Caos TPC

Fiorenzo Dadò si dimette dalla Commissione giustizia e diritti, ma contesta l'accusa di denuncia mendace

Nei confronti del presidente del Centro è stato aperto un procedimento penale legato al caso ormai noto come «caos al TPC» – Il partito assicura «piena fiducia e sostegno»
© CdT/ Chiara Zocchetti
Red. Online
04.11.2025 09:56

Per la durata del procedimento penale, «e per una mera questione di opportunità», Fiorenzo Dadò si dimette dalla Commissione giustizia e diritti e rinuncia all’immunità parlamentare. Lo fa sapere tramite il suo patrocinatore, l'avvocato Carlo Borradori.

In merito all'apertura di un procedimento penale nei suoi confronti, annunciata dal Ministero pubblico, il presidente del Centro «contesta fermamente» l'ipotesi di reato di denuncia mendace. «L’accusa di falsa testimonianza si fonda su un’ammissione agli organi inquirenti resa dal signor Fiorenzo Dadò, il quale aveva rilasciato le dichiarazioni ora oggetto dell’ipotesi di reato, nell’unico intento di salvaguardare l’identità della fonte di una segnalazione a lui pervenuta contestualmente alla nota vicenda che ha coinvolto il Tribunale penale cantonale», si legge nella missiva dell'avvocato. «La contestata accusa di denuncia mendace si fonderebbe per contro sulla trasmissione di tale segnalazione alla Commissione giustizia e diritti del Gran consiglio, la quale, a sua volta, ha trasmesso la documentazione ricevuta al Consiglio della Magistratura e all’allora Procuratore straordinario».

L'avvocato precisa quindi che Dadò «garantisce agli organi inquirenti la massima collaborazione, sempre nel rispetto assoluto della tutela dell’identità delle fonti di qualsiasi segnalazione a lui pervenuta».

Gli approfondimenti ruotano intorno alla situazione venutasi a creare nel corso del 2024 al Tribunale penale cantonale e riguardano in particolare l'asserita ricezione, nel settembre 2024, da parte dello stesso granconsigliere di una missiva priva di mittente, con allegata documentazione fotografica, in seguito dallo stesso condivisa in seno alla Commissione giustizia e diritti.

Il caso

Il 16 settembre 2024, la Commissione giustizia e diritti informava che il proprio presidente Fiorenzo Dadò aveva ricevuto «una missiva priva di mittente, con allegata documentazione, inerente la situazione venutasi a creare al Tribunale penale cantonale». E che successivamente, «preso atto della documentazione, la Commissione aveva proceduto a segnalare e trasmettere il materiale al Consiglio della magistratura e al procuratore straordinario, Franco Passini, per le verifiche del caso». Si trattava per l’appunto di tre nuove fotografie, inviate (ancora una volta) dal giudice Mauro Ermani alla segretaria. Tre immagini inviate su WhatsApp nel 2020 (ossia tre anni prima di quella che ritrae una donna seduta tra due sculture a forma di fallo con la scritta «Ufficio penale», finita con un decreto di non luogo a procedere).

Le immagini ritraevano dei bambini. Nella prima si vedeva un bimbo baciare il muso di un maiale. Nella seconda, un bambino immerso gambe e busto in un acquario intento a aspirare con la cannuccia l’acqua. La terza mostrava invece un bimbo mentre rovista in una dispensa. Fotografato di spalle, mostrava il sederino ricoperto di cereali e, accanto sul pavimento, la scatola rovesciata.

Fiorenzo Dadò aveva parlato di immagini «oscene e che non dovrebbero circolare sulla rete». « Queste immagini riflettono un completo disprezzo per i bambini e per l’infanzia, rappresentando l’esatto opposto di ciò che si dovrebbe trasmettere. I bambini non sono oggetti da esibire come in un circo, né da deridere o ridicolizzare», aveva detto dichiarandosi esterrefatto, senza nascondere il proprio sdegno.

Dal canto suo, l’avvocato difensore di Ermani, Luigi Mattei, aveva spiegato che si trattava di materiale già acquisito dall'organo di vigilanza: «Queste fotografie sono in possesso del Consiglio della magistratura già da qualche tempo. Sono state intimate allo scrivente, il quale una settimana fa ha fatto le proprie osservazioni. Si tratta a mio giudizio di foto assolutamente banali, alle quali peraltro la destinataria ha risposto con una serie di smile».

La reazione del Centro

L’Ufficio presidenziale del Centro, sezione Ticino, «conferma la propria fiducia e il proprio sostegno a Fiorenzo Dadò», al quale «assicura vicinanza e amicizia». Il partito lancia pure un monito: «La politica cantonale, al di là dell’esito di questo procedimento, dovrà riflettere sugli strumenti che consentano a un deputato di esercitare pienamente il proprio ruolo di vigilanza sull’attività dello Stato, tutelando efficacemente le proprie fonti senza esporsi a conseguenze giuridiche gravose».

In questo articolo:
Correlati