La crisi

Benzinai ticinesi in ginocchio

A causa della concorrenza d'oltreconfine, una decina di distributori ha già chiuso i battenti e presto potrebbero seguirne altri
Martina Salvini
11.11.2022 06:00

«Con questi volumi non si può sopravvivere». Non nasconde la preoccupazione, Luca Giampietro, amministratore delegato di City Carburoil, di fronte all’ulteriore proroga del taglio delle accise decisa dal Governo italiano. Una misura che rischia di mettere in ginocchio le stazioni di servizio ticinesi, da mesi in profonda sofferenza. «La situazione - sottolinea anche Pietro Lurati, responsabile marketing del gruppo Euro Service - è in costante peggioramento da marzo, quando abbiamo subito il primo shock con l’improvvisa impennata dei prezzi». E i timori di possibili chiusure, si sono nel frattempo già materializzati. «Una decina di stazioni di servizio ha già chiuso», conferma Giampietro. «Noi stessi - aggiunge - abbiamo sospeso l’attività di due pompe di benzina, in attesa - si spera - di tempi migliori».

Perdite consistenti

Le perdite sono ingenti. Addirittura, per la fascia di confine, l’incasso rasenta lo zero. «Nel Mendrisiotto, e in generale in tutta la fascia di confine, il calo del fatturato è attorno al 90%», osserva Giampietro. Ma la crisi si estende anche più a nord. «Il Luganese segna una perdita del 35-40% e nel Sopraceneri arriviamo al -25%». In media, in Ticino la flessione si attesta tra il 50 e il 60%, in un’erosione costante, che dura ormai dalla scorsa primavera. Con il taglio delle accise, prima è sparita la clientela italiana. Poi è stato il turno dei frontalieri, che non fanno più rifornimento qui. Adesso, sempre più spesso, anche i ticinesi si spostano oltreconfine per il pieno. «Le zone di confine sono in ginocchio», racconta Lurati. «Noi abbiamo una stazione di servizio a Ponte Tresa e si lavora poco o nulla, nonostante gli orari siano già stati ridotti e siamo chiusi due giorni a settimana. Ma pure da Manno e Bioggio in giù, ormai, i ticinesi fanno rifornimento in Italia».

Come proseguire?

All’inizio, spiega Giampietro, «pensavamo che l’aiuto statale deciso da Roma sarebbe durato un mese o due, fino alle vacanze estive. Il miraggio che fosse una misura a breve termine ci ha spinto a essere cauti e a non smantellare l’intera organizzazione, in attesa di una ripartenza». Oggi, invece, di fronte alla certezza che la misura in Italia rimarrà in vigore perlomeno fino alla fine dell’anno ma, soprattutto, di fronte all’ipotesi che possa essere estesa fino alla primavera, lo scenario è cambiato. «Alcune stazioni hanno già chiuso e, con tutta probabilità, altre faranno lo stesso». Secondo le stime dell’amministratore delegato di City Carburoil, se nulla dovesse cambiare nei prossimi mesi sono almeno una trentina le pompe di benzina che rischiano di sparire. «I proprietari delle piccole stazioni di servizio stanno cercando di tenere duro. Attingono ai propri risparmi, visto che devono fare i conti con perdite doppie rispetto agli incassi. Ma non so quanto possa durare. A gennaio, temo che molte realtà dovranno fare una seria riflessione sul futuro e valutare se sia possibile proseguire».

A rischio i posti di lavoro

A soffrire, come detto, sono soprattutto le realtà a ridosso del confine, ma l’onda lunga della crisi potrebbe raggiungere anche le stazioni di servizio del resto del cantone. E nel settore si parla già di una riduzione del personale. «Per gestire una stazione di servizio sono necessari almeno 4 o 5 dipendenti, visto che gli orari di apertura sono molto estesi. Come prima misura di risparmio, quindi, è già stato ridotto l’orario di apertura. Se prima si apriva alle 7 e si chiudeva tra le 20 e le 22, oggi i turni si sono accorciati, con un effetto negativo anche sull’occupazione». Finora, gli fa eco Lurati, «abbiamo tenuto botta, non licenziando nessuno. Abbiamo cercato di ampliare l’offerta, diversificandola. Oggi, ad esempio, vendiamo anche i surgelati e abbiamo un ufficio di cambio, in modo da riuscire a tirare avanti e compensare almeno in parte le perdite». Ma se la crisi dovesse persistere, secondo Lurati buona parte delle stazioni di benzina dovrà ridurre il numero dei dipendenti, «visto che è l’unica voce di spesa su cui è possibile intervenire».

L’appello a Berna

Il settore, quindi, torna a chiedere l’aiuto di Berna, dopo che i precedenti appelli erano caduti nel vuoto. «Un intervento della Confederazione è necessario per salvaguardare l’economia ma, soprattutto, i posti di lavoro», dice Lurati. Ad esempio, prosegue, «si potrebbe tagliare l’imposta sugli oli minerali, oppure ridurre la tassa sul CO2. Ma un primo passo potrebbe anche essere eliminare l’IVA dalle tasse, calcolandola solo sul prodotto, per avere uno sconto sul carburante di 8-9 centesimi». Secondo Lurati, infatti, «se difficilmente riusciremo a recuperare i pendolari del pieno, perlomeno dobbiamo riguadagnare il mercato interno, trattenendo i ticinesi». Una posizione ribadita anche da Giampietro, che aggiunge un altro punto di riflessione: «La Confederazione è il primo beneficiario della vendita di benzina. Nel 2021, ad esempio, in Ticino sono stati venduti 360 milioni di litri di carburante, mentre quest’anno chiuderemo forse attorno ai 170-180 milioni. Circa la metà». Di riflesso, alla Confederazione andranno a mancare svariate decine di milioni. «Tagliando i dazi, invece, potremmo recuperare i volumi di carburante venduto. E questo genererebbe entrate più sostanziose per le casse della Confederazione».

Con il pieno in Italia si risparmiano oltre 10 franchi

Lo scorso marzo, con il «decreto energia», il Governo guidato da Mario Draghi aveva introdotto il taglio delle accise sul carburante. In primavera, infatti, per un litro di verde nella Penisola si era arrivati a pagare oltre 2,20 euro. Di qui la decisione dell’Esecutivo italiano, voluta per contenere l’esplosione dei prezzi. La misura, dopo il primo via libera, è stata nel frattempo prorogata fino al 31 dicembre. Così, se i benzinai oltreconfine tirano un sospiro di sollievo, le stazioni di servizio ticinesi sono ancora più in difficoltà. «Oggi la differenza di prezzo a cavallo del confine si mantiene sostanzialmente sui 30 centesimi al litro», dice Luca Giampietro, amministratore delegato di City Carburoil. «La benzina in Italia è venduta a 1,60-1,65 euro al litro, mentre da noi è attorno all’1,90», spiega dal canto suo Pietro Lurati, responsabile marketing del gruppo Euro Service. «Facendo due calcoli, insomma, su un pieno medio di 50 litri per un’auto diesel, in Italia un ticinese risparmia 15 euro. Il risparmio per un veicolo a benzina su un pieno da 50 litri, invece, è di 12 euro». A pesare sul settore, inoltre, è la forza del franco. «Fare rifornimento in Italia diventa ancora più attrattivo e ci svantaggia ulteriormente in una situazione già molto complicata», conclude Giampietro.