Politica

C’è fermento nei Comuni ticinesi sulla riforma fiscale cantonale

Dopo il voto in Gran Consiglio, alcuni enti locali valutano l’ipotesi di sostenere il lancio di un referendum contro le modifiche alla legge tributaria – In molti attendono dati più certi sull’impatto concreto che tali misure avranno sulle finanze – La preoccupazione per il futuro, però, è condivisa da più parti
© CdT / Gabriele Putzu
Paolo Gianinazzi
13.12.2023 20:45

C’è parecchio fermento (e in alcuni casi pure malcontento) in diversi Comuni ticinesi per l’impatto che la riforma fiscale approvata martedì in Gran Consiglio potrebbe avere sulle loro finanze. E l’ipotesi di lanciare un referendum (possibile anche con il voto di un quinto dei Comuni) non è da escludere. Come noto, venerdì il fronte progressista (con PS e Verdi in testa) lancerà ufficialmente la raccolta firme contro le modifiche alla legge tributaria. Ma è chiaro che, se anche i Comuni dovessero muoversi in questa direzione, il loro peso sul voto popolare potrebbe essere a dir poco rilevante.

Ora, va detto, per lanciare un referendum di questo tipo occorre il voto di almeno una ventina di Comuni. La competenza, in questo campo, è dei legislativi, ma in alcuni casi la delega è stata affidata ai Municipi. Occorrerebbe, in altre parole, far votare entro 60 giorni almeno 21 Consigli comunali o Municipi sul tema. L’iter istituzionale, anche solo dal punto di vista organizzativo e delle tempistiche, potrebbe dunque essere complesso. Al momento l’unica richiesta ufficiale in tal senso è giunta a Bellinzona, da parte dell’MPS.

Ad ogni modo, come si diceva, il malcontento in diversi Comuni potrebbe farsi largo. Non a caso, anche in casa PS si sta ragionando sull’opportunità di muoversi a livello comunale, inoltrando gli atti parlamentari nei Consigli comunali. «Sì, se ne sta parlando», risponde da noi contattato Fabrizio Sirica, co-presidente del PS. «Anche perché molti consiglieri comunali, anche dei partiti borghesi, sono contrari alla riforma per via delle ripercussioni finanziarie che avrà sui Comuni». Come PS, aggiunge Sirica, «non siamo certo contrari a questo genere di iniziative, che in ogni caso non andrebbero a sovrapporsi al referendum per il quale raccoglieremo le firme, ma sarebbero complementari, parallele». E in ogni caso, chiosa il co-presidente socialista, «per noi la priorità è un’altra: a prescindere da cosa faranno i Comuni, noi raccoglieremo le firme perché ci opponiamo a questa politica fiscale fatta di sgravi e tagli. Un circolo vizioso che noi vogliamo interrompere».

Da Chiasso a Locarno

Torniamo però ai diretti interessati. I Comuni. Tra i più critici, in questa fase, troviamo sicuramente Locarno. Non è un caso, probabilmente, che l’unico deputato del PLR ad aver bocciato la riforma, martedì in Parlamento, sia stato il municipale Nicola Pini. E anche il vice-sindaco, Giuseppe Cotti (il Centro), da noi contattato si dice tendenzialmente favorevole al lancio di un referendum. «Valuteremo l’ipotesi del referendum. È una decisione che va ben ponderata e approfondita, anche con l’Associazione dei comuni ticinesi (ACT) e con i principali centri». «Dal mio punto di vista – prosegue Cotti – ovviamente non andremmo in questa direzione in solitaria. Ma qualora ci fosse un consenso ampio con altri Comuni, secondo me questa via andrebbe seguita». Ma, chiosa il vicesindaco, «parlo a titolo personale, poiché in Municipio non ne abbiamo ancora discusso. Sicuramente lo faremo nella prossima riunione, prevista martedì».

A non escludere a priori l’ipotesi referendum c’è pure il sindaco di Chiasso, Bruno Arrigoni (PLR). «Penso sia prematuro valutare ora tutti gli aspetti. Come città avevamo già scritto e incontrato il Consiglio di Stato per esprimere le nostre rimostranze e critiche». E questo perché, spiega Arrigoni, «nel 2024 e nel 2025 all’oriozzonte ci sono diversi importanti aggravi per il Comune. Oltre alla decisione del Gran Consiglio sulla riforma fiscale, cito anche la riduzione dell’imposta sull’utile delle persone giuridiche che nel 2025 passerà dall’8% al 5,5%, ma anche la nuova valutazione delle imposte alla fonte, senza dimenticare il progetto Ticino2020». Insomma, «le variabili in gioco sono molte, ma tutti questi aggravi ci preoccupano parecchio. Diventerà difficile far quadrare i conti e assicurare tutti i servizi». Motivo per cui, appunto, «l’ipotesi referendum non va scartata a priori».

Servono cifre più precise

Il sindaco di Mendrisio, Samuele Cavadini (PLR), prima di esprimersi nel merito preferisce attendere dati più certi sull’impatto della riforma. Anche se non nasconde una critica più istituzionale. «Non c’è stata una vera consultazione presso i Comuni per una riforma che avrebbe meritato di essere più condivisa», spiega il sindaco. «Avevamo fatto delle stime sulla riforma proposta dal Governo, ma ora dovremo capire l’impatto di quella proposta dalla maggioranza della Gestione. Ma una cosa è certa, verranno a mancare degli introiti, mettendo sotto pressione le finanze comunali». E in ogni caso, conferma Cavadini, «ne discuteremo martedì in Municipio».

Ad essere attendista è pure il presidente dell’ACT, Felice Dafond, che senza sbilanciarsi spiega che l’associazione «sta approfondendo la questione e prenderà posizione nei prossimi giorni».

Il sì di Lugano

Tra i grandi centri, l’unica voce a favore della riforma si trova in riva al Ceresio. Il sindaco di Lugano, Michele Foletti (Lega), pur dicendosi «deluso» dall’atteggiamento della Gestione, «che ha cambiato i termini del progetto», parla infatti in maniera positiva delle modifiche alla legge tributaria. «Siamo convinti che, rimanendo fermi dal punto di vista fiscale, avremmo perso di più (ndr. in termini di contribuenti che lasciano il territorio comunale) rispetto al mancato introito fiscale dettato dalla riforma», spiega Foletti. «Si pensi al ritiro del secondo pilastro. Abbiamo visto in città diversi contribuenti partire verso altri Cantoni più attrattivi per questo motivo. Oppure alle aziende che non spostano il management in Ticino, lasciandolo magari a Zugo, perché non vogliono pagare il doppio delle imposte. Qui restano i capannoni, negli altri cantoni i manager, che pagano la maggior parte delle imposte». Insomma, per Foletti la bilancia pende a favore della riforma.

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