Casse malati, un rebus nelle mani del Governo

Non si può certo dire che i volti degli iniziativisti, così come quello del presidente del Governo, fossero particolarmente sorridenti oggi pomeriggio fuori da Palazzo delle Orsoline al termine dei primi colloqui dedicati all’implementazione delle iniziative popolari sui premi di cassa malati approvate il 28 settembre dal popolo.
Le posizioni delle parti, come d’altronde è ovvio che sia in un primo «round» di negoziati, non si sono mosse di un millimetro rispetto agli scorsi giorni. Entrambi i fronti chiedono la messa in vigore «il prima possibile» dei rispettivi testi votati dai cittadini. Ed entrambi i fronti sono consapevoli che trovare i soldi non è un’impresa scontata. Così come entrambi i fronti restano su posizioni diametralmente opposte: la Lega chiede tagli alla spesa per finanziare la sua iniziativa, mentre il PS propone aumenti d’entrate fiscali. Al centro, tra i due fronti, c’è il Governo. Un Esecutivo che, almeno per il momento, sembra fungere più che altro da «arbitro». Un direttore di gara che si è limitato ad ascoltare le posizioni delle rispettive squadre, senza immischiarsi nel «gioco». Il Consiglio di Stato si prenderà infatti ora qualche settimana per consolidare la sua posizione. E poi allargherà la consultazione a tutti gli altri attori, dai partiti ai sindacati e alle associazioni economiche. Come dire: per avere qualche indicazione in più su come sarà trovata la famosa quadratura del cerchio, bisognerà attendere. Ma per il momento una cosa è certa: trovare quella quadratura sarà certamente impresa ardua, una corsa in salita.
Gli strumenti ci sono
I primi a presentarsi in Piazza Governo dopo l’incontro, poco dopo le 14.30, sono stati i leghisti Daniele Piccaluga, Boris Bignasca e Gianmaria Frapolli. Quest’ultimo, nel rispondere alle domande dei media, non ha nascosto una certa delusione per il primo incontro. «Sicuramente è stata una discussione che non ha portato dei frutti», ha esordito. «Noi abbiamo continuato a mettere sul tavolo le nostre prerogative». Una su tutte: «Il fatto che questo paese non deve avere aumenti d’imposte». E che quindi «bisogna agire sulla spesa pubblica». Una linea che, ha ricordato Frapolli, la Lega ribadisce «da diversi mesi». Anche sul fronte delle tempistiche il leghista è stato chiaro: «Abbiamo già chiesto che la nostra iniziativa sia applicata il prima possibile, a partire dall’anno prossimo». Per via Monte Boglia, detto altrimenti, «è il momento di agire» e «non si possono aspettare due o tre anni per applicare» la proposta. Riguardo al finanziamento dell’iniziativa la Lega ha quindi rimesso sul tavolo le 40 misure di risparmio presentate negli scorsi mesi e che, nello stesso Preventivo 2026, sono state essenzialmente già cassate dal Governo. Ma, a questo proposito, via Monte Boglia non ha intenzione di cedere. Anzi. E concretamente chiede che il Governo ne applichi almeno una parte. Senza dimenticare l’iniziativa popolare per ridurre il numero dei dipendenti pubblici. Come dire: gli strumenti per ridurre la spesa ci sono, vanno solo implementati. Anche perché, ha spiegato Frapolli, «bisogna agire. E agire vuol dire anche saper comunicare che occorre fare sacrifici». Sull’ipotesi di un eventuale aumento delle entrate, la Lega si è detta più e più volte contraria. Tuttavia, oggi non ha comunque completamente chiuso la porta. Anche se, ha infine evidenziato Frapolli, una cosa è certa: «Non vogliamo discutere di entrate prima che sia fatto l’esercizio sulle uscite». Insomma: prima il Governo faccia i compiti tagliando la spesa, e poi se ne riparlerà.
