Fare il frontaliere conviene meno, e ora c’è chi sceglie di trasferirsi

A un anno e mezzo dall’entrata in vigore del nuovo accordo fiscale sui frontalieri, la tendenza è chiara: l’intesa siglata tra Svizzera e Italia ha reso meno attrattivo il frontalierato. Non solo. Quasi contemporaneamente, nell’arco di dodici mesi è cresciuto il numero di dimoranti (i titolari di un permesso B, per intenderci). Segnale che forse, anche se occorrerà ancora qualche tempo prima di poter avere una conferma effettiva, qualche lavoratore italiano ha ritenuto più vantaggioso trasferirsi in Ticino, piuttosto che fare il pendolare ed essere assoggettato anche alla fiscalità italiana. Va ricordato infatti che, in virtù della nuova intesa siglata tra i due Paesi, i cosiddetti nuovi frontalieri (coloro cioè che sono entrati nel mercato del lavoro svizzero dopo il 17 luglio 2023) sono tenuti a pagare anche le imposte in Italia, detraendo quanto già versato in Svizzera e considerando una franchigia fiscale di 10 mila euro. Con uno svantaggio, rispetto ai vecchi frontalieri, che soprattutto per gli stipendi medio-alti può arrivare a essere molto importante, nell’ordine di 10-20 mila franchi. «Certezze non ne abbiamo, ma i dati ci danno qualche indicazione utile ad analizzare il fenomeno», dice Maurizio Bigotta, responsabile del settore economia dell’Ufficio cantonale di statistica, che ha fornito al CdT un’elaborazione che mette a confronto – trimestralmente e annualmente – il numero di frontalieri con quello di lavoratori svizzeri, detentori di permessi B e di permessi C. Ebbene, i dati indicano un picco dei frontalieri, sopra la soglia degli 80.000, nel terzo trimestre del 2023. Da lì, invece, abbiamo assistito a un costante calo, fino ad arrivare al numero attuale di 78.400. «C’erano già stati, in passato, trimestri nei quali si registrava una diminuzione. Dal 2024, però, il calo annuale si è confermato trimestre dopo trimestre», dice Bigotta. E non accadeva da vent’anni.
Il mercato che cresce...
«Ma quel che colpisce di più – prosegue l’esperto – è che la diminuzione è associata a un mercato del lavoro che in realtà sta crescendo». In un anno, ad esempio, i posti di lavoro sono cresciuti di 3 mila unità, da 249 mila a 252 mila. Un dato che mal si concilia con il calo costante dell’ultimo periodo dei lavoratori con permesso G. «In passato – spiega Bigotta - a un mercato del lavoro in crescita corrispondeva anche un aumento dei frontalieri. Oggi stiamo assistendo a qualcosa di diverso ed è difficile pensare che sia solo una coincidenza. Tutto sembra suggerire, invece, che l’accordo fiscale – visto anche l’importante impatto reddituale sui lavoratori – abbia avuto per effetto di rendere meno attrattivo lo statuto di frontaliere».
...così come i permessi B
A fronte dei dati sui permessi B, si può avanzare una seconda ipotesi. In un anno, dal primo trimestre del 2024 allo stesso periodo del 2025, se i frontalieri sono calati di circa mille unità, i dimoranti sono cresciuti, passando da quota 16.500 a 18.000. Insomma, oltre 1.500 permessi B in più in dodici mesi. «Questi ultimi, sull’arco di 15 anni, hanno visto i loro numeri oscillare in funzione della congiuntura economica, mentre i frontalieri hanno continuato ad aumentare a ritmo sostenuto. Ora siamo di fronte a una dinamica diversa. Per un lavoratore della vicina Italia scegliere di diventare frontaliere non è più così automatico. E quindi anche il trasferimento in Ticino diventa un’opzione più interessante rispetto al passato». Insomma, l’accordo fiscale potrebbe aver spinto molte più persone a trasferirsi, anziché intraprendere la via del frontalierato. «Ovviamente – evidenzia Bigotta – si tratta di un’evoluzione che andrà studiata da vicino nei prossimi mesi e anni. Tuttavia, le indicazioni sembrano andare in questa direzione».
