Eredità contesa, imputati assolti

Sono stati assolti da tutte le accuse i due cittadini italiani (un 89.enne e la figlia 60.enne) rinviati a giudizio lo scorso 6 settembre alle Assise correzionali in quanto sospettati di essersi impossessati indebitamente dell’eredità del figlio (rispettivamente del fratello) morto nel 2019 in un incidente stradale in Lombardia.
Parliamo del pacchetto azionario, depositato in uno studio notarile a Lugano, di due società a cui facevano capo delle imprese agricole in Italia, ritirati dal cugino (proprietario del 50%), dalla sorella e dai genitori nove giorni dopo l’incidente. In aula si è arrivati dopo la denuncia presentata nel 2020 dalla vedova, la quale riteneva che i parenti avessero agito a sua insaputa per escluderla, «intascandosi» anche il restante 50% del pacchetto azionario grazie a un documento falso, datato nove giorni dopo l’incidente e con la firma del defunto, che autorizzava il cugino a ritirare tutte le quote.
Dal canto loro, gli imputati (in aula era presente solo la figlia visti i problemi di salute dell’anziano genitore) hanno sempre affermato di non sapere nulla di questo documento e che il restante 50% delle azioni fosse di proprietà del padre. Una spiegazione che non aveva convinto il procuratore pubblico Andrea Gianini, il quale aveva rinviato a giudizio i due imputati con le accuse di truffa per istigazione e ripetuta falsità in documenti (il cugino aveva accettato un decreto d’accusa a suo carico), proponendo nei loro confronti una pena pecuniaria sospesa. Entrambi, patrocinati dall’avvocato Fulvio Pezzati, avevano sempre respinto ogni addebito.
In dubio pro reo
Ebbene, secondo la Corte presieduta dalla giudice Francesca Verda Chiocchetti gli imputati «vanno prosciolti in base al principio in dubio pro reo». Agli atti, ha argomentato, «non ci sono evidenze che provino la loro colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio»: l’inchiesta non è infatti riuscita a dimostrare chi abbia redatto il documento presentato al notaio luganese. «Le dichiarazioni dell’imputata (che ha sempre affermato di non averlo mai visto) sono state sempre lineari, al contrario di quelle del cugino», ha affermato Verda Chiocchetti. Agli imputati è pure stato riconosciuto un risarcimento di oltre 17 mila franchi.Per quanto concerne il pacchetto azionario contestato, a oggi sotto sequestro conservativo, la metà appartenente al cugino è stata dissequestrata a suo favore. La parte restante, ha stabilito la giudice, verrà consegnata «a chi proverà di esserne il proprietario».
Ma se la vicenda penale (a meno di ricorsi in Appello) è chiusa, lo stesso non si può dire di quella civile: la vedova ha infatti avviato una causa in Italia.