«Siamo costretti a vivere in una bolla: manca il confronto»

Per capire l’impatto della prolungata mancata affiliazione al programma di ricerca europeo Horizon Europa, ci siamo rivolti a una realtà scientifica estremamente all’avanguardia, il Centro Svizzero di Calcolo Scientifico (CSCS) con sede a Lugano. Qui, fra gigantesche stanze che ospitano supercomputer ad altissime prestazioni, gli effetti negativi dell’assenza di un accordo istituzionale fra la Confederazione e l’Unione Europea si avvertono. «Il CSCS era una realtà molto attiva in diversi progetti europei nell’ambito del programma precedente, chiamato Horizon 2020», premette con una punta di amarezza Maria Grazia Giuffreda, direttrice associata del Centro. «Nel campo del calcolo scientifico, eravamo una forza motrice nei progetti dell’Unione europea». L’esclusione dal nuovo programma ha provocato un’inversione di tendenza. Un ridimensionamento. «Abbiamo perso il ruolo strategico nel nostro contesto geografico», prosegue la direttrice. «Il CSCS in passato ha guidato numerosi progetti importanti per gli sviluppi futuri del cloud computing e di codici scientifici per le moderne e nuove architetture di calcolo. Adesso, a noi non è più permesso essere parte di questi fondamentali progetti di ricerca e sviluppo, nemmeno in qualità di osservatori».
La perdita di competitività
Da rispettata e riconosciuta locomotiva anche all’interno dell’Unione europea, il CSCS non è più presente nei progetti europei come partner paritario. Come rileva ancora Giuffreda, il problema non è tanto economico, perché la Confederazione ha distribuito fondi consistenti per colmare le lacune lasciate dalla mancata affiliazione ai programmi europei. «La perdita grave nel settore è costituita dall’isolamento che ne deriva». Il CSCS continua ad avere progetti di sviluppo in vari campi delle scienze computazionali in collaborazione con i ricercatori svizzeri, sottolinea Giuffreda, «ma abbiamo perso il confronto con quelli che vengono definiti peers, i pari a livello europeo. Certo, possiamo avere uno scambio con singoli ricercatori o centri, perché per lungo tempo abbiamo avuto proficui rapporti di collaborazione. Ovviamente, non è la stessa cosa che avere voce in capitolo all’interno di importanti progetti europei. Essere isolati significa perdere competitività. La Svizzera è piccola: siamo quindi costretti a vivere in una bolla in cui manca il confronto».
Il CSCS continua a sviluppare idee innovative nei vari campi della ricerca computazionale con gli scienziati svizzeri ma, dovendo contare solo sulle proprie forze e sulla collaborazione all’interno della Svizzera o con partner al di fuori dell’UE, manca l’elemento essenziale del confronto continuo e costante con importanti e più naturali collaboratori nell’Unione. «Senza confronto di idee e senza visioni d’insieme viene meno l’essenza della ricerca scientifica», aggiunge ancora la direttrice. «Pur essendo un Centro molto lungimirante, capace di produrre scelte vincenti, a lungo andare l’isolamento rallentarà lo sviluppo e l’innovazione. La ricerca, la scienza, sono fatte di discussioni creative per fare emergere nuove idee, di autocritica, di confronti con i propri pari. È triste che, per ragioni puramente politiche, non si possano più avere discussioni tecniche con gli altri centri e partner dell’Unione Europea».
Oltre al confronto, viene anche a mancare il supporto tecnico. Il CSCS, da quando la Svizzera è stata esclusa dai programmi europei, deve farcela con le sue forze. «Non disponiamo più di un’ampia rete di tecnici o sviluppatori all’interno di progetti europei strutturati, e questo è un problema rilevante», precisa la direttrice del centro. «È una situazione molto frustrante, anche per i nostri partner europei». Verrebbero a mancare progetti, mandati di ricerca. E tutto questo, a cascata, produrebbe altri effetti. I cosiddetti «cervelli», i profili altamente specializzati, potrebbero scegliere di andare altrove. Impoverendo, di riflesso, il rinomato tessuto scientifico ticinese e svizzero. «È esattamente questo il problema attuale della ricerca e delle accademie elvetiche», prosegue Giuffreda. «I ricercatori non possono più affiliarsi ai grandi programmi europei. Programmi estremamente importanti, che comprendono anche borse di studio molto prestigiose».
Due pericoli
Come visto, nel mondo della ricerca la preoccupazione è grande. «Per il CSCS vedo due pericoli», conclude Giuffreda. «La perdita di scambi aperti di personale specializzato con l’UE, e quindi di visibilità nell’area geografica a cui apparteniamo, e la diminuzione della competitività che è alla base del continuo miglioramento e che porta a eccellere tra i pari. La bolla, l’isolamento, provocheranno un rallentamento dell’ innovazione. A lungo termine c’è il rischio di adagiarsi sulle proprie convinzioni, sulle proprie idee, senza più avere il continuo e necessario confronto tecnico-scientifico con i partner e i pari a noi più vicini. Sono certa, però, che le istituzioni svizzere da sempre attente allo sviluppo e al progresso nel campo scientifico e tecnologico, prenderanno consapevolezza della necessità di ridare alla Confederazione il suo ruolo centrale di forza motrice nella scienza e nella tecnologia all’interno dell’Unione europea».
