Un po' di storia

Dalla «discriminazione» al «gran rifiuto», ecco com’è andata

Uno sguardo retrospettivo fino agli anni Ottanta sugli avvicendamenti alla guida politica dei Dipartimenti, tra nuovi equilibri, continuità e qualche sorpresa
Giovanni Galli
06.04.2023 06:00

Il più delle volte è una pura formalità. Ma di tanto in tanto l’attribuzione dei dipartimenti dà del filo da torcere. Le discussioni fra i cinque consiglieri di Stato riuniti per la prima seduta della legislatura possono durare ore e concludersi con qualche sorpresa. Nel 1987, l’elettorato dà un primo scossone agli equilibri politici consolidati. In Governo – il sistema di elezione era diverso – viene eletto Pietro Martinelli (PSA). Fulvio Caccia (inserito per l’occasione sulla lista PPD Sopraceneri) resta clamorosamente escluso. L’Esecutivo è composto da due PLR, un PPD e due esponenti della sinistra. I dipartimenti vengono così suddivisi: Claudio Generali (PLR) conserva le Finanze e le Costruzioni, il collega di partito Giuseppe Buffi mantiene l’Educazione e riprende la Polizia (prima era di Caccia), Renzo Respini «eredita» l’Ambiente e continua con Economia e Militare, Rossano Bervini (PST) resta alla guida delle Opere sociali (DOS) e del Controllo, mentre al neoeletto vanno «solo» gli Interni (prima erano di Buffi) e la Giustizia (prima diretta da Respini). Il PSA e la Comunità dei socialisti ticinesi parlano di «discriminazione», che colpisce il rappresentante del PSA. E sostengono che «interessi di partito hanno avuto la priorità».

Nel 1991, modificato il sistema elettorale, il PPD raddoppia, mentre Pietro Martinelli vince lo scontro diretto a sinistra contro Rossano Bervini e diventa direttore del DOS. Il neoeletto Alex Pedrazzini (PPD) assume la direzione di Interni, Giustizia e Polizia. Dick Marty (subentrato nel 1989 a Generali) mantiene Finanze e Costruzioni, Respini «cede» il Militare a Buffi e conserva Ambiente ed Economia.

A fine anno, il Consiglio di Stato si riunisce in gran segreto al Lago d’Orta per discutere la riorganizzazione dell’amministrazione. Viene deciso l’assetto attuale in cinque aree dipartimentali (nel frattempo ci sono stati alcuni aggiustamenti): Ambiente e Costruzioni vengono aggregati nel Territorio; Interni, Giustizia, Polizia e Militare finiscono nelle Istituzioni; Finanze ed Economia pubblica nel DFE; il Dipartimento della pubblica educazioni diventa Dipartimento dell’istruzione della cultura (in seguito DECS con Gabriele Gendotti); le Opere sociali cambiano nome e diventano Dipartimento della sanità e della socialità.

Nel 1995, il DFE va a Marina Masoni e il Territorio a Marco Borradori. Alex Pedrazzini fa il famoso «gran rifiuto», declinando l’offerta di prendere il Territorio, considerato di maggior peso ma alle prese con la «gabola» del nuovo impianto di smaltimento («non siamo pronti a miscere - nel senso di fare pipì ndr - controvento»). Nel 1999 , con l’arrivo di Luigi Pedrazzini (PPD) e Patrizia Pesenti (PS) e nel 2003 non cambia nulla nella guida politica dei dipartimenti. Nel 2007, Pedrazzini rivendica per le Istituzioni la politica regionale, ma poi all’atto pratico l’operazione non si concretizza e queste competenze restano al DFE della neoeletta Laura Sadis.

Più movimentata, invece, la seduta inaugurale del 2011. Nel «powerplay» della vigilia, Giuliano Bignasca vorrebbe che uno dei due eletti leghisti – la Lega è diventata partito di maggioranza relativa – assumesse la direzione del DFE, ma né Marco Borradori («ci sono parecchie situazioni pesanti») né Norman Gobbi («in campagna mi sono profilato sul tema della sicurezza») sono interessati. Borradori si tiene stretto il Territorio, il DFE resta a Sadis e Gobbi si prende le Istituzioni. I neoeletti Paolo Beltraminelli (PPD) e Manuele Bertoli (PS) devono «spartirsi» il DSS e il DECS. A Beltraminelli non dispiacerebbe la scuola, ma Sadis si oppone al passaggio del DECS in mani popolari-democratiche. Quindi il DSS, feudo socialista sin dalla fondazione, passa al PPD, mentre il DECS va a Bertoli. Da allora non cambia nulla. Nel 2015 (Christian Vitta) e nel 2019 (Raffaele De Rosa) riprendono, senza colpo ferire, i dipartimenti dei loro predecessori.

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