Campione è in ginocchio

Anziani sul lastrico e famiglie senza corrente – Tutto il paese soffre, e in molti vogliono ora diventare Svizzera
Paolo Gianinazzi
04.12.2018 06:00

CAMPIONE D'ITALIA - Arriviamo a Campione verso le 11 del mattino. Entriamo in un caffè e ci presentiamo come giornalisti e spieghiamo ai presenti (l’oste e due clienti) che vogliamo realizzare un servizio su come vive la gente dell’enclave questo momento difficile. Non facciamo in tempo a finire la frase che uno di loro punta il dito verso la finestra e indica una casa distante pochi metri. "Ecco come si vive a Campione. Quello è il furgoncino dell’Enel ed è venuto a tagliare la corrente a quel povero disgraziato che non ha più i soldi per pagare la bolletta. Questa è oggi Campione. Famiglie senza elettricità, anziani che non hanno nemmeno più da mangiare perché non ricevono più l’integrazione dal Comune e che devono sopravvivere con la pensione italiana da 400 o 500 euro al mese".Campione d’Italia è a terra. La scuola dell’infanzia è chiusa. La mensa scolastica pure. Fino a pochi giorni fa non c’erano neanche più i bus per portare gli studenti a Como. La chiusura del casinò e il commissariamento del Comune rischiano di trasformare l’enclave in una "ghost town". Da due mesi, ogni giorno, i dipendenti della casa da gioco si radunano in un "presidio permanente" in piazza Roma. Cinquanta, sessanta o settanta persone (supportate dai sindacati) che si fanno forza a vicenda sperando che da Roma prima o poi arrivi l’ordine di riaprire il casinò e "far tornare tutto (quasi) come prima". E al presidio la rabbia è tanta. Il tono delle voci dei presenti si alza appena si tira in ballo la politica, e c’è un profondo sentimento di abbandono. In molti guardano dall’altra parte del lago (in direzione di Lugano) e ci dicono che sì, forse è giunta l’ora di diventare Svizzera. "Sono sempre stato un fiero campionese - ci spiega uno di loro - e quando ero più giovane ero tra quelli che assolutamente non voleva neppure andarci in Svizzera. Ma la verità è che l’Italia ci ha abbandonati. Lo Stato italiano non solo non ci ha dato alcun sostegno, ma ha addirittura fatto la guerra a Campione chiudendo il casinò, che è l’unica fonte di reddito del borgo. Stanno uccidendo Campione e ora la situazione è, senza voler esagerare, da Terzo mondo. L’unico gesto di solidarietà ci è arrivato dalla Svizzera, che continua a fornirci diversi servizi (per esempio i pompieri e la raccolta dei rifiuti, n.d.r.) pur sapendo che non potremo pagare. E allora, se lo Stato non mi difende e si ricorda di me solo quando pago le tasse, perché dovrei voler essere italiano? Sì. Ho cambiato idea. Ora come ora vorrei che Campione diventasse Svizzera".

Sono sempre stato un fiero campionese e quando ero più giovane ero tra quelli che assolutamente non voleva neppure andarci in Svizzera. Ma la verità è che l’Italia ci ha abbandonati. Lo Stato italiano non solo non ci ha dato alcun sostegno, ma ha addirittura fatto la guerra a Campione chiudendo il casinò

Ma in Italia diversi politici hanno già detto che, assolutamente, Campione non si tocca. Che Campione è e resterà Italia, che gli svizzeri devono stare al loro posto. "È troppo facile - interviene un altro dipendente del casinò - per i politici dire "Campione è Italia e la Svizzera se ne stia zitta". Se davvero è così che vengano ad aiutarci. E invece niente. Per decenni abbiamo versato milioni e milioni nelle casse dello Stato. Campione ha fatto la fortuna di Roma, di Como, di Varese e anche di Lecco. E oggi nessuno muove un dito per noi. Siamo andati a manifestare a Como e i comaschi ci hanno insultato dicendoci di tornare a lavorare. Ci mostravano il dito medio dalle finestre e uno di loro ci ha detto di tornarcene in Svizzera o avrebbe messo una bomba nel nostro corteo. Questa è la solidarietà che riceviamo da quelli che dovrebbero essere i nostri compatrioti". "In Italia - ci spiega un altro dipendenente subentrando nella discussione - sono tutti convinti che viviamo da nababbi. Ma sono storie. Io guadagno 2.200 franchi al mese dopo 15 anni di lavoro al casinò. È la classe di stipendio più bassa. Ditemi voi, dovendo vivere in un sistema che economicamente è Svizzera e in cui i costi della vita sono praticamente gli stessi, se è tanto. Mia madre, che ha più di 80 anni, prende ora una pensione di soli 500 euro al mese e solo l’affitto le costa 1.100 franchi. La differenza ce la metto io, che da due mesi non prendo paga". "Sempre più spesso qui al presidio - ci spiega un altro campionese - ci ritroviamo a dover distribuire pasti agli anziani perché non hanno soldi per mangiare". "Io sopravvivo - sottolinea un altro - solo erodendo i risparmi di una vita. Ma per quanto riuscirò ad andare avanti? E poi c’è un altro problema. Il tempo passa e iniziano a manifestarsi screzi tra i lavoratori.

