Depressione, ansia e stress: quei mostri che divorano i giovani svizzeri

Chiedere aiuto non è debolezza. Non è una sconfitta. È il primo passo verso la rinascita. Chi l’ha provato almeno una volta sa quanto sia terribile. La depressione è un mostro che si aggrappa alla schiena e non ti molla mai. E spesso non arriva da solo, ma accompagnato da altre belve agguerrite. Come gli attacchi di panico, assassini silenziosi che colpiscono all'improvviso, trasformando i secondi in minuti e i minuti in ore. Il corpo diventa di pietra, mentre ci si sente morire dentro. Ansia, stress e depressione non vanno sottovalutati, neppure quando parenti e amici sono vicini a noi. Bisogna chiedere aiuto senza alcun timore di essere giudicati, perché la salute mentale è importante quanto quella fisica. E anche quando il peggio sembra non avere fine si può uscire da quel maledetto buco nero.
L'eterna crisi climatica, il Covid e le guerre
Dalla pandemia di Covid-19 il disagio giovanile sembra essersi diffuso come un virus gemello, ancora più invisibile di quello che ha bloccato il mondo intero. Le cose da allora non sono migliorate molto, anzi. Oltre al lungo strascico del coronavirus, sono arrivate devastanti guerre, quella in Ucraina e nella Striscia di Gaza su tutte, le quali sono andate ad aggiungersi a incertezze ormai permanenti, come le minacce legate alla crisi climatica.
Molti ragazzi sono sprofondati in un buco nero, con casi di violenza giovanile esplosi un po’ a tutte le latitudini. Perché, a volte, quegli atti che a noi sembrano incomprensibili per qualcuno sono l'unico modo di chiedere aiuto. Nel 2022 l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha lanciato l’allarme: «La salute mentale dei bambini e dei giovani nella regione europea è stata sottoposta a forti tensioni negli ultimi anni, prima a causa della pandemia di COVID-19 e ora della crisi umanitaria in Ucraina». Durante la pandemia, le chiusure delle scuole e i lockdown hanno lasciato i giovani isolati, lontani dai loro coetanei e incapaci di socializzare e crescere in modo ottimale. «La pandemia ha colpito tutti nella società, ma i più vulnerabili, compresi i bambini e i giovani, hanno sofferto di più» ha evidenziato l’OMS.
In Europa 18 suicidi a settimana
Circa 11,2 milioni di bambini e giovani entro i 19 anni nell'Unione europea - ovvero il 13% - soffrono di un problema psicologico. In particolare, nell'UE in totale 5,9 milioni di maschi e 5,3 milioni di femmine fino a 19 anni soffrono di disturbi mentali. Tra le persone di età compresa tra i 15 e i 19 anni, circa l'8% soffre di ansia e il 4% di depressione. Sono alcuni dei dati resi noti dall'UNICEF lo scorso anno con la pubblicazione «Child and adolescent mental health - The State of Children in the European Union 2024». Dallo studio emerge un dato spaventoso: il suicidio è la seconda causa di morte (dopo gli incidenti stradali) tra i giovani fra i 15 e i 19 anni in Europa. Nel 2020, circa 931 giovani sono morti per suicidio, una cifra equivalente alla perdita di circa 18 vite a settimana. Purtroppo, non si sta facendo abbastanza: molti giovani neppure li conoscono i canali di supporto. E, davvero, non importa quali siano le preoccupazioni di chi si sente sconfitto dalla vita. I canali esistono e possono aiutare chiunque: Telefono Amico è all'ascolto 24 ore su 24, 365 giorni all'anno (il numero da comporre è 143, ma si può interagire pure via chat se non si ha voglia di parlare).
La Svizzera non è immune al problema
Stando all'Ufficio federale di statistica (UST), in Svizzera, tra il 2020 e il 2021, le ospedalizzazioni per disturbi psichici e comportamentali sono aumentate del 26% per le ragazze e le giovani donne tra i 10 e i 24 anni, a fronte del 6% per i coetanei di sesso maschile. Per la prima volta, i disturbi psichici hanno costituito la causa principale delle ospedalizzazioni delle persone tra i 10 e i 24 anni (19.532 casi). Nel periodo in rassegna, fra le ragazze più giovani - tra i 10 e i 14 anni - l'aumento è stato addirittura del 52%.
