È morta a 92 anni Miuccia Gigante, di famiglia antifascista luganese

È morta negli scorsi giorni a 92 anni a Novate Milanese, dove risiedeva, Miuccia Gigante. Figlia di Vincenzo Gigante, torturato e ammazzato nel campo di concentramento nazista a Trieste durante la Seconda guerra mondiale; fu molto legata alla figura del padre tanto da dedicare alla sua memoria e a quella della famiglia diversi scritti che si intrecciano indissolubilmente con la casa di famiglia in via Somaini 7 a Lugano, che fu porto sicuro per chi era in fuga da governi spaventosi. La stessa Miuccia Gigante è stata una figura imporatante dell’antifascismo milanese: fu segretaria nazionale dell’Associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti (Aned) ed era ancora presidente della locale Associazione nazionale partigiani d’Italia (Anpi) di Novate Milanese, che ha dato notizia del suo decesso.
Un rifugio per chi scappava
La storia di Gigante è anche fortemente legata a Lugano, dove è nata nel 1932. A raccontarlo è proprio lei, in particolare nei libri Via Somaini 7 - Una famiglia antifascista a Lugano e Un socialista italiano in Ticino (dedicato al nonno Luigi Fonti, che fu anche consigliere comunale a Lugano), ma anche in diverse apparizioni pubbliche in Italia: «Sono nata a Lugano in casa dei miei nonni - disse ad esempio in un intervento del 2006 a Mauthausen - che avevano fatto della loro casa un sicuro rifugio agli antifascisti perseguitati che scappavano dall’Italia per raggiungere la Francia, il Belgio, la Russia; oltre il vitto e l’alloggio venivano forniti di denaro e di documenti falsi. Qui mia madre trovò rifugio dopo essere stata espulsa dal Belgio per ragioni politiche, con mio padre, funzionario del Partito comunista italiano». Vincenzo Gigante venne di lì a poco arrestato in uno dei suoi viaggi clandestini in Italia, nel 1933 e condannato a vent’anni dal Tribunale speciale per motivi politici. Postuma, gli fu poi riconosciuta la Medaglia d’oro al valore militare.
A scuola col gendarme
Proprio in questi mesi, per motivi che nulla hanno a che vedere con la famiglia di Gigante, la politica luganese si sta domandando se tutelare o meno quale bene culturale l’edificio in via Somaini 7, che Miuccia ricordava così: «Sono cresciuta nella casa dei nonni, con mia mamma impegnata a scrivere volantini, a ciclostilarli e a falsificare documenti per i compagni che passavano da casa e clandestinamente andavano in Italia. Abbiamo subìto diverse perquisizioni da parte della polizia svizzera, ma l’abilità di mia mamma ed il suo sangue freddo ci hanno sempre evitato noie con le autorità». Un attivismo che aveva le sue conseguenze anche nella vita quotidiana di Miuccia: «Quando a sei anni ho iniziato la prima elementare nelle scuole comunali di Lugano, molte furono le minacce continue dei fascisti luganesi che volevano costringere la mia famiglia a iscrivermi alla scuola del Fascio. Questo atteggiamento provocatorio costrinse i miei a rivolgersi alle autorità svizzere, tanto che per un certo periodo venivo accompagnata alle lezioni da un gendarme».