È finita un’era: l’ultimo Saab vola in America
Ad alcuni è quasi scesa una lacrima, come se stessero salutando un collega di lungo corso che va in pensione. Altri ci sono saliti per fare una foto di gruppo.
È l’omaggio dei dipendenti dell’aeroporto all’ultimo Saab 2000 rimasto ad Agno, che dovrebbe lasciare il Ticino nella giornata di oggi dopo essere stato fermo per circa tre anni, come confermatoci dal direttore Davide Pedrioli. È in partenza per la Pennsylvania, Stati Uniti d’America, dove arriverà via Islanda, Groenlandia e Canada. Se ne va il simbolo di un’epoca ormai passata per lo scalo luganese.
Soprannominato «Concordino» per la sua velocità (che raggiunge i 685 chilometri orari) l’aereo ha fatto parte della flotta di Crossair, per poi portare, con meno fortuna, le livree di Darwin, Etihad Regional e Adria Airways. Nell’ultimo caso, con molta meno fortuna. La liquidazione di questo e altri Saab, tuttavia, era stata preziosa per attenuare le conseguenze economiche del crac della compagnia slovena che in quel momento controllava Darwin e che era a sua volta controllata dal fondo d’investimenti 4k.
La vendita dei velivoli, gestita dall’Ufficio fallimenti di Viganello, aveva fruttato in tutto sedici milioni di franchi, preziosi soprattutto per i dipendenti della compagnia che avevano perso il loro posto di lavoro. A comprare i sei Saab della flotta era stata la società americana JetStream Aviation Capital LLC: potrebbe essere la stessa che sta portando oltreoceano l’ultimo velivolo parcheggiato ad Agno, ma non abbiamo certezze in tal senso. Non sappiamo nemmeno che fine abbiano fatto gli altri cinque Saab. Dopo averli acquistati, JetStream li aveva ceduti in leasing. A chi? Ad Adria Airways, intenzionata a farli volare in Slovenia. L’intenzione, però, si era dissolta alla prova della realtà: anche in patria, due anni più tardi, la compagnia aveva dovuto chiudere i battenti. E anche in patria, come in Ticino, il suo fallimento aveva innescato un procedimento penale.
Chi muoveva i fili?
L’inchiesta svizzera, coordinata dal procuratore pubblico Andrea Maria Balerna, vede indagati gli ultimi CEO della compagnia: due cittadini tedeschi che l’hanno guidata dal luglio del 2017, quando aveva acquisito Darwin, fino al suo fallimento nel dicembre dello stesso anno. Nei loro confronti sono stati ipotizzati reati che vanno dalla cattiva gestione alla bancarotta fraudolenta: accuse che entrambi respingono.
Gli inquirenti sospettano che la compagnia sia stata volutamente svuotata dei suoi averi e poi lasciata morire. Sotto la lente, in particolare, era finito il rebranding di Darwin: per cambiare nome, ma anche per aggiornare la livrea degli aerei, le divise dell’equipaggio e tutto il necessario, la società ticinese aveva dovuto pagare a quella slovena fatture per oltre un milione di franchi. L’indagine non è delle più semplici: il problema della Procura è riuscire a dimostrare che dietro il crac ci fosse una precisa volontà, una premeditazione. E poi capire chi abbia mosso i fili di quell’operazione, ossia da chi prendevano ordini i due indagati.
Per fare questo, gli inquirenti ticinesi hanno chiesto e ottenuto la collaborazione dei colleghi sloveni, impegnati praticamente sullo stesso caso. Finora lo scambio di documenti non ha portato a una svolta nell’inchiesta ticinese, ma la partita giudiziaria è ancora aperta e la prescrizione abbastanza lontana.