“Con un cocktail puoi raccontare la tua storia”

LUGANO - Si è classificato terzo, lunedì 4 giugno a Zurigo, nella finale svizzera della World Class Competition 2018, portando Lugano sul podio per la prima volta nella storia della manifestazione per "gli artisti del drink". Stiamo parlando di Nikolas Cocchio, 27.enne varesino entrato a far parte del team del Circolo culturale Turba a gennaio dell'anno scorso. Abbiamo intervistato Nikolas, per farci raccontare i trucchi del mestiere, e capire insieme a lui come si sono evoluti i cocktail bar, luoghi in cui spesso i clienti trovano una via di fuga dallo stress di tutti i giorni in cerca di un una buona bevuta e un ambiente amico.
Nikolas, hai ottenuto un importante traguardo, salendo sul podio alla World Class Competition. Da dove parte il percorso che ti ha condotto a questo punto?
"Parte da una strada che non c'entra niente con il mondo dei cocktail. I miei studi avevano tutt'altro indirizzo. Ho studiato da perito aziendale a Varese, con indirizzo in lingue estere. Dopo un'esperienza alla SUPSI, ho continuato la mia formazione alla Statale di Milano, alla facoltà di Lingue e letterature straniere. Per farti capire, la mia tesi di laurea era sui fumetti, di cui sono un grande appassionato. Diciamo che da Dylan Dog e Zerocalcare, sono passato a miscelare cocktail. Ovviamente qualche esperienza dietro al bancone l'avevo già fatta prima di iniziare al Turba: avevo lavorato in un locale a Varese e, dopo la laurea, al Fermento di Lugano. Poi ho conosciuto i gestori del Turba e in poco tempo da secondo barman sono diventato barmanager. Carlotta e Guido (presidente e vicepresidente del circolo, ndr.) mi hanno lasciato moltissimo spazio, e l'allora primo barman Nicolò Fortunato, mi ha insegnato tutti i trucchi del mestiere prima di lasciare il Turba. Tutto è avvenuto molto velocemente: ho iniziato a gennaio del 2017, quando avevo conoscenze davvero basiche sul mondo dei cocktail".
Che consigli daresti ad un giovane che vuole avvicinarsi alla tua professione?
"Questa è una domanda molto complicata. Primo perché io non ho seguito corsi particolari per diventare barman. Ho ottenuto un diploma di terzo grado WSET (Wine & Spirit Education Trust, un'organizzazione con sede a Londra che tiene corsi in tutti i continenti, ndr.) in degustazione e analisi dei vini. Ma questo non mi è servito per il mio mestiere. Secondo perché il lavoro di barman si è evoluto moltissimo e ci si sta allontanando sempre di più dai 'bar accademici'. A un neofita consiglio di avere tanta buona volontà, poi ovviamente serve molta fortuna: bisogna trovare il giusto ambiente e un team che sappia valorizzarti. Esser bravi a miscelare non è l'unica cosa importante. Io non mi reputo un esperto miscelatore, diciamo che ho dimestichezza. Oggi contano anche altre abilità".
Per esempio?
"Il rapporto con il cliente è fondamentale. Bisogna saper costruire una clientela fidelizzata, da accogliere sempre nel modo giusto. L'hosting è certamente una parte molto importante del nostro lavoro, perché non possiamo dare l'idea di essere una 'catena di montaggio' di cocktail. Bisogna sapersi relazionare con chi entra nel locale. Non a caso si usa un termine che a me piace molto: 'barkeeping'. Questo è tutto ciò che accade dietro al bancone, da quando un avventore entra nel bar, fino a quando esce. I giudici della World Class Competition, per esempio, valutano tutti questi parametri, a mio avviso giustamente. Non bisogna mai dimenticarsi di chi c'è dall'altra parte del bancone".
Alla World Class Competition hai presentato le tue creazioni, ma come nasce un nuovo cocktail?
"Solitamente parto da un singolo ingrediente. Mi metto in testa un solo elemento e poi scelgo tutto quello che gli sta intorno. I cocktail che mi hanno dato più soddisfazioni sono nati proprio così. Anche assaggiare i drink degli altri è molto importante. Mi aiuta a trovare l'ispirazione e a volte bastano davvero semplici modifiche per far nascere una nuova ricetta".
E i tuoi cocktail chi li assaggia prima che vengano proposti al pubblico?
"Faccio assaggiare i miei 'esperimenti' allo staff del Turba, che sa sempre darmi ottimi consigli. Spesso mi confronto anche con i barman di piazze più grandi, come Milano, che reputo più navigati. Ma prima della World Class Competition mi sono un po' isolato e ho parlato poco con i colleghi".
Per la gara di Zurigo hai preparato un cocktail che dava una piccola scossa sulla lingua. Ce lo spieghi?
"È un cocktail ispirato a Berlino, città con cui ho un rapporto conflittuale. La prima volta in cui sono stato nella Capitale tedesca avevo 17 anni e me ne sono letteralmente innamorato. Avevo addirittura pensato di trasferirmi lì. Ma tornandoci mi sono ricreduto, perché temevo di 'perdermi' in una vita notturna troppo estrema. Il cocktail nasce da una serata folle che ho vissuto al Berghain, un famosissimo locale di Berlino. Lì ho visto cose che non posso raccontare perché sarebbero vietate ai minori di 18 anni (ride, ndr.), diciamo che ho provato a spiegarle attraverso una metafora, creando una bevanda con carica elettrica. Durante la gara l'ho servita in un bicchiere di vetro inserito in un cubo di cemento. L'ho costruito con l'aiuto di un mio collega".
Quindi con un drink puoi anche comunicare qualcosa?
"Certo. Con un cocktail puoi raccontare la tua storia, e spesso le mie creazioni si ispirano a momenti particolari della mia vita. Anche il nome ha sempre un significato: attualmente in lista al Turba ci sono 6 drink creati e firmati da me".
Il tuo futuro dove lo vedi? Rimarrai a Lugano?
"Il Turba è un progetto triennale e da settembre non aprirà più tutte le settimane. Prima di allora abbiamo ancora numerosi eventi da offrire: dal 13 al 18 giugno siamo alla manifestazione "I Never Read" di Basilea, dal primo di luglio, ogni domenica, siamo invece al Turba-Lido di Lugano. Poi faremo qualcosa anche per il Festival di Locarno. Da settembre si vedrà. Durante la finale ho ricevuto un paio di proposte molto interessanti da Zurigo, ma al momento preferisco non parlarne, perché non c'è ancora niente di sicuro".