Angelo Trotta: «Il futuro? Ci sono diverse incognite»
Meno 13,3% da una parte, più 15,2% dall’altra. I dati vanno confrontati, soppesati. In sé dicono molto ma non tutto. Quelli sul turismo ticinese indicano tendenze opposte, ma sono parte comunque di una sola realtà. Una realtà condizionata, ça va sans dire, dalla pandemia. Gira tutto attorno a quello, a quella sorta di doping statistico.
Boom a livello svizzero
Riassumiamo quanto emerso dai dati presentati oggi dall’Ufficio federale di statistica per il primo semestre del 2022. Il settore alberghiero svizzero, nel suo complesso - e citiamo il comunicato -, «ha registrato 16,9 milioni di pernottamenti, con un aumento del 47,3% (+5,4 milioni) rispetto allo stesso periodo del 2021. Con un totale di 10 milioni di pernottamenti, la domanda indigena è aumentata dell’8%. La domanda straniera è aumentata in modo straordinario (+212,8%), raggiungendo i 6,9 milioni di pernottamenti». Ancor più in breve: un boom. Ma rispetto a questa esplosione su scala nazionale, stridono i dati ticinesi. E si arriva ai numeri da cui siamo partiti. Il -13,3% corrisponde al calo di pernottamenti nel nostro cantone rispetto allo scorso anno. Il +15,2% però racconta, in tutti i casi, di un importante aumento di pernottamenti rispetto al 2019, il vero anno di riferimento. E allora, eccoci qui, quale dei due dati è da considerare come più significativo?
Lo abbiamo chiesto, tanto per cominciare, a chi vive di turismo. Lorenzo Pianezzi, presidente di Hotelleriesuisse Ticino, conferma: «Già a inizio anno eravamo consapevoli che il 2021 non avrebbe potuto essere il nostro metro di misura. Tutti noi, nella categoria, abbiamo fatto i preventivi sulla base del 2019, prevedendo soltanto un leggero aumento sull’onda lunga del 2021, ma certo non su quei livelli. E rispetto al 2019 siamo comunque nettamente avanti. Il che equivale a una conferma del ritorno di fiamma tra i turisti, specie confederati, e il nostro territorio. Ritorno di fiamma nato nel periodo pandemico. La mia speranza rimane quella di non ritornare sui 2,3-2,4 milioni di pernottamenti, tipici del pre-pandemia, ma visto il grande exploit dei 2,9 milioni dello scorso anno, di ritrovarci, a fine anno, perlomeno a metà strada, attorno ai 2,6 milioni». Pianezzi insiste da tempo ormai sulla necessità di nuovi attrattori. Ribadisce: «Sono anni che non mettiamo in campo niente di nuovo. Dobbiamo sfruttare meglio l’inverno, il nostro clima mite in ogni stagione, con eventi e promozioni. Un esempio? I sentieri collinari sono praticabili anche in novembre. Perché non promuoverli?». E perché non rinnovare anche i format in termini d’accoglienza? «Si può sempre crescere, è vero. Ma il nostro compito è già quello di essere accoglienti. Chi già non lo è, ha sbagliato traiettoria. Possiamo pensare a gift cantonali, a programmi innovativi per i nostri clienti, certo. Ma sarebbe più importante promuovere il territorio tutto».


La destagionalizzazione
Le posizioni di Pianezzi, in questo senso, sono note. Ticino Turismo, per voce del suo direttore, Angelo Trotta, risponde: «Abbiamo già mappato la strategia 2030, i cui assi strategici sono la sostenibilità, la diversificazione dei target, la digitalizzazione, la Città Ticino e appunto la destagionalizzazione. Già da un paio di anni battiamo il chiodo in questo senso, cercando di sensibilizzare gli operatori turistici. Ma si può fare di più anche a livello promozionale, investendo ulteriormente nella stagione più bassa». Trotta fa riferimento a una riunione con i vertici di Svizzera Turismo, nella quale si è parlato anche dei potenziali effetti sul turismo del cambiamento climatico. «Potrà avere un impatto. Alcuni turisti hanno trovato il Ticino troppo caldo». Un paradosso. «Sì, ma ciò potrebbe anche giocare a favore del nostro cantone nei mesi tipicamente più freddi. Qui anche in novembre o in febbraio è possibile andare sui sentieri in MTB, altrove no. E questo potrebbe spingere anche turisti confederati a valutare il Ticino come possibile destinazione anche al di fuori di estate e primavera».
