«Genitori vivi solo per puro caso, il suo intento era di ucciderli»

«Nessun genitore è perfetto, ma nessun figlio può arrogarsi il diritto di trasformare in sentenza di morte il malessere represso». Per la procuratrice pubblica Chiara Buzzi quanto accaduto tra le 7 e le 8 del mattino del 10 novembre scorso a Losone non è altro che un duplice tentato omicidio intenzionale. «Solo per un puro caso i suoi genitori sono ancora vivi», ha proseguito la rappresentante della pubblica accusa nella requisitoria che ha concluso chiedendo una pena di cinque anni da espiare per il 46.enne reo di aver alzato le mani su suo padre e su sua madre. Non solo si è limitato a colpirli con pugni e calci, ma ha anche ferito l’anziana donna con alcuni fendenti inferti con un coltello. «Solo l’intervento coraggioso di un vicino - ha rammentato la pp Buzzi - ha evitato l’irreparabile». I due anziani, lui 76.enne e lei di un anno più anziana, se la sono cavata, per così dire, con un ricovero di alcuni giorni in ospedale. Nella violenta colluttazione con il figlio subirono ferite al capo e al corpo. Ma cosa ha scatenato la furia del 46.enne? Secondo quanto riferito da lui stesso durante la prima giornata del processo di fronte alla Corte delle Assise criminali presieduta dal giudice Curzio Guscetti (giudici a latere Luca Zorzi e Giovanna Canepa Meuli), quella mattina si era recato a casa dei suoi genitori per ottenere delle scuse da suo padre per il fatto di avergli rovinato la vita con una educazione rigida e sempre tesa a colpevolizzarlo.
Le scuse rifiutate
Aveva bevuto parecchio: l’alcolemia si situava tra il 1,41 ed il 2,05 per mille. Affrontò una prima volta il padre, la cui risposta negativa alla richiesta di scuse lo mandò su tutte le furie. Il 46.enne si diresse allora verso la sua abitazione, prese un coltello da cucina, e tornò dai suoi genitori con intenti ancor più bellicosi: dopo aver sfondato una finestra, entrò nell’abitazione dove si imbatté ancora nel padre. Lo bloccò mettendosi a cavalcioni su di lui ed iniziò a colpirlo, prima con pugni e poi con calci procurandogli un trauma cranico e varie ferite al torace e all’avambraccio. La madre cercò di bloccarlo ed in effetti l’anziano riuscì a divincolarsi e ad uscire di casa a cercare aiuto.
Il 46.enne, allora si accanì sulla madre. Oltre ai pugni ed ai calci sferrati dal figlio che si era messo a cavalcioni sopra di lei come fatto in precedenza con il padre, l’anziana donna venne anche ferita con un coltello. Alcuni fendenti la raggiunsero superficialmente al collo e in maniera più grave ad una mano. Solo grazie all’intervento di un vicino, allarmato dalle urla della donna e dalla richiesta d’aiuto del marito, fu possibile, come detto, scongiurare il peggio.
«Un’esplosione di emozioni»
Condita da tanti non ricordo, la versione dei fatti riportata dall’atto d’accusa firmato dalla pp Buzzi, è stata sostanzialmente confermata dall’imputato. «Solo col tempo, ragionandoci in tutti questi mesi trascorsi in prigione, mi sono reso conto che avrei potuto causare gravi danni alla loro salute. Danni gravi al punto che avrebbero potuto avere quale conseguenza la loro morte», ha ammesso il 46.enne. «Non volevo però ucciderli. A mio padre volevo solo fare del male. E non al punto di mettere in pericolo la sua vita. Mia madre, invece, è stata un “danno collaterale”. Non ero in grado di ragionare. È stata un’esplosione di emozioni incontrollate causata da anni di soprusi e alimentata dall’alcool».
L’alcool e le terapie interrotte
La storia del 46.enne ripercorsa in aula è contrassegnata dall’abuso di alcolici e da sensi di colpa repressi per anni fino al momento dell’esplosione avvenuta nove mesi fa. Dipendenza dall’alcool e rabbia repressa dalle quali l’uomo ha cercato di sottrarsi ricorrendo all’aiuto di esperti. Ma sia la terapia avviata con uno psicoterapeuta di sua fiducia, sia quella seguita presso il Servizio medico-psicologico del Cantone. Ricadendo così nell’abuso di alcolici. «Utilizzavo l’alcool come automedicazione. Era più facile, anche perché non avevo più energie da investire in una psicoterapia» si è giustificato l’uomo, aggiungendo che il lavoro svolto ora dalla terapeuta che lo sta seguendo in carcere sta dando ottimi frutti. Terapia che si è quindi detto disposto a proseguire, come peraltro suggerito dalla perizia giudiziaria cui è stato sottoposto e richiesto dalla pubblica accusa.
Le vittime chiedono clemenza
Prima di chiuder l’istruttoria, il giudice Guscetti ha letto la missiva che i genitori dell’imputato hanno spedito alcuni giorni fa alla Corte. Lettera nella quale hanno ammesso i loro sbagli nell’educazione impartita al 46.enne e chiedono ai giudici togati e alla giuria popolare di infliggere una pena non eccessivamente severa al figlio». Parole, quelle che i genitori hanno messo nero su bianco, che l’imputato ha accolto con evidente piacere.
Domani la parola passa all’avvocato Stefano Stillitano, per l’arringa difensiva. La sentenza dovrebbe giungere nella serata di domani.