Don Rolando Leo: «Massaggi inopportuni, ho capito che cercavo il mio di sollievo»

«Mi proponevo di aiutarli, di alleviare le loro sofferenze. Ma ora mi rendo conto che quei massaggi non dovevo farli. Erano del tutto inopportuni. Non ero un massaggiatore». Don Rolando Leo, alla sbarra per rispondere dei reati di coazione sessuale, atti sessuali con fanciulli e con persone incapaci di discernimento o inette a resistere e di pornografia ripercorre i fatti accaduti tra il 2013 ed il 2022 per i quali venne arrestato un anno fa. Rispondendo alle domande del presidente della Corte, giudice Amos Pagnamenta, sta spiegando perché eseguiva quelle «tecniche di rilassamento» ai giovani con i quali aveva instaurato un rapporto di amicizia. «Tecniche di rilassamento» che consistevano, appunto, nel massaggio al petto, alla pancia e al bassoventre dei giovani, fino ad arrivare a stimolare con l’avanbraccio le loro parti intime.
«Massaggi del tutto inopportuni. Credevo di portare loro sollievo, ma ora ho capito che cercavo il mio di sollievo», ha ribadito il sacerdote che dal 15 novembre scorso sta scontando anticipatamente la pena che verrà stabilita dalla Corte.
Nove le vittime indicate nell’atto d’accusa, ma già per la prima l’ex cappellano del Collegio Papio di Ascona, patrocinato dall’avvocato Marco Masoni, ha negato di essersi spinto fino a stimolarne le parti intime. Nel corso dell’interrogatorio condotto dal presidente della Corte per approfondire le altre fattispecie elencate nell’atto d’accusa stilato dalla procuratrice pubblica Valentina Tuoni, il presbitero ammette di aver sfregato le parti intime solo di tre o quattro ragazzi. Per tutti gli altri episodi contestategli dall’accusa – avvenuti in alcune case parrocchiale del cantone, in altre strutture ecclesiastiche ticinesi e, in alcuni casi, anche fuori dai confini ticinesi – ribadisce che si è limitato a massaggiare il petto dei ragazzi.
Ora la parola passa alla procuratrice pubblica Valentina Tuoni per la requisitoria.