«Attingevano ad un pozzo senza fondo: il sogno si è trasformato in un buco»

«Sono stati persi anche dei soldi pubblici e dei posti di lavoro, ma nessuno si è mai scusato». È stato il turno della requisitoria, stamattina, al processo a carico dei cinque ex dirigenti dell’Airlight Energy Manufacturing di Biasca, alla sbarra di fronte alla Corte delle Assise criminali presieduta dal giudice Siro Quadri per il fallimento da 25 milioni di franchi della società attiva nel campo delle energie rinnovabili. Il procuratore pubblico Daniele Galliano ha chiesto pene sospese comprese fra 180 aliquote e 3 anni (di cui solo 6 mesi da espiare) per gli imputati, i quali devono rispondere a vario titolo di amministrazione infedele aggravata, diminuzione dell’attivo in danno dei creditori, favori concessi ai creditori e cattiva gestione. Respingono ogni addebito; e questa sarà ovviamente la linea dei loro difensori durante le arringhe che verranno pronunciate nel pomeriggio. La sentenza nelle prossime settimane.
«Il dissesto finanziario»
L’accusa, nella sua premessa, si è chinata sulle origini dell’Airlight: «Era l’unica società operativa del gruppo, all’interno del quale vi era un continuo flusso di denaro fra la holding, che la deteneva, e l’azienda stessa (fino ad arrivare nel 2015 ad un saldo di 52,6 milioni; n.d.r.). Le due società non hanno mai avuto ricavi. In questi casi bisogna chiedersi, al di là delle considerazioni legate alla tecnologia che non mi competono, fino a quando lo sviluppo è sostenibile? Sono normali così tanti aumenti di capitale (una trentina in otto anni; n.d.r.) per trovare dei finanziamenti per la commercializzazione dell’innovazione? Dipende. In ogni modo non si può parlare di start-up». Il mio rimprovero, ha aggiunto il procuratore pubblico, è solamente di diritto. Ovvero di tracciare un limite, che è quello prescritto dalla legge. «È un caso difficile, forse il più complesso negli ultimi anni in Ticino. Sono state fatte delle operazioni opache quando la società si trovava in una situazione di eccedenza di debiti, di dissesto finanziario», ha rilevato Daniele Galliano.
La cattiva gestione
Il quale ha puntualizzato che a fine dicembre 2015 la holding era sovraindebitata, visto che a bilancio c’erano perdite per 10,2 milioni. Una situazione di «profondo rosso, anzi rossissimo» che, sostiene l’accusa, ai vertici avrebbe dovuto far saltare la classica mosca al naso. In parole povere fungere da monito: «Da quel momento non viene più tenuta la contabilità. Gravissimo. Come si fa, in quelle condizioni, a gestire una società? Le riserve stavano finendo. Nonostante ciò non avviene nessuna presa di coscienza significativa in seno al Consiglio di amministrazione. Non vengono prese delle misure adeguate di risanamento. Gli imputati, per contro, persistono. Ecco perché si tratta di cattiva gestione».
La holding era «un pozzo senza fondo, una macchina mangia soldi. D’altronde già il revisore aveva suonato il campanello d’allarme dicendo, in sostanza, ‘attenti, se si smette di finanziare va tutto a rotoli’. L’azienda è poi andata a gambe all’aria per i cosiddetti prestiti ponte. Ricapitolando: a dicembre 2015 la società era sott’acqua, sommersa dai debiti. Si è però deciso di andare avanti senza prospettive e senza fare nulla. Il sogno si è così trasformato in un buco».
Il debito condonato
Come se non bastasse, c’è anche un’altra fattispecie, ossia il fatto che il debito del direttore venisse condonato come deciso da tre membri del CdA della casa madre nella misura di circa mezzo milione. Incomprensibile per l’accusa, soprattutto alla luce degli importanti problemi di liquidità che hanno poi portato la Pretura del Distretto di Riviera a decretare il fallimento dell’Airlight il 26 agosto 2016. Come è stato materialmente esplicitato questo provvedimento? Mediante il versamento di un bonus di 200 mila franchi nonostante, da contratto, l’eventuale gratifica era solamente discrezionale e volontaria; ed attraverso la retribuzione di una tantum di ulteriori 100 mila franchi, in parte come pagamento per le ferie maturate, malgrado lo stipendio includesse già le vacanze. Infine c’è stata la compensazione di 700 ore lavorative per 175 mila franchi.
Quanto rischiano
Le richieste di pena sono state le seguenti: 180 aliquote per l'ex presidente del CdA; 14 mesi per il direttore; 24 mesi per un membro del CdA; 24 mesi per un altro membro del Consiglio di amministrazione; e, infine, 3 anni (ma solo 6 mesi da espiare) per l'amministratore unico, la cui colpa, secondo l'accusa, è la più grave, essendo stato uno dei sei investitori dell'Airlight.