Un «sì» all'iniziativa «200 franchi bastano» costringerebbe la SSR a tagliare 3 mila impieghi

Lo scorso 30 giugno, Susanne Wille ha lanciato «la più grande trasformazione mediatica» nella storia della SSR. Concretamente, da qui al 2029 l'azienda che gestisce il servizio pubblico radiotelevisivo dovrà tagliare circa il 17% del proprio budget. Una vera e propria riorganizzazione che si tradurrà in un risparmio di 270 milioni di franchi e, inevitabilmente, in una serie di soppressioni di impieghi. Una riorganizzazione, parola di Wille, necessaria affinché la SSR mantenga le proprie ambizioni in termini di servizio e qualità. Una riorganizzazione, ancora, figlia della decisione del Consiglio federale di ridurre il canone radiotelevisivo da 335 a 300 franchi per abitazione entro il 2029 e, ancora, dell'iniziativa popolare «200 franchi bastano» che, verosimilmente, verrà sottoposta a votazione nel 2026 e che, appunto, punta addirittura a dimezzare il canone: una minaccia, questa, ben più grave degli attuali tagli annunciati.
Tanto la SSR quanto i suoi sostenitori, da tempo, insistono sulle conseguenze, disastrose, dell'iniziativa. Gilles Marchand, predecessore di Susanne Wille, aveva definito l'iniziativa «un attacco alla Svizzera». E questo perché, qualora passasse, il servizio pubblico radiotelevisivo non sarebbe più in grado di adempiere al proprio mandato. È davvero così? Uno studio commissionato dall'UFCOM, l'Ufficio federale delle comunicazioni, a BAK Economics rivela che se il popolo dovesse dire «sì» all'iniziativa la SSR dovrebbe tagliare oltre 3 mila impieghi, di cui 2.400 a tempo pieno. Per intenderci: al momento l'azienda impiega poco più di 7 mila persone. A darne notizia, in esclusiva, è il Blick.
Il dato, crudo, è solo la punta dell'iceberg: l'iniziativa, infatti, andrebbe a distruggere anche altri posti di lavoro. Quelli, banalmente, di altre aziende che dipendono fortemente dalla SSR. Parliamo, ad esempio, delle aziende di produzione esterne e dei fornitori di servizi informatici. Secondo l'analisi di BAK Economics, i tagli proposti comporterebbero la perdita di altri 2.450 posti di lavoro a tempo pieno nelle aziende che collaborano con la SSR. Detto in altri termini, l'iniziativa potrebbe portare alla disoccupazione di migliaia di persone, anche al di fuori della SRG. In totale, sarebbero a rischio oltre 6.000 posti di lavoro.
Lo studio, leggiamo, è stato realizzato nel 2024, ma non è mai stato oggetto di dibattito pubblico finora. Il portavoce della SSR, Jan Flückiger, ha dichiarato al Blick: «È un'illusione supporre che un'offerta equivalente di servizi di informazione, cultura, intrattenimento e istruzione possa essere finanziata con la metà delle risorse». Quindi, ha avvertito: «In tal caso, la SRG non avrebbe altra scelta che centralizzare massicciamente l'azienda e chiudere la maggior parte delle sue sedi. Questo indebolirebbe le regioni e avrebbe un impatto negativo sulle minoranze linguistiche». Una conclusione, questa, cui è giunto anche il rapporto di BAK Economics. Gli economisti ritengono che una parte significativa dei risparmi deriverà proprio dalla centralizzazione dei servizi. Secondo le loro conclusioni, a soffrire saranno i siti produttivi della Svizzera italiana e francese, che probabilmente saranno pesantemente colpiti da queste misure di ristrutturazione.
Lo studio sottolinea inoltre che l'accettazione dell'iniziativa «200 franchi bastano» violerebbe «molto probabilmente» l'articolo 27 della Legge federale sulla radiotelevisione. L'articolo prevede che i programmi della SSR siano prodotti prevalentemente nelle regioni linguistiche a cui sono destinati. Dato che il Parlamento rispetterà sicuramente questo articolo, molti servizi non potrebbero dunque essere centralizzati. Di conseguenza, i risparmi non potranno essere ottenuti raggruppando le infrastrutture o i team, ma andranno realizzati altrove. Probabilmente, riducendo i contenuti offerti e sacrificando la qualità dei programmi.
Il Consigliere nazionale dell'UDC Thomas Matter, co-iniziatore dell'iniziativa, dal canto suo ha messo in dubbio i risultati dello studio di BAK Economics. «Le cifre indicate per i licenziamenti sono irrealistiche» ha affermato sempre al Blick. A ciò si aggiunge il fatto che la SSR ha aumentato considerevolmente il proprio organico a partire dagli anni Duemila, un aspetto questo in contrasto con altre emittenti pubbliche, come la televisione tedesca, che nello stesso periodo ha ridotto la propria forza lavoro. «La missione della SSR non è quella di assumere il maggior numero di persone possibile, ma di garantire al pubblico un servizio pubblico efficiente, con più muscoli e meno grasso».
Un'opinione condivisa da Martin Candinas, consigliere nazionale del Centro e co-presidente dell'alleanza Pro Medienvielfalt. Detto ciò, pur essendo anch'egli favorevole a una maggiore efficienza della SSR Candinas ritiene irrealistica l'idea di mantenere un'offerta giornalistica di alta qualità con un canone limitato a 200 franchi per abitazione: «È semplicemente irrealistico». A suo avviso, l'iniziativa porterebbe a una logica puramente contabile, con il risultato di un servizio pubblico «amputato».
Il taglio di oltre 750 milioni di franchi svizzeri al budget della SSR non riguarderebbe solo l'azienda stessa, ma l'intera catena di valore come detto. Ne risentirebbero le società di produzione, i fornitori di servizi tecnici, gli operatori culturali e i fornitori. La SSR, in ogni caso, ha già iniziato a ridurre la sua programmazione. Molti programmi sono già scomparsi nella Svizzera tedesca, mentre dal 2027 la SSR non produrrà più l'hockey della National League o le partite di calcio della UEFA. Per quanto drastico sia lo smantellamento già in atto, esso rappresenta solo una piccola anticipazione delle conseguenze dell'iniziativa «200 franchi bastano».