La storia

«Con l’ago, il filo e la Bernina: la mia passione in giro per il mondo»

Deborah Erin Parini, costumista di teatro, non ama stare ferma e preferisce portare la sua passione in giro per il mondo - Per il nostro viaggio nel settore dell’artigianato ticinese, l’abbiamo incontrata nel suo atelier
08.08.2022 20:45

Musica a basso volume, fotografie attaccate alle pareti, manichini e decorazioni particolari… e Attila, un piccolo – ma agguerrito – incrocio tra un volpino e un chihuahua. Si presenta così l’Atelier ASÜRo Sartoria teatrale e arti della scena di Rivera: un locale confortevole e curioso, che ti invoglia a osservare ogni suo dettaglio con attenzione. La proprietaria è l’artigiana Deborah Erin Parini, costumista di teatro dal sorriso aperto.

Tra Rivera e il Qatar

«Al momento sto lavorando a quattro progetti contemporaneamente, ma ho spostato il disordine nel mio magazzino», racconta mentre mi versa un bicchiere d’acqua, rigorosamente di sorgente. «Una volta non avevo nemmeno tutto questo spazio a disposizione». Deborah ha iniziato a lavorare in uno stanzino umido, troppo angusto per muoversi liberamente. È nel 2006 che ha ritirato l’attuale atelier, uno spazio creativo che si è ritagliata nella sua casa d’infanzia, un edificio costruito nel XVIII secolo. Tuttavia, l’atelier ASÜRo non è l’unico posto in cui Deborah svolge la sua attività: in 22 anni di carriera, accompagnata dalla sua fidata macchina da cucire Bernina, ha lavorato non solo in grandi città europee come Ginevra e Berlino, ma ha anche raggiunto il Qatar, dove è stata per otto mesi. «Amo viaggiare per lavorare», mi dice. «Adoro vedere realtà diverse, certo, ma anche mettermi alla prova».

Ero molto appassionata di costumi d’epoca – racconta – quindi ho deciso di andare a Friburgo per un corso di perfezionamento come costumista di teatro
Deborah Erin Parini, costumista di teatro

Il percorso scolastico

È sempre stata portata per le attività manuali. All’età di tre anni ha preso in mano ago e filo per la prima volta e ha cucito i vestiti per le sue bambole. A nove, ha disegnato la sua prima collezione di moda, sognando di diventare una stilista e modella per poter indossare i suoi abiti. «Alla fine li ho messi, ma senza sfilare in passerella», ci spiega ridendo. Data la sua passione per la moda e il cucito, la mamma l’ha spinta a iniziare una formazione come sarta all’Arti e mestieri. Terminati i tre anni di studio, con tanto di premio per il miglior lavoro di diploma, Deborah ha iniziato la CSIA e ha ottenuto la maturità professionale artistica. E dopo? «Ero molto appassionata di costumi d’epoca – racconta – quindi ho deciso di andare a Friburgo per un corso di perfezionamento come costumista di teatro». Il teatro, fino a quel momento, non aveva mai fatto parte della sua vita. «Avevo visto solo uno spettacolo», confessa, dicendo di aver iniziato la scuola friburghese quasi per scherzo. Una scelta, però, che si è rivelata molto importante per il suo futuro: «La scuola prevedeva qualche mese di stage in un teatro ed è lì che è nata questa nuova passione».

Scappando dalla monotonia

Dopo aver lavorato, inizialmente, come sarta tradizionale a Rivera, ha deciso quindi di orientarsi verso la creazione di costumi e accessori teatrali. Dal 2006 al 2010, è rimasta in Ticino e ha collaborato con il Teatro Paravento di Locarno. Un periodo che, però, si è rivelato pesante. «Io ho bisogno di spostarmi, di muovermi. Non potevo stare ferma in Ticino per sempre». Così, per scappare da una routine che si stava rivelando monotona, Deborah ha deciso – all’età di trent’anni – di volare in Irlanda per imparare l’inglese e, in seguito, di trasferirsi a Ginevra. Lì ha lavorato 6 mesi come sarta teatrale e 6 anni come costumista al Grand Théâtre. «L’artigiano non ha un contratto di lavoro di solito. Io a Ginevra lo avevo, invece, ed ero fuori dalla precarietà», commenta. Poi sorride. «In molti avrebbero tenuto quel lavoro per tutta la vita, io invece no». In effetti, Ginevra non è stata casa sua per molto tempo: dopo aver lasciato un posto stabile, è tornata in Ticino per lavorare al musical di Titanic andato in scena a Melide. Ma non si è fermata lì. Si è lanciata in una nuova sfida: lavorare per otto mesi a Berlino senza nemmeno sapere bene il tedesco. E poi è arrivata in Qatar, dove era una delle costumiste dello spettacolo Fantasia.

L’artigiano non ha un contratto di lavoro di solito. Io a Ginevra lo avevo, invece, ed ero fuori dalla precarietà. In molti avrebbero tenuto quel lavoro per tutta la vita, io invece no

Le difficoltà del mestiere

Lo abbiamo capito: a Deborah piace rischiare e ha tante energie da investire nei suoi mille progetti. Persino durante un periodo estremamente complicato come il lockdown, con il mondo dello spettacolo che si è fermato, lei ha trovato di cosa occuparsi. Si è messa a creare mascherine di stoffa e ha fatto l’inventario di ogni rotolo di tessuto che possedeva, annotandosi la lunghezza. Poi, come molte persone, si è data alle passeggiate. «Sicuramente ho passato – come artigiana – momenti davvero difficili, ma tutto sommato mi sono goduta il tempo che ho trovato per me». Cosa rara, visto che, di solito, è impegnata a lavorare a ritmi particolarmente duri per via delle scadenze. «Per un periodo ho disegnato e cucito vestiti da sposa», racconta. «Una volta mi hanno commissionato non solo l’abito della sposa, ma anche quello della madre e della sorella, che ho iniziato alle quattro del mattino, il giorno stesso del matrimonio». Insomma, un’attività senza dubbio stressante che non manca per nulla a Deborah, salvo per gli aneddoti che le venivano riferiti.

Una volta mi hanno commissionato non solo l’abito della sposa, ma anche quello della madre e della sorella, che ho iniziato alle quattro del mattino, il giorno stesso del matrimonio

Aneddoti che adora ascoltare, ma anche raccontare e scrivere lei stessa. «Sai, ancora oggi purtroppo c’è questa idea che le sarte non siano persone acculturate», afferma con un po’ di amarezza. «Così quando dico che mi piace scrivere o leggere romanzi, c’è chi rimane di sasso». Poi scoppia a ridere di gusto e mi racconta di quando le hanno portato un libretto che parlava di una sarta parigina, perché pensavano che le potesse piacere. Lei, nel frattempo, stava leggendo Dostoevskij. «L’avranno fatto anche in buona fede, ma mi ha fatto riflettere sulla maniera in cui il mio lavoro è percepito».

Quella di Deborah Erin Parini è una vita che non tutti desiderano, per vari motivi. Tuttavia, la fortuna di fare della tua passione il tuo lavoro e di continuare a chiamarla “passione”, nonostante il mal di schiena e le ore piccole, pochi possono dire di averla.

Deborah Erin Parini