Imposta di circolazione

Delle proposte imperfette, ma si andrà comunque al voto

Il Governo prende posizione sull’imposta di circolazione, evidenziando alcune criticità legislative e prevedendo un incasso di 91,5 milioni (al posto di 86) per l’iniziativa originale - Fiorenzo Dadò: «Calcoli errati, è un modo di fare inaccettabile»
©Chiara Zocchetti
Paolo Gianinazzi
23.06.2022 20:41

Le due proposte uscite dal Parlamento mercoledì sera sono tutto fuorché perfette. Anzi, presentano delle criticità legislative. Tuttavia, il Governo non chiederà una «seconda lettura» del voto in Gran Consiglio. E quindi, senza troppi intoppi, in autunno i ticinesi potranno esprimersi alle urne sull’iniziativa (di PPD-Lega-UDC) e sul controprogetto (di PS e Verdi). Così, in sintesi, si è espresso il Consiglio di Stato all’indomani dell’infocato dibattito in Parlamento sul futuro dell’imposta di circolazione ticinese. Una presa di posizione – avvenuta tramite comunicato – in cui vengono chiariti (dal punto di vista del Governo) anche alcuni aspetti sull’impatto finanziario delle due proposte. Chiarimenti che, però, non sono affatto piaciuti agli iniziativisti, che parlano di «un modo di fare inaccettabile» da parte dell’Esecutivo.

Il controprogetto
Ma andiamo con ordine. L’Esecutivo cantonale, a proposito del controprogetto di PS e Verdi, ha innanzitutto voluto ribadire «le criticità, per altro già emerse, relative al rispetto del principio dell’unità della materia». Detto in soldoni, la riduzione per l’acquisto di un abbonamento Arcobaleno proposta dal fronte rossoverde «ben poco ha a che fare con l’imposta di circolazione». Secondo il principio citato poc’anzi, bisognerebbe evitare di votare su aspetti troppo differenti tra loro. Ma, in ogni caso, «il Governo, preso atto che il Parlamento ha ritenuto comunque di approvare il controprogetto malgrado le criticità appena indicate, non ritiene necessario riproporre la questione al Gran Consiglio tramite una seconda lettura del testo legale». E quindi, il testo non tornerà al Parlamento e potrà essere sottoposto al voto popolare.

Il testo conforme
Per quanto concerne, invece, il testo conforme dell’iniziativa (quello dell’asse PPD-Lega-UDC), il Governo spiega di aver «rilevato una possibile lacuna legislativa» riguardo alla moratoria, prevista per il 2023, per tutti i veicoli immatricolati prima del 2009. In sintesi, la moratoria «non precisa le basi di calcolo applicabili a questi veicoli». E il Governo ritiene dunque che l’unico sistema applicabile per il calcolo di questa specifica imposta sia quello attuale (con il sistema di bonus/malus). In ogni caso, rassicura il direttore del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi da noi raggiunto telefonicamente, questo «sarà un tema di discussione, ma dopo il voto popolare».

Una questione di soldi
Il vero problema, però, sta nelle cifre e nei calcoli. Nella sua presa di posizione, il Consiglio di Stato come detto precisa pure alcuni aspetti finanziari non di poco conto. Aspetti che, per dirla con un eufemismo, hanno fatto infuriare gli iniziativisti.

Il Governo spiega che, secondo la sua valutazione, «l’iniziativa comporterà dal 2024 introiti stimati in base al parco veicoli attuale di circa 91,5 milioni di franchi annui» mentre «per l’anno 2023 l’importo potrebbe essere analogo o leggermente inferiore tenendo conto della moratoria inerente ai vecchi veicoli». Quindi, in sostanza, le stime del Governo parlano di circa sei milioni in più d’incasso rispetto a quanto calcolato dagli iniziativisti.

E i calcoli del Governo, ovviamente, non piacciono per niente agli iniziativisti. Il promotore del testo e presidente del PPD Fiorenzo Dadò smentisce categoricamente la versione dell’Esecutivo: «Quello che dice Governo non è assolutamente vero», spiega al CdT. «È il tentativo da parte del Consiglio di Stato di incassare di più, da subito. Si tratta di un aumento del 25%/30% delle imposte per chi ha l’auto più vecchia del 2009. Ma, in realtà, l’iniziativa prevede una moratoria che dovrà essere applicata. Questo è stato detto chiaramente in aula. Se la nostra iniziativa verrà accolta – chiosa Dadò – avremo molta più forza per opporci a questo modo di fare inaccettabile».

Le tempistiche
Detto delle questioni tecniche, dei calcoli e delle cifre, Gobbi (ribadendo che questi aspetti saranno tema di discussione dopo il voto popolare) spiega che l’intenzione del Governo è quella di portare le due proposte alle urne già in ottobre, e non in novembre come emerso al termine del dibattito in Parlamento. E ciò, «con l’obiettivo di far entrare in vigore i cambiamenti il 1. gennaio dell’anno seguente».

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