.
«La democrazia è stanca»
E la politica? Dallo scorso anno, si sono susseguiti atti parlamentari per cercare di impedire nuove irregolarità. Mercoledì, ad esempio, il Nazionale ha respinto due iniziative parlamentari dei Verdi: una chiedeva di vietare la raccolta di firme remunerata, mentre la seconda mirava a introdurre un obbligo di autorizzazione per la raccolta di firme a titolo professionale.
Per la consigliera nazionale Greta Gysin, presidente della Commissione delle istituzioni politiche, è un’occasione persa. «Penso che un obbligo di autorizzazione per chi raccoglie firme a titolo commerciale sia proprio il minimo che si possa pretendere in questo momento. È da un anno che settimanalmente e mensilmente emergono nuovi scandali, episodi di falsificazioni e gravi problemi legati alla raccolta commerciale di firme», critica l’ecologista ticinese, auspicando regole più severe. Gysin riconosce tuttavia che un divieto di raccogliere firme dietro compenso sia poco attuabile. «Oggi sono pochi i referendum e le iniziative che arrivano al successo senza un pagamento di firme. È un dato di fatto: la democrazia è un po’ stanca», afferma la deputata, aggiungendo che spesso il volontariato non basta. «In Svizzera c’è bisogno di un’autorizzazione per qualsiasi cosa, ma quando si tratta del perno della nostra democrazia diretta non c’è alcun controllo e nessuna garanzia di qualità». E in futuro come ci si muoverà? «La raccolta digitale di firme sarà il futuro, ma ci vorrà tempo: è quindi importante cercare di contrastare gli abusi. E mercoledì si è persa un’occasione. Ma quando si fa della democrazia un business e poi in Parlamento si difendono gli amici che della democrazia fanno un business, siamo veramente di fronte a un grande problema», critica Gysin, lanciando una stoccata all’UDC.