Il ritorno degli stranieri
Tornando ai dati del primo semestre del 2022, il direttore di Ticino Turismo si dice soddisfatto: «Sono dati interessanti, in linea con le previsioni e in crescita con il passare dei mesi. A giugno abbiamo fatto meglio che a maggio, nel paragone con gli scorsi anni, e anche per il mese di luglio gli indicatori sono positivi, più che in giugno. Insomma, un risultato non più eccezionale, ma più che soddisfacente». Rispetto al 2021, si nota subito il -29,3% di domanda indigena. Ma sono cresciuti gli stranieri. Lorenzo Pianezzi sottolinea: «Sono state riaperte le frontiere. Gli svizzeri hanno ripreso a viaggiare all’estero, ma dall’estero hanno di nuovo scelto la Svizzera come meta per le vacanze. Personalmente, ho notato una crescita di turisti dai Paesi nordici. Di nuovo su livelli normali il numero di richieste dai Paesi confinanti, in particolare quindi Italia e Germania». Angelo Trotta conferma: «Per questi sei mesi, il 67% dei turisti accolti erano svizzeri, il 33% stranieri. Insomma, sì, stanno tornando. Rispetto al 2019 sono addirittura cresciuti i turisti da Italia e Germania, ma anche dalla Svizzera. Bene anche gli americani, un target per noi importante. Non abbiamo, al momento, turisti cinesi e naturalmente russi, ma ciò non dipende da noi».
La preoccupazione
Tutto ciò potrà influire sulle strategie future di Ticino Turismo. «Ragioniamo già in ottica 2023, sì. E abbiamo alcuni mercati prioritari in cui investire». Ma, detto questo, ci sono tante incognite. Trotta prosegue: «Condividiamo con Svizzera Turismo alcune preoccupazioni. Ci siamo in effetti confrontati con il direttore, qui a Locarno. E abbiamo riconosciuto, l’uno all’altro, la difficoltà di fare previsioni. Oltre al COVID, si è aggiunta la guerra, e poi di conseguenza la crisi energetica, in più la mancanza di personale qualificato in molti settori, persino il franco forte rispetto all’euro. La Svizzera potrebbe diventare ancor più cara, per gli stranieri. Insomma, siamo un po’ preoccupati».

I margini di crescita sono ancora ampi
Stefano Scagnolari, docente USI e responsabile dell'Osservatorio del Turismo, qual è l’aspetto più significativo dei dati sul nostro cantone?
«L’elemento più significativo è che il dato 2022 si situa al di sopra della media degli ultimi cinque anni pre-pandemia. Considerare solo il 2019, infatti, restituisce un’altra visione puntuale. Se analizziamo la media del periodo 2015-2019, il 2022 fa registrare un +16,6% e testimonia ancor di più non solo l’ottima annata che sta vivendo il settore alberghiero ticinese, ma anche la straordinarietà del dato del 2021».
Fin qui la dinamica era facilmente prevedibile, ma come potrebbe proseguire la tendenza?
«Per capire l’andamento futuro, vale la pena osservare i movimenti internazionali. Il turismo internazionale mostra segni di una forte e costante ripresa dall’impatto della pandemia nonostante le crescenti sfide economiche e geopolitiche. Mantenere monitorato il rapporto fra turisti internazionali e domestici, in un contesto ticinese, nel quale i viaggiatori confederati erano stati così importanti negli anni difficili della pandemia, potrebbe offrire una buona chiave di lettura delle percentuali che sono state menzionate in precedenza».
Il settore alberghiero insiste nel richiedere al Cantone nuove iniziative per attrarre i turisti, anche nel periodo invernale. Quali margini di crescita ha il Ticino?
«Il Ticino ha ampi margini di miglioramento per quanto riguarda non solo la stagione invernale, ma anche la primavera e l’autunno. Quella della stagionalità infatti è una problematica storica che ha chiari effetti negativi sia per quanto riguarda una gestione efficiente delle strutture turistiche, sia per la fornitura di servizi a turisti e residenti. Recentemente la consapevolezza su tale criticità è aumentata a tutti i livelli, incluse ATT ed OTR. Per migliorare, va da sé, che si debba innescare un circolo virtuoso che coinvolga tutti gli attori, riconoscendo che le proposte, o le risposte, non potranno essere le stesse per tutto il territorio».
Il boom riferito al piano nazionale come si spiega?
«Le dinamiche aggregate a livello nazionale sono diverse rispetto a quelle ticinesi perché sono trainate da ciò che accade nelle grandi città come Zurigo, Ginevra, Berna e, in parte, Lucerna. Una destinazione come il Ticino, che offre un turismo a contatto con la natura, era stata premiata dai turisti durante i periodi della pandemia. Oggi, d’altro canto, le destinazioni urbane stanno tornado ad essere attrattive e i visitatori ritornano ad apprezzarle».