Uno studio AXA sulla salute mentale, diffuso quest’anno, mostra come un quarto della popolazione svizzera soffra di disturbi psichici. Particolarmente evidente è il cambiamento nella fascia di età compresa tra i 18 e i 24 anni, in cui le persone che dichiarano di essere affette da tali patologie sono aumentate dal 30 al 38%. I principali nemici dei giovani elvetici sono depressione e ansia.
A corroborare i problemi di una generazione sempre più sull'orlo del precipizio, è arrivata una nuova analisi sul disagio collettivo che gli adolescenti e i giovani adulti provano di fronte allo stato attuale del mondo. Oltre alla sfida rappresentata dal «persistente stigma» legato alla salute mentale e dalle «insufficienti offerte di supporto», lo studio mostra che i giovani adulti non sono solamente sensibili alla problematica della salute mentale, ma desiderano pure assumersi responsabilità attive.
La Gen Z sopraffatta dalle «permacrisi»
Lo studio, condotto dalla Global Coalition for Youth Mental Health, un’iniziativa partenariale guidata dall’UNICEF con il settore privato, si basa su un sondaggio rappresentativo di oltre 5.600 persone della Generazione Z, di età compresa tra i 14 e i 25 anni, in sette Paesi (Giappone, Malesia, Messico, Sudafrica, Regno Unito, USA e, appunto, Svizzera). Per quanto concerne la Confederazione, è stato intervistato un campione nazionale di 400 persone tra i 14 e i 25 anni. Ciò che emerge è più di un campanello di allarme: gli effetti delle crisi globali permanenti sulla salute mentale di adolescenti e giovani adulti sono evidenti.
Il 52% degli intervistati si sente sopraffatto dalle notizie relative a crisi nella propria comunità, Paese e nel mondo. Questo, stando allo studio, evidenzia il peso psicologico delle «permacrisi» legate a una frequente esposizione a sfide globali come cambiamenti climatici, conflitti e incertezze economiche. Persistente, inoltre, è lo stigma sulla salute mentale: il 42% degli intervistati ritiene che nelle scuole ci siano opinioni negative o pregiudizi verso chi parla della propria salute mentale. Inoltre, il 44% percepisce uno stigma sul posto di lavoro. Solo il 43% sa dove trovare supporto e servizi per la propria salute mentale e benessere, evidenziando significative lacune nell’accesso ai sistemi di supporto. Solo il 42% degli intervistati ritiene efficaci le misure e attività intraprese per affrontare stress, ansia o sopraffazione.
Agire e reagire
Stando al sondaggio, il 70% dei giovani ritiene che le scuole debbano svolgere un ruolo guida nel supporto alla salute mentale, mentre il 54% pensa che pure le aziende debbano affrontare queste sfide. La Generazione Z vuole assumersi delle responsabilità: il 69% degli intervistati ritiene di dover aiutare adolescenti e giovani adulti a gestire lo stress, l’ansia e la sopraffazione derivanti dalle notizie di crisi. Un terzo pensa di dover assumere un ruolo guida in questo.
Per Nicole Hinder, responsabile del settore Child Rights Advocacy di UNICEF Svizzera e Liechtenstein, «la salute mentale deve essere de-stigmatizzata. Ciò avviene solo se la società ha il coraggio di parlare apertamente dei propri sentimenti. Per questo è necessaria un’ampia attività di sensibilizzazione, dalla scuola al posto di lavoro».
Nicole Hinder ritiene che «scuole, aziende e politica in Svizzera» abbiano la «stessa responsabilità nel promuovere sensibilizzazione e informazione. È fondamentale coinvolgere i giovani nella progettazione delle iniziative: solo così le offerte risultano efficaci». E conclude con un appello: «Chiediamo che le iniziative per la salute mentale siano partecipative e che si riducano gli ostacoli per accedere al supporto, garantendo ai giovani l’aiuto di cui hanno realmente bisogno». Una richiesta di aiuto non deve essere motivo di vergogna. È la prima mossa per tornare a respirare, perché raramente ci si salva da soli.