Ora spetta anche agli altri
Circa un’ora più tardi, a presentarsi davanti a Palazzo delle Orsoline sono stati anche i socialisti Fabrizio Sirica, Ivo Durisch e Laura Riget. I quali, però, hanno preferito non dilungarsi nel riportare dell’incontro con il Governo. Affidandosi a una breve dichiarazione della co-presidente: «L’incontro è andato bene – ha affermato –. Abbiamo ribadito che è per noi importante un’implementazione rapida dell’iniziativa». E questo perché mentre «i premi di cassa malati stanno esplodendo e le persone non ce la fanno più, non si può rimandare l’attuazione» della proposta. «Per tutto il resto – ha chiosato Riget – pensiamo che i negoziati vadano fatti al tavolo, guardandosi in faccia, e non sui media». Segno che, come affermato più volte negli scorsi giorni, i socialisti sono sì pronti a dialogare, ma non a tutti i costi. Non a caso, qualche ora più tardi la stessa Riget – pur nuovamente senza entrare nei dettagli – ha aggiunto qualche elemento di riflessione davanti al Comitato cantonale del partito, tenutosi come di consueto alla Casa del popolo. «Una battaglia storica l’abbiamo già vinta (n.d.r. il voto del 28 settembre), ma ora abbiamo di fronte la prossima battaglia: l’implementazione dell’iniziativa, che dovrebbe essere una formalità. E, invece, ci si prospetta davanti una strada difficile e in salita». Riget ha quindi voluto lanciare un messaggio agli altri partiti e al Governo: «Abbiamo ribadito la nostra disponibilità al dialogo. E siamo consapevoli, come partito di Governo, della situazione estremamente difficile delle finanze cantonali. Ma attenti al tentativo semplicistico di dare la colpa di questa situazione alla nostra iniziativa». Se le cose vanno male, ha affermato Riget, è per colpa «dei 200 milioni di sgravi fiscali fatti negli ultimi anni» che hanno favorito «le grandi aziende e le persone benestanti». Da questo punto di vista, l’appello della co-presidente è stato chiaro: «Occorre un cambio di passo». E, tornando al tema dell’implementazione dell’iniziativa, Riget ha infine lanciato un ultimo monito: «Come iniziativisti la nostra partita l’abbiamo giocata. E l’abbiamo vinta. Oggi abbiamo incontrato il Governo. Ma adesso tocca a quest’ultimo presentare una proposta e poi toccherà agli altri partiti in Gran Consiglio – perché quello sarà il vero scoglio da superare – dimostrare di essere veramente disposti al dialogo e al compromesso. Noi ci siamo, aperti al dialogo, ma non a tutti i costi. Ora tocca anche agli altri».
Un cortocircuito
Tornando al pomeriggio, l’ultimo a presentarsi davanti ai media in Piazza Governo è stato il consigliere di Stato Norman Gobbi. «È iniziato il primo giro di dialogo con gli iniziativisti che ha permesso loro di esplicitare i punti ai quali tengono». Ovvero, i loro paletti rossi. L’obiettivo del Governo in questo frangente, ha d’altronde chiarito Gobbi, era proprio quello di ascoltare. «Abbiamo condiviso con loro l’obiettivo di implementare le iniziative», ha spiegato Gobbi, ma tenendo conto di due aspetti: le posizioni «molto distanti» tra gli iniziativisti e la necessità di trovare le garanzie finanziarie per implementare le due misure. Detto diversamente: implementarle «il prima possibile» significa anche trovare i soldi per farlo. Ad ogni modo, ora «il Consiglio di Stato, dopo questo primo giro di colloqui, consoliderà la propria posizione e poi coinvolgerà altri partner nell’ottica di avere un processo partecipativo». Anche perché, ha sottolineato il consigliere di Stato, «una soluzione condivisa ha maggiori possibilità di riuscita».
A questo punto, va però detto, restano ancora diversi nodi da sciogliere. Uno, ad esempio, riguarda l’inscindibilità (o meno) delle due proposte. Saranno presentati due messaggi o uno solo? «È uno di quegli elementi ancora da chiarire», ha risposto Gobbi, proprio «perché un’iniziativa chiede di ridurre le entrate, l’altra chiede una maggiore erogazione di aiuti». E ciò, dal punto di vista finanziario, rappresenta «un cortocircuito» di non facile soluzione.
Sia come sia, ha ribadito Gobbi, per trovare la famosa quadratura del cerchio sarà necessario intervenire sia sul fronte delle entrate sia su quello delle uscite. «Sarà difficile trovare la quadratura? Sicuro. Vogliamo trovarla? Certamente. Ma lo faremo assieme, coinvolgendo tutte le parti necessarie», ha chiosato il presidente del Governo.

