Trump, ma non solo: ecco perché Andermatt è diventata l'eldorado degli americani

Da inizio anno, Andermatt è sulla bocca di tanti, tantissimi americani. Riformuliamo: secondo il Financial Times, ripreso dal portale Watson, qualcosa come 14 milioni di franchi sono stati investiti, dagli Stati Uniti, per l’acquisto o l’affitto di appartamenti nuovi nella località urana. La cifra, per intenderci, è due volte superiore rispetto al 2024 mentre nel 2023 nessun investitore americano aveva fatto capolino. Roba da matti, già. La SRF, a sua volta, parla di «oltre 1.200 domande da parte di investitori statunitensi concernenti beni immobiliari ad Andermatt». Chiamatelo pure boom. Russell Collins, direttore commerciale di Andermatt Swiss Alps, ha parlato di una curva «a bastone di hockey». Detto in altri termini: la crescita è stata tanto brutale quanto inattesa. «Gli acquirenti sono alla ricerca di investimenti sicuri, in franchi svizzeri». Ma che cosa cercano nel canton Uri, per la precisione? La neve, in primis. Ma anche, se non soprattutto, la stabilità. Quella che negli Stati Uniti, complici le politiche di Donald Trump, sta vieppiù venendo meno. Quantomeno in termini finanziari ed economici, a immagine dei mercati che vanno su e giù.
Lo stesso Financial Times, quale motore per la corsa (o rincorsa) ad Andermatt, ha parlato del clima di incertezza economica e sociale che si respira in America da quando Trump è tornato alla Casa Bianca. I cittadini più abbienti, insomma, si stanno rivolgendo alla Svizzera a mo’ di piano B. Un aspetto, questo, che avevamo già affrontato. Logico, verrebbe da dire. A maggior ragione se pensiamo che il bene rifugio per eccellenza, il franco svizzero, si è rinforzato dell’11% rispetto al dollaro da gennaio a oggi. La stabilità politica della Confederazione, la qualità di vita e l’ottima rete di trasporti, agli occhi degli americani, rappresentano una vera e propria assicurazione anti-apocalisse. Di più, Andermatt assomiglia a un paradiso in terra grazie a una cosiddetta falla giuridica: l’eccezione alla cosiddetta Lex Koller. Una legge che, di norma, limita le acquisizioni immobiliari di cittadini stranieri. Ad Andermatt, tuttavia, Berna ha concesso una deroga fino al 2040. Una manna, per gli americani facoltosi. Anche perché la Lex Weber, deputata a restringere le residenze secondarie al 20% dell’intero parco immobiliare, di rimando non si applicherà fino alla citata scadenza. Di qui l’equazione: Andermatt è fiscalmente rassicurante, giuridicamente accomodante e abbastanza chic.
Se è vero che l’effetto Trump ha dato una spinta importante al fenomeno, la trasformazione della località urana in una sorta di place to be è il frutto di un processo di trasformazione lungo. E, paradossale ma nemmeno troppo, dell’ingresso nel 2022 di un colosso a stelle e strisce, Vail Resorts, nel cui portfolio figurano una quarantina di stazioni sciistiche fra Canada e Stati Uniti: l’azienda si è assicurata il 55% del capitale di Andermatt-Sedrun Sport AG, per un investimento di 149 milioni di franchi. L’obiettivo? Fare di Andermatt la prima base europea del gruppo, con infrastrutture paragonabili a quelle cui sono abituati gli sciatori statunitensi. In questi ultimi anni, non a caso, le vecchie seggiovie sono state modernizzate, i cannoni da neve artificiali potenziati e i ristoranti di montagna hanno ricevuto un nuovo look. Le piste sono ora incluse nell’Epic Pass, il pacchetto multi-resort di Vail, che ha attirato meccanicamente una marea di turisti nordamericani abituati a sciare in Colorado, Whistler o Park City. Sui social network, alcuni influencer americani non esitano a sostenere che sciare in Svizzera sia ancora più economico che in Colorado, come Camille Larmoyeux, un’influencer di viaggi di New York. I turisti americani, ora, arrivano in forze per godersi Andermatt o a Crans Montana. Un posizionamento chiaro, dunque, che inizia a dare i suoi frutti. Ma anche qualche tensione.
Con i suoi hotel di design, i loft vetrati con vista sulle vette, il campo da golf a 18 buche e le gallerie d’arte contemporanea, Andermatt oramai ha ben poco del villaggio di montagna di un tempo. Per alcuni residenti, lo shock è duro da sopportare. Già alla fine del 2023, alcuni commercianti locali erano entusiasti ma anche un po’ preoccupati per l’ingresso di Vail Resorts, che oltre agli impianti ha rivoluzionato anche il tessuto economico portando dall’America i propri negozi di articoli sportivi. Una paura, quella dei residenti, tutto fuorché nuova, ma che in questi mesi sta subendo un’accelerata. Non finisce qui: le ong ambientaliste hanno lanciato l’allarme a proposito della crescente pressione sulle risorse locali, in particolare sull’acqua e sul suolo, con l’espansione dell’innevamento artificiale e delle infrastrutture turistiche. Il rapporto tra attrattiva economica e sostenibilità potrebbe presto rivelarsi sballato.
Di recente, Andermatt è stata teatro di un festival hip-hop, l’High Peak. Con alcuni grandi headliner americani degli anni 2000: Busta Rhymes, Eve, Timbaland e Xzibit. Un evento che ha attirato fan da tutta la Svizzera ma anche dall’estero, Stati Uniti in testa. Così, mentre gli chalet storici lasciano il posto alle residenze di lusso, la domanda sull’identità del luogo si fa sempre più insistente: Andermatt può mantenere il suo status di località tipicamente svizzera e, allo stesso tempo, diventare una vetrina per turisti milionari? Difficile a dirsi. Per molti aspetti, Andermatt si trova nel bel mezzo di una fase di transizione. Un luogo al crocevia di paure – climatiche, politiche o identitarie – ma anche di fantasie e ambizioni che arrivano da fuori. In un mondo sempre più fratturato e diviso, l’idea stessa di un villaggio svizzero, calmo, pulito e sicuro, funge da calamita per i più ricchi. Dando vita a un potenziale paradosso: deturpare il concetto di Swiss Made che gli americani stanno cercando ad Andermatt.