Tentativi di conciliazione per Casa Dorotea

Casa Dorotea dovrà attendere, ancora. Stiamo parlando del progetto dell’omonima fondazione di costruire accanto alla chiesa di San Nicolao, a Besso, un edificio che ospiti gli spazi per il parroco e appartamenti a pigione accessibile destinati a singoli o famiglie che versano in una situazione di fragilità, persone diversamente abili o anziane. «Un ambiente in cui l’abitare non è anonimo, ma luogo di vita», con incontri della parrocchia e del quartiere. Un progetto che si è scontrato, di nuovo, con un’opposizione.
La domanda di costruzione
Ma andiamo con ordine. Una prima domanda di costruzione era stata presentata nel febbraio 2022 e prevedeva la demolizione della storica villa Liberty che sorge lungo via Angelo Jelmini, accanto alla chiesa, realizzata in base al disegno dell’architetto Americo Marazzi. Quel progetto aveva incontrato due opposizioni: da un privato e dalla Società ticinese per l’Arte e la Natura (STAN) che rivendica il valore storico-culturale della villa, nonostante non sia un bene formalmente tutelato. STAN che in tempi recenti ha peraltro difeso con successo un altro lascito di Marazzi: la città-giardino nel quartiere Montarina a Besso.
La seconda versione
Il Consiglio di fondazione si è quindi chinato sulla possibilità di riconsiderare la decisione di demolire il villino - che si trova sul mappale di proprietà della parrocchia, la quale nell’ultima assemblea di fine novembre ha confermato la concessione di un diritto di superficie di almeno 70 anni alla fondazione Casa Dorotea - in favore di un progetto più sostenibile. A inizio ottobre 2023 è quindi stata presentata una seconda domanda di costruzione che prevede la ristrutturazione dell’edificio esistente e la costruzione di un nuovo «corpo di fabbrica» tra la villa e la chiesa di San Nicolao.
Nel nuovo progetto la disponibilità di spazi edificati è inferiore rispetto alla precedente soluzione. Saranno otto gli appartamenti, anziché 12, e non sono più previsti ambienti particolari per attività. Ma vengono integrate le osservazioni della STAN nell’ottica della «ricerca di un rinnovato ordine armonico tra uomo, casa, chiesa, città e natura». La volontà non è quella di restaurare il villino Marazzi e riportarlo alle sue condizioni originali, ma di ristrutturarlo e ampliarlo. La Società ticinese per l’Arte e la Natura, pur apprezzando la decisione della fondazione Casa Dorotea e consapevole dello scopo sociale dell’idea, ha però presentato nuovamente opposizione.
La facciata contesa
Viene in particolare contestata la volontà di «distruggere la facciata nord-est della storica villa», quella dietro alla chiesa di San Nicolao, «addossandovi il nuovo edificio fino a cancellarla». Per la fondazione si tratta di «un retro», con la relativa espressione formale e anche come tale trattata dallo stesso architetto progettista. «Stiamo discutendo con l’architetto una modifica di progetto che permetta di salvarne almeno le sembianze», spiega il vicepresidente della STAN Benedetto Antonini. Secondo cui una nuova lettura delle Norme di attuazione del piano regolatore (NAPR) - in particolare la possibilità di deroga che il Municipio di Lugano può concedere sulla distanza fra edifici - «apre un’ampia breccia per un progetto migliore di quello visto fino ad ora».
C’è volontà di conciliazione
Insomma, attualmente le bocce sono ferme. Ma da entrambe le parti c’è una dichiarata volontà di dialogo. Fausto Leidi, presidente della fondazione Casa Dorotea, si dice stupito del secondo ricorso, poiché la soluzione progettuale e il posizionamento previsto appaiono come «i più adeguati» con l’obiettivo di rendere gli spazi accessibili a persone con mobilità limitata e permettere la vivibilità dell’antico edificio, inutilizzato da anni. Leidi precisa di avere chiesto un esperimento di conciliazione; attualmente la discussione è portata avanti dagli architetti. «Puntiamo a trovare un accordo e confido che lo raggiungeremo. La cosa fondamentale è che ci sia buonsenso e la soluzione proposta sia percorribile, affinché i lavori possano partire al più presto». L’architetto e urbanista Antonini è dello stesso avviso: «Il discorso è molto costruttivo. Ci recheremo all’Ufficio tecnico per discutere della questione. Cerchiamo di essere costruttivi ma anche realisti, troveremo una soluzione condivisa».