L'intervista

«Tempi maturi per un piano che sia energetico e climatico»

Giovanni Bernasconi è direttore della Divisione dell'ambiente – Già coordinatore del Piano energetico cantonale, si trova oggi confrontato ad alcune incalzanti tematiche
Paolo Galli
27.06.2022 06:00

Giovanni Bernasconi è direttore della DA solo da pochi giorni. Ma lavora in difesa dell’ambiente da sempre. Già coordinatore del Piano energetico cantonale, si trova oggi confrontato ad alcune incalzanti tematiche, a cominciare dai cambiamenti climatici. Un punto a 360 gradi.

Ambiente. Oggi lo sovrapponiamo spesso con il clima, nell’ambito delle discussioni relative al riscaldamento globale. Ambiente però è soprattutto sinonimo di equilibrio. È corretto?
«L’ambiente è un sistema complesso, con il quale non può esistere alcuna relazione soggetto/oggetto, uomo/ambiente. Noi, semplicemente, ne facciamo parte. Il termine tedesco, umwelt, rende meglio l’idea. È tutto ciò che ci circonda. Lavorare per l’ambiente significa quindi lavorare per l’intero sistema, e dunque anche per l’uomo. In un ambiente sano, in un sistema sano, anche l’uomo può vivere in modo sano. E viceversa: in un sistema, ogni interazione genera una risposta. Lavorare sull’ambiente significa, in parole povere, gestire la nostra casa, di cui non siamo gli unici inquilini».

Oggi in Ticino qual è l’approccio all’ambiente?
«In Ticino ho l’impressione che non ci sia ancora una presa di responsabilità tale da portare a un’azione più sostenibile nei confronti dell’ambiente. Abbiamo fatto e stiamo facendo importanti passi in avanti, ma in generale non mi sembra vi sia una mentalità coerentemente sensibile per l’ambiente che ci circonda. Gestiamo le situazioni in funzione dei problemi che di volta in volta sorgono. Tornando indietro nel tempo, alla fine dell’Ottocento, in Ticino non c’erano più boschi, ma poi ci si è resi conto che, senza boschi, si favorivano le frane. E si è intervenuti. Lo stesso con la gestione delle acque, nelle quali eravamo soliti gettare ogni tipo di liquame. E poi con la gestione dei rifiuti negli anni Settanta, con i problemi dell’aria negli anni Ottanta. Oggi ci troviamo confrontati con i mutamenti climatici, che avranno effetti negativi sull’uomo: conseguentemente, il focus è stato spostato sulla politica climatica e su quella energetica. Giusto concentrarsi sui problemi ritenuti prioritari, occorre però sempre tenere presente i possibili effetti, collaterali, dei nostri interventi. L’equilibrio deve rimanere sempre la priorità. E allora è vero, ambiente è sinonimo di equilibrio, in una visione olistica delle cose. E non possiamo permetterci di sbilanciarlo. Sarebbe forse più corretto, piuttosto che di volta in volta cercare soluzioni ai problemi, fare in modo che qualsiasi cosa che decidiamo di fare abbia il minor impatto possibile sull’ambiente, anche se a volte non è facile valutarne o percepirne il genere e la portata».

La prevenzione è uno dei principi cardini della legge sulla protezione dell’ambiente

Agiamo quindi più di cura che non di prevenzione. Ma come fare a cambiare questa dinamica?
«Informazione e sensibilizzazione hanno un ruolo fondamentale. È difficile però cambiare la nostra mentalità, che suggerisce visioni e soluzioni - preferibilmente abbinate a effetti economici - a corto termine, senza valutare le possibili conseguenze sul lungo periodo. Non possiamo fare altro che insistere sulla sensibilizzazione e sull’oggettiva informazione. Se vogliamo è il primo passo della prevenzione, che è uno dei principi cardini della legge sulla protezione dell’ambiente. In questo senso, la prevenzione assume una valenza che va oltre al mero rispetto dei limiti imposti: prevenzione significa agire in modo sostenibile e responsabile verso le generazioni future. E ciò non solo come collettività, ma anche come singoli, con le nostre scelte anche se a prima vista possono sembrare insignificanti. Mi rendo conto che, sul tema della sostenibilità sul lungo periodo, è più facile individuare ciò che è insostenibile, che non ciò che è sostenibile. È più facile riconoscere e sottolineare un comportamento sbagliato che non un comportamento corretto sul lungo termine. Ecco allora che, tanto per iniziare, bisognerebbe abbandonare i comportamenti palesemente insostenibili».

