Abusi in ambito religioso, «cinque vittime si sono già fatte avanti»

Paura e vergogna. Sono i due sentimenti principali espressi dalle vittime di abusi in ambito religioso. Sentimenti che, nei suoi primi otto mesi di attività, il Gruppo di ascolto delle vittime in ambito religioso (GAVA) ha imparato bene a conoscere. Sono cinque le persone sostenute finora, che hanno vissuto esperienze di abuso in contesti religiosi. «Cinque "casi" già conosciuti, significativi e prescritti», precisa la presidente Myriam Caranzano. «Sono persone che portano dentro questo trauma da anni. Un trauma e un abuso che ti segna per tutta la vita. Non è sorprendente che, in una situazione in cui sanno di essere ascoltate davvero, sentano "ancora" il bisogno di parlarne. Hanno apprezzato di poter esprimersi con noi, di poter raccontare la loro storia anche a due persone che ci sono già passate».
La particolarità di GAVA è, infatti, che nell’associazione sono presenti due persone che offrono un importante ascolto tra pari. Raffaella Raschetti, musicista e organista, abusata quando aveva 10 anni dal parroco (poi condannato) del paese, e Sergio Piasentin, docente SUPSI in pensione. «Parlare con chi ci è passato è molto apprezzato e fa la differenza», aggiunge Caranzano. «Due delle cinque vittime hanno anche chiesto di parlare con il vescovo Alain de Raemy, che si è subito detto disponibile. Una di loro l'abbiamo già accompagnata a quell'importante incontro».
Un'istituzione esterna alla Chiesa
GAVA, lo ricordiamo, si propone come nuovo tassello, neutrale e indipendente, dove professionisti e vittime si mettono a disposizione per dare un prezioso supporto ad altre vittime. Attualmente, tre professionisti con lunga esperienza nell’ascolto di vittime, rispondono alle telefonate. Altre tre persone stanno ultimando la formazione. «Siamo persone che conoscono molto bene la tematica. Aperte a qualunque cosa le vittime vogliano raccontare», precisa la presidente. «Qualcuno ha sperimentato questi abusi sulla propria pelle, altri come me se ne occupano da tanti anni».
L'ascolto
A fare la differenza è proprio l'ascolto attivo. Perché, dicevamo, paura e vergogna sono una costante. «Cerchiamo di seguire le persone nel loro vissuto emotivo e diciamo sempre che qualsiasi cosa sia successa non è mai colpa del bambino», fa notare ancora Myriam Caranzano. «È l'adulto a sbagliare. Già questo consente di fare chiarezza, di posizionare le cose al posto giusto. E, per molte vittime, è una "scoperta". L'abusante è una persona al di sopra di ogni sospetto, pensa di essere al sicuro. E questo porta la vittima a pensare di avere sbagliato da qualche parte. Integra di essere colpevole e pensa che se lo racconta a qualcuno viene giudicato, non creduto, o addirittura accusato». Ecco perché parlarne con persone competenti e con chi ha vissuto un abuso può aiutare. Ma è un percorso che richiede tempo, diversi incontri e svariati «tentativi».
Il sostegno del vescovo de Raemy
«Come Amministratore apostolico della Diocesi di Lugano ringrazio di cuore chi in questa nuova realtà del Ticino, con la dovuta esperienza e consapevolezza, dà la sua totale disponibilità per l’ascolto e la vicinanza alle persone vittime di abuso, per non lasciare nessuno da solo nell’ingiustizia subita o nel silenzio imposto», dice dal canto suo il vescovo Alain de Raemy. «Incoraggio ogni testimonianza che possa contribuire a far conoscere tutta la verità e aiutarci a vivere in questo modo il Vangelo fino in fondo. Non è per niente facile parlare delle proprie ferite. I testimoni e le persone vittime vanno accolti con umanità e accompagnati con professionalità. Proprio come garantisce GAVA».
L'appello: Fatevi avanti»
Ma c’è ancora molto lavoro da fare. A metà agosto ci sarà il processo a don Rolando Leo, l’ex cappellano del Collegio Papio di Ascona. «Ci sono ancora insabbiamenti e troppe vittime non ascoltate per decenni, oltre a una gestione carente delle segnalazioni», aggiunge GAVA. Che lancia l'appello: «Anche in Ticino ci sono diversi collegi, istituti cattolici e colonie parrocchiali. Tutti ambiti potenzialmente delicati. GAVA è pronta ad ascoltare le persone coinvolte in abusi sessuali in contesti religiosi. Abbiamo un numero di telefono per informazioni e per le vittime: 091 210 22 02 (indirizzo e-mail [email protected] e sito www.ascoltogava.ch)».
Un appello al quale si aggiunge il vescovo Alain de Raemy: «Invito tutti coloro che sono state vittime in questo ambito in Ticino a farsi avanti. Ricordo inoltre la decisione dei Vescovi svizzeri: ogni segnalazione di abuso va indirizzata prioritariamente al Servizio per l’aiuto alle vittime di reati (LAV), presente in ogni Cantone; anche le persone attive in questo Servizio lavorano con assoluta indipendenza e riservatezza e sono raggiungibili al numero 0800 866 866 (in italiano) o all’indirizzo mail [email protected]. Tutte le LAV Cantonali della Svizzera sono a disposizione, soprattutto per chi desidera massimo riserbo. La denuncia fatta dalle vittime permetta a chi ha ferito o coperto di assumersi la propria responsabilità per un cammino di giustizia e verità, a beneficio di tutti».
Verso una rete nazionale
La voce delle vittime è «un'importante bussola per la Chiesa», secondo GAVA. La quale si impegna affinché quella voce risuoni fino ai vertici della società. «Alla maggior parte delle vittime non interessano gesti simbolici, come una messa per domandare perdono, tutti chiedono fatti concreti e un cambiamento che vada a scardinare il sistema di copertura sistematica degli abusi». Anche per questo l'associazione sta valutando di creare un gruppo nazionale insieme al Groupe SAPEC (Soutien aux personnes abusées dans une relation d’autorité religieuse) e IG-M!kU («Interessengemeinschaft für Missbrauchsbetroffene im kirchlichen Umfeld»).
«In GAVA troverete qualcuno che vi ascolta davvero e che vi crede», conclude la presidente Myriam Caranzano. «Soprattutto, non c'è giudizio. Ma aiuto».