Delitto di Daro: che fine ha fatto la mandante dell'assassinio?

Le ultime sue notizie, l’opinione pubblica, le ha avute dieci anni fa. Quando il 25 maggio 2013, dalle colonne del nostro giornale, ribadì di essere innocente e che suo figlio doveva «pagare per quello che ha fatto». Da allora è diventata una fantasma. Stiamo parlando della mandante dell’assassinio del marito, commesso il 1. luglio 2011 nella loro casa in via Daro a Bellinzona. Un fatto di cronaca nera dalla grande eco mediatica che scioccò il Ticino per l’efferatezza e perché fu perpetrato da un ragazzo che all’epoca dei fatti aveva appena 17 anni, il quale uccise il patrigno a sangue freddo. La donna, cittadina serba, oggi avrebbe 59 anni. Utilizziamo il condizionale in quanto nessuno sa che fine ha fatto. Nemmeno gli inquirenti ticinesi.
Il mandato internazionale
Nei suoi confronti è pendente un mandato di cattura internazionale che la Divisione della giustizia del Dipartimento delle istituzioni, ci è stato spiegato, rinnova di volta in volta. La donna potrebbe trovarsi in Serbia, dove era rientrata subito dopo la fine del primo processo (celebrato di fronte alla Corte delle Assise criminali a fine luglio 2012) in cui era stata prosciolta. Ma anche in questo caso non ci sono prove.
Di sicuro non si trova in carcere, dove dovrebbe essere in quanto in Appello, il 7 giugno 2013, la sentenza era stata ribaltata e l’allora 49.enne era stata condannata all’ergastolo. Se davvero fosse dietro le sbarre l’arresto sarebbe stato notificato alle autorità giudiziarie del nostro Cantone, considerando che deve scontare la pena inflitta in Ticino nel Paese d’origine. Della «sfinge serba», come è stata soprannominata per il fatto che ha sempre saputo nascondere sentimenti ed emozioni, si sono insomma perse le tracce.
L’avvocato: «Mai più sentita»
L’ultimo suo indirizzo noto è presso un’abitazione in una cittadina di oltre 80 mila abitanti situata ad una settantina di chilometri a nord-est di Belgrado. Lì si era rifugiata dopo l’assoluzione. E da lì non si era più mossa: la Corte di appello e di revisione penale di Locarno l’aveva difatti condannata all’ergastolo in contumacia, in quanto non aveva partecipato al dibattimento adducendo motivi di salute. «Non so dove vivrò il resto della mia vita, ma un giorno tornerò in Svizzera», ci confidò nell’edizione del 25 maggio 2013.
Nemmeno il suo avvocato bellinzonese ha più avuto sue notizie. «L’ultima volta che l’ho sentita è stato a fine maggio 2015, quando le ho telefonato per avvisarla che il Tribunale federale aveva confermato l’ergastolo. Da quel momento non so che fine ha fatto», puntualizza il legale da noi interpellato negli scorsi giorni. Se fosse ancora in quella città gli inquirenti serbi l’avrebbero già fermata. Quindi vi è da supporre che abbia nel frattempo cambiato domicilio. Forse, chissà, anche le generalità. Un mistero. Un ulteriore triste capitolo di una vicenda terribile.
Cronistoria in pillole
Il delitto di Daro viene commesso il 1. luglio 2011: il 17.enne uccide il patrigno. Il 3 agosto 2012 la donna, ritenuta la mandante, viene prosciolta dalla Corte delle Assise criminali. Il 13 novembre il giovane è condannato a 4 anni di carcere dal Tribunale dei minorenni. La Corte di appello e di revisione penale il 7 giugno 2013 ribalta la sentenza: ergastolo per la «sfinge serba», confermato il 18 maggio 2015 dal Tribunale federale.