Ci mostravano il dito medio dalle finestre e uno di loro ci ha detto di tornarcene in Svizzera o avrebbe messo una bomba nel nostro corteo

C’è per esempio chi se la prende con coloro che sono a beneficio della disoccupazione svizzera, accusati di essere dei privilegiati". Come detto, la proposta di annettere Campione d’Italia alla Svizzera (che il consigliere federale Ignazio Cassis ha definito "immaginabile" rispondendo a un’interrogazione di Marco Romano) trova molti consensi. Fino a un anno fa un’idea del genere sarebbe stata letta dalla stragrande maggioranza dei campionesi come pura follia. Una proposta quasi offensiva. Ma il vento è cambiato e praticamente tutti coloro con cui abbiamo parlato ci hanno detto, a questo punto, di essere d’accordo. "La verità - ci spiega uno di loro - è che non siamo né carne né pesce. Non siamo né italiani né svizzeri. Siamo campionesi". "Io però - lo interrompe una sindacalista - mi sento anche luganese. Sono nata a Campione ma ho poi studiato a Lugano e anche lavorato in città prima di tornare. Dunque sono anche svizzera". "Io - ribatte un altro - sono nato a Lugano, come quasi tutti i campionesi. Mi sento ticinese visto che con Como, oltretutto, non ho neppure dei collegamenti diretti". Un’ambivalenza (e un’ambiguità) che andava bene quando i soldi c’erano - l’esistenza stessa del casinò nell’enclave è dovuta al fatto di essere "un pezzo d’Italia non in Italia" - ma che ora inizia a diventare un fastidio. "È il momento - ci spiega il titolare di un bar - di decidere se essere Svizzera o Italia. È una discussione profonda da fare e solo noi campionesi sappiamo cosa significa vivere in questa situazione. Viviamo in una sorta di limbo tra due sistemi, due sistemi sanitari per esempio. Oggi le ambulanze arrivano da Lugano, ma che succederebbe se dovesse saltare l’accordo? Dovremmo aspettare quelle in arrivo da Como? E poi ci sono cose che possono sembrare secondarie, ma che nella vita di tutti i giorni in realtà non lo sono. Io come ristoratore compro tutti i prodotti in Ticino, ma devo sottostare alle Leggi italiane o alle normative europee, che spesso sono diverse. A Campione abbiamo tutti le prese elettriche elvetiche, ma recentemente ci hanno imposto di montare dei salvavita italiani. E così abbiamo la presa svizzera, il salvavita italiano e poi ancora un adattatore svizzero. Credo che così tra l’altro sia più pericoloso di prima. E io pago sia il canone Rai che la Billag". Il bar, ci viene spiegato, è oltretutto stato aperto da poche settimane: nel pieno della crisi. Non certo una tempistica perfetta. "Anche questo è un altro aspetto. Avevo progettato l’apertura ben prima che il casinò chiudesse e l’inaugurazione era prevista per il mese di giugno. Ma la burocrazia ha fatto slittare tutto fino a settembre. Sì, non è certo un buon momento ma, fortunatamente, me la cavo".Ma non tutti, appunto, a Campione se la cavano. Ci voltiamo verso l’operaio comunale che da 8 mesi non riceve lo stipendio. Perché, gli chiediamo, presentarsi comunque al lavoro? "Perché voglio bene al mio paese. Perché qualcuno deve intervenire se c’è uno smottamento o se inizia a nevicare. L’altro giorno si è rotta una condotta. Mica potevamo lasciare le famiglie senza acqua".

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