Aiuta l'amico a sembrare meno ricco

Ha aiutato un amico e non lo ha fatto per tornaconto personale, ma ha comunque agito nell’illegalità. Lui è un 47.enne consulente italiano del Luganese, l’amico - ci torneremo più avanti - un volto noto della Giustizia ticinese impegnato in una causa di separazione con la moglie. Quest’ultimo, nel tentativo di far risultare una disponibilità economica inferiore, coinvolge il conoscente per aiutarlo a ingannare il pretore. Ma l’illecito viene a galla e il consulente viene accusato di ripetuta falsità in documenti e complicità in truffa processuale. Nei suoi confronti la procuratrice Raffaella Rigamonti propone una pena pecuniaria sospesa (120 aliquote da 200 franchi), che il 47.enne contesta. Di qui il processo alle Correzionali.
«Mi sono sbagliato»
I fatti risalgono al periodo tra luglio 2017 e febbraio 2018. Il consulente apre a suo nome un conto postale – sul quale veniva però versato denaro appartenete all’amico – e produce un contratto di noleggio per far sembrare che l’auto del conoscente fosse sua. Una messinscena, secondo l’accusa, attuata per ingannare la donna, facendole credere che il marito versasse in una situazione economica peggiore di quella reale. Addebiti che il 47.enne, difeso dall’avvocata Giuditta Rapelli-Aiolfi, ha respinto, affermando di aver voluto aiutare un amico che conosceva da trent’anni. «Era appena uscito di prigione, non aveva nessuno e viveva dalla madre», ha detto in aula. «Mi diceva che la moglie, con cui aveva dei problemi, gli stava con il fiato sul collo, e non voleva che lei sapesse se gli avanzava qualche spicciolo. Mi ha fatto pena e l’ho aiutato, ma lui mi ha ingannato». Le dichiarazioni rese durante l’interrogatorio della giudice Francesca Verda Chiocchetti hanno però cozzato con quelle rilasciate in fase d’inchiesta, quando l’imputato aveva affermato l’opposto. «All’epoca ero accusato di aver preso parte a una truffa assicurativa e volevo difendermi da quell’addebito. Mi sarò sbagliato», si è giustificato.
L’addentellato «muscoloso»
Il caso è approdato in aula proprio grazie a questa inchiesta, incentrata su una serie di frodi alle assicurazioni e che vedeva coinvolto un nome noto alla cronaca giudiziaria: un 56.enne del Luganese, ex pilota amatoriale, condannato nel 2015 a 3 anni e mezzo nell’ambito del processo «Muscle Car» e nel febbraio del 2020 a due anni per truffe alle assicurazioni (organizzate inscenando finti incidenti) e truffa processuale (in relazione alla suddetta causa di separazione). Al 47.enne gli inquirenti erano arrivati grazie al fatto che i proventi delle truffe erano confluiti proprio sul conto postale da lui aperto, ma l’inchiesta non aveva ravvisato legami con le frodi assicurative, bensì con il tentativo di ingannare la Pretura.
Novanta aliquote
Accuse, queste ultime che, l’imputato ha respinto (con tanto di richiesta di risarcimento da oltre 217 mila franchi), ottenendo ragione solo per quanto riguarda l’addebito di falsità in documenti in relazione al contratto di noleggio. «Era finto, ma non basta a configurare il reato», ha motivato la giudice, che lo ha riconosciuto colpevole per tutti gli altri capi d’imputazione condannandolo a una pena pecuniaria molto inferiore: 90 aliquote da 90 franchi sospese per due anni.