«A quei tempi era un'utopia, oggi è una realtà»

«A quei tempi era un’utopia». Roberto Malacrida è uno di quei bellinzonesi che ha dato tanto alla Città, ma anche al Ticino intero. Quando nel marzo 2012, in una mozione indirizzata al Governo, lui ed altri cinque granconsiglieri (fra i quali l’attuale sindaco della Turrita Mario Branda) parlarono per la prima volta di un campus universitario delle scienze della vita con ogni probabilità non si sarebbero mai immaginati che il sogno potesse diventare realtà. Invece è così, eccome se è così.
Il polo biomedico sorto all’inizio degli anni Duemila si è ulteriormente rafforzato, il nascituro Centro di competenze nell’ambito delle Life sciences è una realtà sulla quale scommettere, il quartiere che si svilupperà a tappe al posto delle Officine FFS un progetto pionieristico che farà scuola a livello svizzero e che forse accoglierà pure i laboratori del Politecnico di Zurigo. E poi c’è quella che potrebbe essere la classica ciliegina sulla torta: l’ospedale universitario, magari da insediare alla Saleggina, dove è previsto il nosocomio regionale che vedrà la luce fra meno di due lustri.
Lo sguardo dalla collina
Già primario di medicina intensiva a Bellinzona e a Lugano, professore di etica negli atenei di Ginevra e di Friborgo nonché dottore responsabile della REGA e della Croce Verde della Turrita, Roberto Malacrida sia allora sia oggi sa di cosa parla. Rispetto a molti colleghi, inoltre, ha un vantaggio: è stato pure un politico, avendo ricoperto la carica di deputato e di municipale. Conosce dunque le esigenze dei dottori, i bisogni dei pazienti e i tempi della cosa pubblica. «Guardi, io abito in collina e scrutando verso il basso ho sempre pensato che il terreno dove è poi stato edificato il nuovo Istituto di ricerca in biomedicina (IRB) potesse essere interessante (in via Francesco Chiesa; n.d.r.) per un simile contenuto e in virtù della prossimità con il Liceo, la Scuola cantonale di Commercio, l’Archivio di Stato e la biblioteca cantonale. Non a caso, proprio a fianco, si sta oggi pensando di realizzare un complesso gemello da destinare all’Istituto oncologico di ricerca (IOR). Quando inoltrammo la mozione, tuttavia, si era ancora lontani dalla situazione attuale. I bellinzonesi avevano comunque dato un segnale chiarissimo, approvando il 19 giugno 2011 con l’89% dei voti la variante di Piano regolatore per la costruzione, su parte dell’ex campo militare, del polo scientifico», esordisce il nostro interlocutore.

Una mentalità da cambiare
L’IRB e lo IOR sono una realtà solida ed affermatasi ben oltre i confini svizzeri. Nella capitale ticinese sono arrivate recentemente delle promettenti start-up (come l’inglese Peptone), mentre quelle che hanno creduto fin dall’inizio nel polo biomedico (pensiamo alla Humabs BioMed, solo per citarne una) hanno ottenuto un successo incredibile. Bellinzona si è fatta un nome nel mondo. Manca solo l’ospedale universitario a questo punto… «Concordo appieno. È un’opportunità da non lasciarsi sfuggire. Adesso occorre la volontà politica di andare in quella direzione. Innanzitutto bisogna capire se si vuole una struttura geograficamente centrale, con tutte le specializzazioni ivi concentrate, oppure un nosocomio multisito. Molto dipende anche dalle abitudini dei ticinesi, che per le cure preferiscono spesso comprensibilmente recarsi nell’ospedale più vicino per non essere troppo lontani da casa. Ma il Ticino non è una metropoli», sottolinea Roberto Malacrida.
Le alternative
La Saleggina potrebbe essere la soluzione ideale? «A mio avviso sì. Ma se l’idea di ospedale universitario dovesse riuscire a prender forma in tempi relativamente brevi, come peraltro auspico, ritengo che dovrebbe essere inizialmente il Civico di Lugano. Se invece le discussioni dovessero andare per le lunghe, ecco che la Saleggina sarebbe inevitabilmente in pole position, essendo un ospedale nuovo di zecca, con apparecchiature all’avanguardia, dotato delle moderne tecnologie e, aspetto da non sottovalutare, in una posizione perfetta, senza eguali in Svizzera», conclude il medico bellinzonese.
Il grande impegno
Disporre, in Ticino, di un ospedale universitario, significherebbe mettersi in rete con le strutture internazionali. Sfruttando in questo modo le sinergie e le collaborazioni che potrebbero prendere forma. Dando nel contempo lustro alle nostre competenze e conoscenze e formando i giovani ad un livello altissimo. «È un po’ quello che dal 2000 facciamo con la Fondazione Sasso Corbaro (di cui Roberto Malacrida è uno dei membri fondatori; n.d.r.), improntata sulla promozione della formazione, della ricerca, della documentazione e della consulenza nell’ambito delle Medical Humanities e dell’etica clinica. L’ospedale universitario è una grande sfida che dobbiamo vincere», rileva il medico.