La Divisione dell’ambiente lavora anche sulla previsione dell’ambiente che verrà, e quindi proprio sulla prevenzione. Quanto è difficile rapportarsi alla politica e alla popolazione sulla dimensione futura e globale dell’ambiente?
«Be’, in questo senso la politica climatica è l’esempio più pertinente di queste difficoltà. Agire qui e ora è, secondo me, un dovere etico verso chi ci seguirà. Aspettare che tutti siano d’accordo, che altri facciano il primo passo, non penso sia, appunto, sostenibile. Fare ognuno il massimo che può, senza obblighi, proibizioni e regole, che hanno in ogni caso un cattivo grado di accettanza. E allora non si può che insistere su sensibilizzazione e, soprattutto, incentivi. Questi ultimi, proprio in relazione a quanto detto, sono fondamentali in Ticino. In questo senso occorre un cambio di mentalità: fare delle scelte non solo perché economicamente incentivate o perché ammortizzabili, come un impianto fotovoltaico, ma perché si generano effetti positivi per sé stessi e per gli altri. Posso produrre energia rinnovabile per essere almeno parzialmente indipendente, ma pure per gli altri». In effetti, se tra le strategie più efficaci vi sono gli incentivi, poi non rischia di ridursi sempre tutto a una questione di tornaconto? «C’è sicuramente anche questo aspetto, ma l’importante è il risultato, cioè che si ottenga l’effetto prefissato. L’implementazione del fotovoltaico procede molto bene. Le richieste raddoppiano di anno in anno. Nella situazione attuale, di fronte ai cambiamenti climatici, è importante che sia attuata una politica energetica e climatica che permetta di raggiungere l’obiettivo di una riduzione importante dei consumi e delle emissioni di CO2. E gli incentivi giocano un ruolo determinante. L’atteggiamento mi sembra in ogni caso in evoluzione, rispetto per esempio al 2013, quando presentammo il piano energetico cantonale. C’è maggiore attenzione alle opportunità e alle novità. Gli eventi esterni, siano essi sociopolitici o meteorologici, che fanno paventare una scarsità di energia, valgono più di mille parole: le fonti rinnovabili sono un’alternativa non solo da un punto di vista ambientale, ma anche economico».

Il DT sta valutando nuovi provvedimenti che permettano di accelerare ulteriormente la transizione energetica e di spingere il Ticino verso una definitiva indipendenza dalle fonti fossili, la decarbonizzazione

In Ticino è stato fatto parecchio, tra piani e pacchetti, ma non sarebbe il caso di riunire il tutto in uno strumento unico, una sorta di green deal “alla grigionese”?
«A ben vedere, il piano energetico, seppur adottato nel 2013, è già anche un piano climatico, anche se non prevede provvedimenti di adattamento ai mutamenti climatici. Buona parte di quanto proposto dal green deal grigionese, in Ticino già è in attuazione. Indipendentemente dai piani, è importante avere una gestione unitaria tra dipartimenti e servizi diversi, e ci si arriva attraverso un coordinamento trasversale dei lavori. La politica climatica per esempio non tocca solo il Dipartimento del territorio. Alcuni aspetti riguardano altri dipartimenti. Basti pensare all’agricoltura, al turismo, insomma all’economia. In tutti i casi, è giunto il momento di aggiornare e completare il Piano energetico cantonale, il quale diventerà a tutti gli effetti un piano energetico e climatico. Si tratta di avere un documento di riferimento, una linea d’azione comune per le amministrazioni pubbliche; e penso che anche per la popolazione sia importante. Anche questo fa parte di un lavoro di sensibilizzazione: mostrare la volontà delle istituzioni di fronteggiare problemi reali, problemi che sono da affrontare ora con tutta una serie di provvedimenti. Il Consiglio di Stato ha d’altronde inserito nel proprio programma di legislatura l’obiettivo di una società rinnovabile al 100% entro il 2050. Proprio in quest’ottica, il DT sta valutando nuovi provvedimenti che permettano di accelerare ulteriormente la transizione energetica e di spingere il Ticino verso una definitiva indipendenza dalle fonti fossili, la decarbonizzazione».

Più in generale, quale nuovo direttore della DA, quali sono le sue priorità?
«Nella mia visione delle cose non vi sono temi prioritari, ma sicuramente la decarbonizzazione è un tema che la divisione porterà avanti a pieno regime. Le problematiche sono comunque molteplici. Penso ad aspetti legati ai cambiamenti climatici stessi, come l’approvvigionamento idrico, quest’anno messo sotto pressione, e alla gestione della risorsa acqua in generale. Oppure alla biodiversità, tematica pure trasversale. Credo che ci troveremo ad affrontare sempre più spesso situazioni eccezionali. La divisione dovrà preparare il terreno in modo da facilitarne la gestione». 

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