Se contro l’influenza mancherà il vaccino

Guardando al prossimo inverno, abbiamo tutti lo stesso orizzonte, fatto in un senso o nell’altro di incertezze. Il concetto temuto è uno soltanto: l’eventuale seconda ondata di coronavirus. Per rendere più facili le diagnosi, evitare ulteriori dubbi, sarà quindi importante che la maggior parte della popolazione venga sottoposta al normale vaccino antinfluenzale. Ma ce ne sarà per tutti? Da Berna, Patrick Mathys (Gestione delle crisi, UFSP): «Abbiamo circa 1,2 milioni di dosi disponibili». O meglio, di dosi pre-riservate. Ha pure aggiunto che il Consiglio federale sta lavorando in modo che lo stock possa aumentare. Ma la corsa ai vaccini è aperta anche in questo campo. Ne abbiamo parlato con il farmacista cantonale, Giovan Maria Zanini.
Il tentativo di Berna
Va dapprima sottolineata l’importanza di tali vaccini, in particolare questa stagione. Un’importanza che concerne l’identificazione del coronavirus nei mesi tra novembre e marzo. «Chi si vaccina contro l’influenza aiuterà chi deve fare le diagnosi: se mi sono vaccinato, più facilmente - pur senza certezze - i miei sintomi saranno riconducibili al coronavirus. Spingere la vaccinazione sarà allora in effetti più importante che mai. Questo vale, ancor di più, per i soggetti a rischio e per il personale sanitario. Per poter vaccinare molte più persone, be’ non sarà abbastanza la pura volontà, occorre il prodotto». E questo è il punto dolente. Oltre un mese fa, le aziende farmaceutiche hanno chiesto ai vari operatori del settore (ospedali, studi, farmacie) le relative necessità, come da tradizione. Tutti hanno aggiunto qualcosa alle normali richieste. «È stato anche il suggerimento del Cantone: un 5-10% in più del fabbisogno abituale». Una cosa sono le richieste, un’altra la produzione effettiva. «I produttori non possono in effetti rischiare di produrre tanto da poi avere troppo materiale invenduto», spiega Zanini. E qui si torna al ruolo della Confederazione. «Considerando che il vaccino potrebbe non essere sufficiente, la Confederazione sta in effetti tentando di ottenerne di più attraverso contratti alternativi, complementari. L’idea è di avere un milione in più di dosi. Un quantitativo minimo a cui mirare, che forse non arriverà». Lo stesso Mathys ha ammesso le difficoltà incontrate sin qui. «Non siamo gli unici a raccomandare sempre più frequentemente la vaccinazione contro l’influenza», ha detto. Insomma, la corsa è davvero aperta. E molte ipotesi sono sul tavolo, compresa quella di bloccare la vendita all’estero del vaccino. «Ma non si può proibire a qualcuno la vendita di un prodotto senza garantirgli l’assenza di futura merce invenduta», ammette Zanini. La speranza torna verso Berna.
Priorità alle persone a rischio
La trafila di un vaccino è chiara. Dalle aziende internazionali il prodotto - si calcolano in genere i quantitativi venduti l’anno precedente, con le varianti legate alle singole stagioni - arriva all’importatore ufficiale, che poi lo distribuisce ai singoli operatori. Non si passa dall’Ufficio del farmacista cantonale. «Quello che potrebbe passare dal mio ufficio è il supplemento che la Confederazione dovesse riuscire a ottenere. A quel punto starà a noi gestirne l’attribuzione a seconda delle priorità». Zanini aggiunge, sulle aziende farmaceutiche: «Sanno che la richiesta quest’anno aumenterà, ma dovranno decidere comunque se optare per una valutazione prudenziale, attraverso la quale qualcuno potrebbe rimanere senza, o per una abbondanziale, dove rischieranno dell’invenduto». E allora i singoli individui come dovranno muoversi? «Le persone a rischio, che necessitano comunque di quel vaccino, verranno convocate dai propri medici: per loro il vaccino ci sarà. Per gli altri, per chi non era solito vaccinarsi contro l’influenza, potrebbe volerci un po’ più di pazienza: ci saranno delle priorità». Normalmente il vaccino arriva nella seconda metà di ottobre, mentre la campagna viene avviata a inizio novembre. «Quest’anno potremmo anticiparla, sempre che avremo abbastanza vaccino. Non possiamo fare la campagna e poi farci trovare senza vaccino». Cade l’ipotesi dell’obbligo, da qualcuno ventilata qualche settimana fa. «Di sicuro non ne avremo otto milioni».