Gli elogi alla Confederazione e quell'accordo con Philipp Plein

Marzo 2020. La rivista Diva e Donna pubblica un servizio di quattro pagine intitolato: «In Svizzera con Marta: dov’è Francesca?». No, quella donna giovane, alta, bionda, che tiene al guinzaglio gli amati barboncini di casa Berlusconi e si accinge a salire in elicottero assieme a Silvio per lasciare il Grand Resort di Bad Ragaz, nel canton San Gallo, non è Francesca Pascale, compagna di vita del cavaliere per quasi 10 anni. No, è Marta Fascina, deputata di Forza Italia, già collaboratrice dell’ufficio marketing del Milan. E futura “moglie”, non ufficiale, dell’anziano leader italiano.
Sono quelle le ultime immagini di Silvio Berlusconi in Svizzera, Paese che l’imprenditore-politico milanese aveva definito, qualche anno prima, la «sua seconda casa».
Una dichiarazione sincera d’affetto per la Confederazione e per il Ticino che Berlusconi aveva ripetuto ai microfoni della RSI nel luglio dell’anno precedente, dopo essere sbarcato a Lugano per siglare un accordo commerciale tra il Monza, sua nuova creatura calcistica, e l’azienda di moda Philipp Plein.
Berlusconi a più riprese ha detto di considerare la Svizzera «un Paese che rappresenta tutti i principi fondamentali della civiltà occidentale, dove i cittadini non sono sudditi ma padroni dello Stato, che è al loro servizio. Vengo sempre volentieri in Svizzera, vi ho trascorso spesso le vacanze e tanti bei momenti con la mia famiglia. È il Paese che, dopo l’Italia, sento più vicino al mio cuore».
I ricordi di un bambino
Una vicinanza legata, sicuramente, al ricordo di un bambino in preda alla paura e all’angoscia legate alle devastazioni belliche. Nel libro elettorale Una storia italiana, diffuso in milioni di copie alla vigilia del voto del 2001, l’ex premier italiano infatti raccontava: «Poi arrivò il 1943, la grande crisi, la caduta del fascismo, l’8 settembre, i tedeschi, la paura, i bombardamenti. Mio padre era militare al momento della disfatta. I tedeschi avevano iniziato la caccia al soldato italiano e lui si fece convincere da alcuni suoi amici a riparare con loro in Svizzera. Fece la scelta giusta. Salvò la sua vita e salvò il futuro di tutti noi. Per questa lontananza lui soffrì molto, mia madre soffrì molto. Per me fu uno struggimento devastante, il chiodo fisso dei miei pensieri: papà, il mio papà. Quando la guerra finì e cominciarono a tornare tutti quei padri, zii e fratelli che si erano sottratti ai rastrellamenti tedeschi e alla deportazione in un campo di lavoro o nei lager, per me iniziò invece un altro periodo d'apprensione e di attesa. Andavo ogni giorno ad aspettare il trenino che veniva da Como. Lì arrivavano i rifugiati che tornavano dalla Svizzera. Tornavano in tanti, ma non mio padre. Per un mese ci andai tutti i giorni. Mi arrampicavo su un paracarro che era il mio posto d’osservazione. Poi, dopo tante attese a vuoto, cominciai a stare più lontano. No, non era soltanto pudore, era delusione, era dolore. Volevo poter piangere senza dare a nessuno lo spettacolo delle mie lacrime. Perché il treno se ne andava via e mio padre non c’era. Poi un giorno arrivò. Lo riconobbi da lontano, ebbi un tonfo al cuore, mi scattarono le gambe e con una corsa sfrenata piombai tra le sue braccia. Molti altri bambini non rividero più il loro padre e io fui fortunato. Quel momento mi è rimasto nella memoria come quello più straziante e più felice della mia vita».
La Svizzera nel cuore, quindi. Ma anche il Ticino. E Lugano. Città nella quale il cavaliere firmò un preliminare di vendita del Milan al magnate thailandese Bee Taechaubol nel 2015. E dove aveva la sua sede principale la Arner, per molti anni banca di fiducia della famiglia Berlusconi, senza dimenticare il fatto che uno degli ultimi nipoti, Edoardo, secondogenito di Barbara, è nato alla clinica Sant’Anna, nel 2009.
L’intervista al CdT
E, se ci è concesso, vorremmo ricordare anche l’ultima intervista concessa dall’ex premier italiano all’allora amministratore delegato del Gruppo CdT, Marcello Foa e pubblicata sul nostro giornale il 10 febbraio 2016. Un dialogo sui grandi temi d’attualità, al termine del quale Berlusconi sottolineava una questione rimasta drammaticamente attuale: «Non sarà certo un muro ad arginare il flusso epocale di milioni di individui che si stanno riversando in Europa. L’Europa dei diritti umani non può e non deve voltare le spalle ai profughi che fuggono dalle guerre. Ma non è ipotizzabile che sia l’Italia soltanto ad accoglierli. Non era questa l’Europa solidale che avevano immaginato i padri fondatori».