Qualcosa è cambiato
Che l’intesa fiscale entrata in vigore all’inizio del 2024 abbia frenato l’arrivo dei frontalieri è un’ipotesi condivisa anche da Moreno Baruffini, economista e ricercatore dell’Istituto di ricerche economiche (IRE) dell’USI. «Per la mia esperienza, la dinamica in atto è piuttosto chiara: negli ultimi vent’anni i frontalieri hanno sempre continuato a crescere, malgrado le crisi e i cambiamenti del mercato del lavoro. Con l’introduzione dell’accordo fiscale qualcosa è cambiato. E se prima quella di diventare frontaliere era una scelta facile, quasi scontata, ora non lo è più». Più complesso, secondo Baruffini, è invece poter collegare fin da ora la diminuzione dei permessi G all’aumento dei permessi B. «Decidere di trasferirsi in un altro Paese è un cambiamento di vita, una scelta complessa da ponderare. Sul lungo periodo, però, non escludo che possa essere un altro effetto prodotto dall’intesa fiscale».
Più sforzi per le aziende
Ma se ai frontalieri il posto di lavoro nel nostro cantone oggi fa meno gola, a risentirne sono anche i datori di lavoro. In questo senso, spiega l’economista, l’indicatore che misura lo sforzo di un’azienda nel reclutare profili idonei indica un certo peggioramento del quadro in Ticino. «Ma siamo ancora ben lontani dalla situazione in cui versano alcuni cantoni, alle prese con una cronica difficoltà nel trovare collaboratori». Allo stesso modo, prosegue, è ipotizzabile che la nuova intesa – a causa del maggiore carico fiscale per il lavoratore – possa spingere le aziende a rivedere le retribuzioni per attirare il personale: «Purtroppo, non disponiamo ancora di dati che lo confermino. Ma la logica economica suggerirebbe di sì. Nell’ultimo decennio, i salari dei lavoratori ticinesi sono cresciuti, mentre quelli dei frontalieri sono aumentati solo in misura minore. Il nuovo accordo, con tutta probabilità, produrrà quindi un effetto anche su questo piano, portando a una crescita dei salari dei lavoratori frontalieri».

A Chiasso i permessi B stanno aumentando: «Per noi è un bene»
Chi si è accorto abbastanza presto che con il nuovo accordo fiscale qualcosa era cambiato è il sindaco di Chiasso, Bruno Arrigoni. «Dallo scorso anno, nel nostro Comune sono aumentati i detentori di permesso B. Nella stragrande maggioranza dei casi sono italiani che lavorano in Ticino e che hanno preferito trasferirsi. E non sono numeri da poco». Già, perché se alla fine di dicembre del 2023 i permessi B nella cittadina di confine erano 1.216, un anno dopo sono saliti di oltre un centinaio, a quota 1.320. Un dato nuovamente aumentato nei mesi successivi, tanto che alla fine del mese di maggio di quest’anno, i detentori di permesso B a Chiasso erano 1.378. Arrivi che il sindaco Arrigoni non può che salutare positivamente: «In prima battuta perché si tratta di persone che hanno un certo salario e che hanno la possibilità di spendere sul nostro territorio. Senza dimenticare che la decisione di trasferirsi qui potrebbe avere ripercussioni anche sul traffico, alleggerendolo». Insomma, per Chiasso si tratta di un’opportunità. «Anche perché dopo anni in perdita di abitanti, oggi il nostro Comune può finalmente constatare un’inversione di tendenza. Vedremo se durerà, ma intanto è positivo».
La tendenza viene confermata anche dal settore immobiliare. Carlo Croci, amministratore delegato di Interfida, in effetti, spiega: «Stiamo assistendo a qualcosa di nuovo: nell’ultimo anno, nel basso Mendrisiotto siamo riusciti ad affittare diversi spazi che erano rimasti sfitti molto a lungo. Rispetto al 30 giugno 2024, alla fine del primo semestre del 2025 lo sfitto, stabile da anni, si è ridotto di un terzo». In generale, racconta Croci, sono aumentate le richieste, sia per le case in affitto che per quelle in vendita. «Probabilmente dipende dal fatto che qui i prezzi di case e affitti sono meno elevati, e quindi più accessibili anche per i frontalieri. Ma tra le molte richieste arrivate negli ultimi tempi non ci sono solo quelle di lavoratori italiani, ma anche di ticinesi che, dopo anni vissuti in altri centri del cantone, decidono di spostarsi nel Mendrisiotto».